Il travaglio dei musulmani

Attenzione a non prestare il fianco ad una campagna mediatica che punta a mettere al centro della questione l'Islam come il nemico da combattere. Il commento di una lettrice all'articolo "Il branco e i musulmani" sul Capodanno violento di Colonia e di altre città europee
Colonia

In assenza di elementi più certi rispetto alla vicenda, che la rendono incommentabile, premettendo che si tratta di un discorso molto molto complesso, alcuni (s)punti/considerazioni che esulano dal fatto specifico (da condannare, in qualsiasi caso) e allargano volutamente il discorso. Primo: le contraddizioni in cui vive la cultura islamica non possono essere negate e molti all'interno del mondo musulmano non le negano. Credo – e non lo credo soltanto io – che il mondo musulmano si trovi in questo momento nel cuore di un processo, faticoso, di emancipazione culturale verso un nuovo e moderno "umanesimo musulmano" (cit. Roberto Catalano), se così vogliamo chiamarlo. Poi, è innegabile che data l'eterogeneità del mondo musulmano il modo di recepirlo sia diverso, più o meno lento, ma altrettanto necessaria dovrebbe essere la nostra capacità di accompagnare e favorire questo percorso a cui dovremmo dar tempo per essere compiuto, come prima lo abbiamo avuto noi.

Le donne in Italia hanno incominciato a votare nel 1946, per dire, non stiamo mica parlando di secoli fa, per non parlare di come ancora oggi questo aspetto viene vissuto in alcune aree del sud Italia! Sono delle dinamiche e dei passaggi molto profondi e delicati che non cambiano dall'oggi al domani, e che probabilmente non diventeranno come noi, occidentali, vogliamo o ci aspettiamo. Il mondo musulmano penso debba essere prima di tutto rispettato in questo "travaglio interno" che vive e aiutato a trovare il suo equilibrio interno. Parlo di equilibrio interno perché, come è ovvio, siamo portati a guardare e giudicare i fatti d'altri attraverso il nostro punto di vista e i nostri quadri di riferimento. Che sono e saranno sempre culturalmente diversi. Per dire (e la faccio semplice, perché la cosa è sicuramente molto più complessa) parliamo tanto del problema della "sottomissione" della donna, ma chi ce lo dice che per loro – quando rientra nell' "umanesimo" di cui sopra – sia davvero un problema? Magari dal loro punto di vista questo atteggiamento serve a proteggere il valore della donna (e quindi viene vista e vissuta, anche dalle donne stesse, in maniera positiva) mentre noi (sottolineo il noi) stiamo qui a farci mille paranoie. Bene mettere dei limiti minimi oltre cui non dovrebbe essere lecito scendere, ma credo che, noi occidentali che pensiamo di possedere l'unica verità di come si fanno le cose, dobbiamo velocemente entrare nell'ottica e accettare che i quadri di riferimento attraverso cui guardiamo le cose saranno sempre diversi.

Mi ha profondamente segnato una cosa che ho sentito da un'occidentale mentre raccontava della baraonda che contraddistingue le funzioni cristiane in un paese dell'Asia: «Spero di aver imparato che esistono infiniti modi per fare una stessa cosa». E, mi si permetta di fare un passo oltre, è anche questa la paura che non ci permette di accogliere chi arriva: dover relativizzare i nostri modi che crediamo assoluti e accettare che ne esistano altri altrettanto validi (e se non estremizzati, forse anche un po' "migliori", valorialmente). Secondo: ho l'impressione che involontariamente, stiamo continuando a prestare il fianco ad una campagna mediatica nemmeno troppo sottile che punta a mettere al centro della questione l'Islam come il nemico da combattere e su questo dovremmo fare molta attenzione: sono piccole cose, ma le conseguenze che ciò può portare ci mettono tutti nella condizione di, come ho sentito recentemente e mi si passi il termine, "creare piccoli terroristi" (cit.)

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