Il telefonino e il capotreno

Dalle parole di una lettrice, una storia di "ordinaria efficienza" di un capotreno. Ordinaria sì, ma che ha suscitato una profonda gratitudine.
Una persona che fa una telefonata

Sul treno da Rignano sull’Arno a Firenze mi sono immersa nella lettura del recente libro di Luigino Bruni, La felicità è troppo poco, in cui si parla di “gratuità”, del “dono nel lavoro”.

Arrivata a Firenze infilo distrattamente libro, occhiali e cellulare nella borsa e corro a comprare un panino nei 15 minuti che mi separano dal treno per Torino. Frugando nella borsa per prendere il portafoglio realizzo che…non c’è il cellulare! Corro al treno che avevo appena lasciato, ma naturalmente il cellulare nel posto dove ero seduta non c’è più.

Desolata salgo sul treno prenotato e inizio la trafila ordinaria in caso di furto o smarrimento. Ad un certo punto sento il mio nome negli annunci ordinari del treno in partenza… Corro dal capotreno: «Un collega ha trovato il suo telefono, ha scorso la lista dei contatti e ha chiamato “papà” – mi riferisce -, e suo padre gli ha detto che lei probabilmente sarebbe stata su un treno per Torino». Il telefono è nelle mani di quel collega, al sicuro.

Risparmio i passaggi che hanno caratterizzato pressoché tutto il pomeriggio, ma sottolineo quanto questo sconosciuto ci abbia messo di suo perché io potessi riavere il mio telefono che da ieri sera è nelle mani di un’amica a Firenze. La bottiglia di vino che in fretta e furia le ho chiesto di comprare per lui mi sembrava troppo poco per dire grazie: condividere questa esperienza è un altro modo per esprimere la mia gratitudine.

Beatrice

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