Il Myanmar ha un nuovo Presidente

Dopo mezzo secolo, da ieri il Paese asiatico ha un civile come Presidente della Repubblica. Il Parlamento uscito dalle elezioni dell’autunno scorso ha, infatti, eletto Htin Kyaw a capo del Paese
Myanmar

Htin Kyaw , il neo-eletto presidente del Myanmar, è alleato della Signora, quella Aung San Suu Kyi che da decenni si batte per il ritorno della democrazia nel Myanmar e che è uscita come la vera trionfatrice delle elezioni di alcuni mesi fa. L’attuale Costituzione, abilmente riformulata in un passato recente dalla giunta militare, impedisce che possa diventare presidente della nazione chiunque abbia rapporti di parentela con un cittadino straniero. La Signora, sposata per anni con Michael Aris, studioso inglese di cultura tibetana e professore a Oxford e, ovviamente, cittadino britannico, dalla quale ha avuto due figli, anch’essi con passaporto del Regno Unito, era e resta esclusa, almeno per ora, dalla corsa alla poltrona più rappresentativa della nazione asiatica.

 

Il nuovo presidente è, comunque, parte della Lega Nazionale per la Democrazia (NLD), che ha ottenuto la maggioranza alle elezioni di novembre 2015. Hitn Kyaw ha ottenuto 360 voti su 652. Il suo avversario, scelto dalla giunta militare che conserva ancora di diritto il 25% dei seggi parlamentari, si è fermato a 213 voti, mentre Henry Van Thio anch’egli appartenente al NLD ne ha ricevuti solo 79. Entrambi gli sconfitti saranno i due vicepresidenti. Oltre a essere uno dei collaboratori più vicini alla San Suu Kyi, Kyaw, sebbene personalmente sia personaggio di basso profilo, il nuovo presidenete è noto per essere figlio di Min Thu Wun, uno scrittore e poeta fra i più famosi in Myanmar, che negli anni Novanta riuscì a ottenere un seggio nel Parlamento  birmano. Gli si riconosce onestà e rettitudine, ma la Signora ha da sempre promesso di guidare dall’ ‘alto’ la nuova presidenza.

 

A Yangon, si sa che da tempo San Suu Kyi sta negoziando con la giunta militare che ha controllato il Paese dal 1962. I militari sconfitti nelle elezioni di novembre, sebbene ancora favoriti da una Costituzione ad hoc che, oltre che riservare loro un quarto dei seggi, permette il diritto di veto, ovviamente non hanno intenzione di perdere i privilegi che si sono abilmente ritagliati in mezzo secolo di controllo del Paese. Con tutta probabilità la Signora governerà attraverso il suo fedele compagno di partito confidando nell’allentamento delle rigide posizioni da parte dei militari. Gli aspetti concernenti la nuova Costituzione potranno essere discussi più tardi con i necessari compromessi per una soluzione pacifica delle tensioni politiche. Non si deve dimenticare che lo stesso controllo che San Suu Kyi esercita sul suo uomo neo-presidente ha sollevato e continua a sollevare polemiche e alzate di scudi.

 

I primi mesi saranno decisivi per vedere quanto la formula scelta per questi anni futuri sia sostenibile. Il Paese asiatico, dopo l’euforia della vittoria della democrazia nelle elezioni generali, vive nella speranza di un futuro veramente vissuto nella libertà di pensiero e di espressione, ma deve fare i conti anche l’incertezza di una situazione ancora ibrida, fra il rigido passato e le aperture del presente. Si teme, inoltre, che la Signora, per decenni simbolo della lotta contro il potere militare, Premio Nobel per la pace, debba scendere a compromessi per riuscire a governare direttamente o indirettamente il Paese.

 

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