Il mosaico del bene comune

Storie variegate ma accomunate dall’apertura generosa verso l’altro, lo straniero, l’emarginato, il povero, il diverso da noi, vissuto come fratello da accogliere e non come nemico, raccontate domenica al Villaggio per la terra
Al Villaggio per la Terra

“Fai agli altri quello che vorresti fosse fatto a te, non fare loro quello che non vorresti fosse fatto a te”. È la regola d’oro intorno a cui si è sviluppato ieri mattina, al Villaggio delle Terra di Villa Borghese, lo spazio dedicato alle vecchie e nuove povertà e alle numerose iniziative di solidarietà nate in risposta al disagio nella capitale. Lo slogan “Roma città aperta alla fraternità” ha fatto da cornice alla presentazione di storie variegate ma accomunate dall’apertura generosa verso l’altro, lo straniero, l’emarginato, il diverso da noi, vissuto come fratello da accogliere e non come nemico.

 

«La molla che mi ha spinto a scendere in strada è la convinzione, che nutro fin da bambina, che solo l’amore fatto di gesti concreti può cambiare qualcosa», racconta Melania Nicoli Salvati, da Bergamo trapiantata a Roma, che nel quartiere “difficile” di Tor Sapienza ha scelto di dedicarsi all’accoglienza e al sostegno dei tanti immigrati presenti. «Mi chiedevo perché Dio mi avesse condotto qui – spiega –, poi ho trovato il senso». 

 

Un excursus sulla “letteratura utopica”, da Agostino d’Ippona a Tommaso Campanella, passando per Francesco Bacone e lo scozzese James Matthew Barrie, conduce il politologo Alberto Lo Presti a mettere in luce le tante “ferite” dei moderni contesti urbani, dove la difficoltà del vivere soffoca l’uomo, annichilito da ritmi di lavoro estenuanti e povertà di relazioni, per poi concludere che «la rivoluzione – in ogni caso – parte dalla fraternità». Una fraternità che disegna un modello di città del tutto nuovo, che al “calderone” preferisce il mosaico, dove le persone non sono sradicate dalla propria terra e isolate fra loro, ma individuano tasselli di un unico disegno che vede tutti concorrere al bene comune: «Il mio bene – spiega Lo Presti – non prescinde da quello dell’altro, non possiamo cavarcela da soli».

 

Ma la regola d’oro – si sottolinea dal palco – trova piena attuazione anche nei contesti di vita quotidiana, in famiglia come sul lavoro. Lo testimonia l’imprenditore Livio Bertola, titolare di un’azienda che in provincia di Cuneo si occupa del trattamento dei metalli per la cromatura di pezzi d’auto e moto, e che la regola d’oro la vive in fabbrica e invita i suoi operai a fare altrettanto. Fra loro anche tanti musulmani che nella regola d’oro vedono un principio d’ispirazione condiviso, e con i quali si ritrova anche al di fuori del contesto di lavoro. «La radice comune – spiega Bertola – è mettersi nei panni dell’altro, e cercare di amare ognuno come fosse la persona più importante, dall’operaio senegalese arrivato per ultimo alle persone considerate importanti. La scoperta è che chi ci guadagna sei tu perché sei più felice». E poi racconta: «Un giorno si è presentato un disoccupato per far domanda di lavoro. Il suo aspetto era incerto, sembrava malato. Era solo al mondo. Era evidente che non era la persona adatta e quello non era il momento di assumere qualcuno. Poi ho pensato che forse lui più di altri aveva bisogno di lavorare. Dentro di me risuonavano le parole del Vangelo “Qualunque cosa avrete fatto al più piccolo, l’avrete fatta a Me”. Allora l’ho assunto dicendogli: “Cercavo proprio te, meno male che sei arrivato”. Ho scoperto poi che era un tossicodipendente e ho cercato di aiutarlo». Il sostegno di Livio e della sua famiglia ha aiutato il giovane a guarire e oggi il ragazzo è impegnato per aiutare altri a uscire dalla tossicodipendenza.

 

Ad esplicitare il valore della prossimità sono quindi saliti sul palco esponenti di associazioni e ong impegnate nel sociale, a Roma e non solo. Dino Impagliazzo, oggi presidente di Romamor Onlus, ha raccontato dei primi passi della Comunità di Sant’Egidio dove ha operato per anni a sostegno degli emarginati. Fabrizio Scandone, fondatore della onlus Orme, ha sottolineato l’importanza di fare “rete” e di “unire la testa al cuore” per assicurare l’efficacia di ogni iniziativa. Melina Monteforte, di Roma Altruista, ha invitato i presenti a vivere la prossimità cominciando proprio con l’esperienza del volontariato, che oggi vede un numero crescente di giovani scendere in strada per incontrare i più deboli. A Margine dell’intervento, sul tema dell’accoglienza ai migranti, Impagliazzo ha poi osservato che serve uno scatto di umanità più deciso per camminare verso l’obiettivo della fraternità universale, e che in questa direzione insieme all’Italia devono muoversi anche gli altri Paesi.

 

Ancora sul tema delle migrazioni forzate dalla Comunità di Sant’Egidio è poi arrivato un appello per la creazione di corridoi umanitari. Paolo Marozzo della Rocca ha osservato che la scelta di papa Francesco di recarsi a Lesbo per farsi vicino ai migranti e ai rifugiati ha un valore profetico: «Il papa fa il contrario di quello che fa l’Europa, che ha paura di aiutare chi soffre. Francesco ha fatto una cosa semplice: ha visto il pianto e ha risposto con la Misericordia, e lo ha fatto insieme ad altre Chiese. L’ecumenismo migliore è quello della Misericordia». «Se accogliamo come dono – ha poi sottolineato – costruiamo un futuro migliore per tutti, altrimenti creiamo le premesse per altri conflitti. Significa che non basta offrire un viaggio sicuro e protezione, una caserma dismessa dove dormire, ma serve un’accoglienza amata, desiderata, solidale». Quindi l’invito a una personale responsabilità: «Nel futuro dell’Europa non troveremo Stati solidali se non ci saranno società solidali, promotrici di una cultura diversa».

 

Infine un salto in Perù dove l’Associazione Mondo Unito (AMU), del Movimento dei Focolari, nella piccola comunità andina di Bolivar ha promosso la costruzione di una scuola intitolata a San Francesco d’Assisi per offrire ai giovani emarginati istruzione di qualità. Un’iniziativa che ha lasciato il segno presso la popolazione locale (il livello di formazione dei giovani è risultato superiore a quello della media nazionale) ma anche tra gli operatori, conquistati dai loro nuovi amici: «Gli abitanti di Bolivar si sono messi in tasca noi».

 

Lo spazio dedicato alla regola d’oro si chiude con le parole di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, che spiegava così le “implicazioni” della fraternità universale: «La fratellanza universale, che vede tutti gli uomini figli di un solo padre e fratelli fra loro, libera dalle divisioni e dalla schiavitù e porta a vedere in tutti gli uomini dei possibili candidati all’unità con Dio e fra loro. Ma se siamo tutti fratelli, allora dobbiamo amare tutti senza distinzioni, ora e in modo concreto, con l’umiltà di chi serve facendosi uno con l’altro, condividendo tutto fuorché il peccato».

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons