Il dramma di due popoli

In "Ritorno ad Haifa", a Roma al teatro Arvalia, l'esilio, la guerra, la sopraffazione.
Ritorno aad Haifa

Mescola dramma personale e del suo popolo la scrittura di Ghassan Kanafani. Ma affonda la penna in condizioni universali. Di chi ha vissuto e vive il dolore di tragedie quali l’esilio, la guerra, la sopraffazione. Scrittore, poeta, giornalista, pittore e militante per la causa palestinese, Kanafani rimase vittima di un attentato dinamitardo a Beirut nel luglio del 1972. Tra i suoi scritti più significativi ci rimangono, oltre a "Finchè non ritorniamo", "Uomini sotto il sole" e "Cosa ti rimane", "Ritorno ad Haifa", caso unico nella letteratura araba di uno scrittore palestinese che parla di due diaspore, ora  messo in scena con intensa partecipazione da Carlo Orlando e Eva Cambiale della compagnia Narramondo. "Ritorno ad Haifa" racconta con stile secco e asciutto, tutto di parola, la storia dell’incontro tra due coniugi palestinesi che, nel tornare dopo vent’anni di esilio nella città natale per rivedere i loro amati luoghi e cercare il figlio abbandonato durante la repentina e tragica fuga, incontrano l’ebrea polacca, reduce dei campi di sterminio tedeschi, che ebbe assegnata la loro casa dall’Agenzia Ebraica nel 1948, e dove, entrando, vi trovò un bimbo. Due tragedie che si incontrano e hanno, nel presente, il loro epilogo nella decisione dei giovani figli ormai adulti di proseguire, uno, l’occupazione e l’altro, la resistenza. Kanafani ci fa intravedere un incontro possibile a patto di un cambiamento radicale, che non avviene, e che ancora oggi è soltanto una labile speranza  di pace. Con grande umanità e forza emotiva, l’autore compie un viaggio nel presente e nel passato, facendo riaffiorare da entrambe le parti il disagio e la tristezza della situazione, in un groviglio di sentimenti e passioni umane. Con crescente tensione e delicatezza l’autore, dà a tutti i personaggi la possibilità di raccontare la storia dal proprio punto di vista, con eguale coinvolgimento e partecipazione. E i due attori sanno restituire tutta la chiarezza del dramma con la sola forza della parola. Sfumano dalla realtà ad una dimensione surreale, come un sogno onirico, tra simboli e allegorie, cambi bruschi e violenti. In una scena sobria con solo alcuni elementi d’arredo, la narrazione semplice e diretta si abbandona al flusso poetico della prosa divenendo una recitazione dalla risonanza epica.

Scrive nelle note di regia Carlo Orlando: «Ho voluto raccontare di un popolo, della sua terra, del sopruso, della sopraffazione, della complicità internazionale, della strategia della confusione e manomissione delle verità storiche, attraverso l’utilizzo di “parole chiave” ad hoc, della violenza, dell’ingiustizia, dell’ esilio, delle umiliazioni, ma anche delle debolezza, dell’incapacità di difendersi, della rassegnazione di alcune generazioni, e ancora della forza e della dignità di altre, di andare avanti. Senza mezzi termini, senza filtri o diplomatiche soluzioni di messa in scena, Ritorno ad Haifa è uno spettacolo “duro”, perché è durissima la questione di cui parla». 

Al Teatro Arvalia di Roma, fino al 31 ottobre

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