Il dono del Papa? Il cammino comune verso Dio

Ad Erfurt, città in cui studiò Martin Lutero, Benedetto XVI incontra i rappresentanti della Chiesa evangelica tedesca
benedetto xvi schneider

Riportare Dio al cuore del mondo e al centro del mondo, con rinnovato slancio conciliare. Ad Erfurt, dove Martin Lutero studiò da cristiano e dove decise di diventare monaco agostiniano, Benedetto XVI incontra prima – a porte chiuse – i rappresentanti del Consiglio della Ekd, la Chiesa evangelica tedesca, e poi partecipa alla celebrazione ecumenica. Sa che tutti si aspettano il “dono” della revoca della scomunica di Martin Lutero. E addirittura Nikolaus Schneider, presidente del Consiglio della Ekd, invita Benedetto XVI alla festa del Cinquecentenario della Riforma, e a «considerare il 17 ottobre 2017 come una festa della confessione di fede in Cristo». «Io aspiro – dice Schneider – a parlare di 2000 anni di storia ecclesiastica comune, e non soltanto di 1500. Anche dopo il 1517 noi, in quanto Chiese occidentali, siamo rimaste legate in modo particolare – nel bene e nel male, in azioni salutari l’una con l’altra ma anche in inimicizia mortale l’una con l’altra».

 

Fa parte proprio di un idea errata di Chiesa l’idea dei “doni ecumenici”, che Benedetto XVI con delicatezza decide di non citare. «Questo costituisce un fraintendimento politico della fede e dell’ecumenismo». Perché «la fede dei cristiani non si basa su una ponderazione dei nostri vantaggi e svantaggi. La fede non è una cosa che noi escogitiamo o concordiamo. È il fondamento su cui viviamo».

 

Alla fine di tutto, l’idea è che qualcosa si sia mosso nel dialogo ecumenico. Entusiasta Schneider, più prudente il card. Koch, presidente del Pontificio Consiglio per l’Unità dei Cristiani, che gli ricorda le divisioni che riguardano i temi etici. Eppure ad Erfurt cristiani e luterani sono sembrati vicini come la Cattedrale e la Chiesa di San Severo, divise da appena 80 scalini, visitate dal Papa in una città piena di sicurezza eppure quasi deserta se si eccettua un piccolo comitato di benvenuto.

Il dono che il Papa porta ad Erfurt sta nel partire proprio dalla domanda più intensa del monaco agostiniano che ha creato lo scisma: «Come posso avere un Dio misericordioso?». E ricorda che le cose che ci uniscono sono più di quelle che dividono, che il periodo “confessionale” è finito, che i cristiani devono saper essere missionari, che non bisogna mai dimenticare che il male c’è, esiste e minimizzarlo «non è un’inezia»: porta l’uomo inevitabilmente alla perdita di se stesso e della sua vita.

 

Ma c’è un’altra domanda di fondo, che Benedetto XVI porrà nella celebrazione ecumenica: «L’uomo ha bisogno di Dio, oppure le cose vanno abbastanza bene anche senza di Lui? Quando, in una prima fase dell’assenza di Dio, la sua luce continua ancora a mandare i suoi riflessi e tiene insieme l’ordine dell’esistenza umana, si ha l’impressione che le cose funzionino anche senza Dio. Ma quanto più il mondo si allontana da Dio, tanto più diventa chiaro che l’uomo, nell’hybris del potere, nel vuoto del cuore e nella brama di soddisfazione e di felicità perde sempre di più la vita».

È per questo che cristiani e luterani devono unirsi, per affrontare quella «geografia del cristianesimo in evoluzione», quelle «nuove Chiese di ispirazione evangelica» che si diffondono «immenso dinamismo missionario, a volte preoccupante nelle sue forme», di fronte alle quali si resta perplessi, perché c’è «un cristianesimo di scarsa densità istituzionale, con poco bagaglio razionale e ancora meno bagaglio dogmatico e anche con poca stabilità». Un fenomeno che ci interroga «su che cosa sia ciò che resta sempre valido e che cosa possa o debba essere cambiato, di fronte alla questione circa la nostra scelta fondamentale nella fede».

 

E poi, la celebrazione ecumenica. Durante la quale il Papa parte dalla preghiera di Gesù nel Cenacolo, che non è semplicemente una cosa del passato, e afferma. «Diventeremo una sola cosa – dice – se ci lasceremo attirare dentro tale preghiera».

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