Il coraggio di Borsellino

Dov'è la verità sulla strage di via D'Amelio? Il rischio di dimenticare.

19 luglio 1992 – 19 luglio 2009. Diciassette anni, diciassette lunghi anni senza ancora avere individuato i mandanti (e gli esecutori?) della strage di via D’Amelio a Palermo, in cui persero la vita Paolo Borsellino e la sua scorta. Un anniversario denso di incertezze: incerto il ruolo di alcuni pezzi deviati dello Stato, incerti il motivo reale della decisione di uccidere il magistrato… E poi, il "papello" evocato da qualcuno, una proposta di armistizio tra Cosa nostra e lo Stato e che quest’anno è entrato a gamba tesa nell’anniversario di quella strage.

Operazione di intelligence? Ridefinizioni di alleanze? Ci mancava solo l’intervento, tramite il suo legale, di Totò Riina: «Noi (intesi come Cosa nostra) non c’entriamo con l’uccisione del giudice Borsellino. Dovete cercare al vostro interno».

Riina avrebbe potuto dichiararlo prima, magari subito dopo il suo arresto. Perchè lo sta facendo solo adesso, quando viene di nuovo in risalto il benedetto "papello"?

 

Palermo ha voluto ricordare il giudice ucciso dalla mafia, un «eroe della legalità» la cui «memoria della passione civica resta indelebile e preziosa per la società civile», come ha sottolineato nel suo messaggio il presidente Napolitano.

Non sono mancate però le polemiche. Qualcuno ha detto che alle manifestazioni per il ricordo della strage, mancavano i palermitani. Anche questo sembra un depistaggio e proprio quest’anno, dove vengono in evidenza le possibili connivenze con servizi segreti deviati. Salvatore e Rita Borsellino – fratello e sorella del giudice ucciso – hanno affermato con chiarezza: «Non è vero che è mancata la città. Caso mai sono mancate le istituzioni».

Un "j’accuse" forte se si pensa che per le manifestazioni per Falcone, la moglie e la scorta, lo scorso 23 maggio, vi è stata la "corsa" dei politici ad essere presenti.

 

Pronta al perdono si dice Agnese,  la vedova di Borsellino: «Se dicono perché lo hanno fatto, se collaborano, se raccontano quello che sanno, io li perdonerò. Ma devono avere il coraggio di dire la verità; lo stesso coraggio con cui mio marito è andato a morire».

E a Palermo oggi, iniziano le manifestazione per il trentesimo anniversario dell’uccisione del vicequestore Boris Giuliano.

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