I veri eroi di Aleppo

Storie di cristiani che continuano a vivere il Vangelo anche sotto le bombe della guerra civile. Nel linguaggio semplice e profondo della vita vissuta. Oggi la vicenda di Ruba, una giovane donna

«La decisione di andare verso gli altri viene dalla nostra responsabilità, dall’amore verso il nostro Paese e dal nostro cercare in tutti i modi possibili di aiutarci perché nessuno rimanga nel bisogno, senza badare alle appartenenze varie, e questo nonostante la difficoltà che sperimentiamo alle volte nel superare le differenze. Davanti a un Paese che si sta distruggendo e ad eventi che stanno precipitando, davanti all’eventualità di varcare le frontiere abbandonando la gente con cui abbiamo vissuto i giorni più belli della vita e un Paese fra le cui braccia siamo cresciuti, abbiamo capito che forse la cosa più importante che dobbiamo fare è quella di sostenere questa gente che non riesce ad andare avanti da sola e per la quale non è facile continuare.

«Abbiamo cominciato senza tanta programmazione, io e un’amica che abita nella mia stessa strada, G.; è stata una coincidenza voluta da Dio che ci ha messo insieme per portare insieme questo dolore, cominciando con idee semplici. Con l’inizio della crisi ad Aleppo e l’arrivo dei rifugiati nelle scuole, abbiamo pensato di utilizzare i siti della comunicazione sociale (Facebook, Twitter…) e abbiamo lanciato un’iniziativa che abbiamo chiamato “100 L.S.” (pari a un dollaro e mezzo) alla quale tanta gente avrebbe potuto partecipare senza dover sostenere un peso economico troppo gravoso. Ma che, al tempo stesso, se fatta da un gran numero di persone, avrebbe potuto fruttare una somma buona di soldi. Ed è quello che è avvenuto. In pochi giorni abbiamo raccolto 40.000 L.S. con le quali abbiamo comprato cibo, latte, pannolini per bambini e li abbiamo portati nelle scuole dove erano raccolti i profughi, mettendoci d’accordo con i comitati di soccorso che si occupavano di ciò.

«Più tardi, con il peggiorare della crisi e l’incendio di tante zone industriali e delle fabbriche private a causa dell’entrata delle milizie armate in esse, non potendo più dipendere dalle risorse interne, ci siamo avvicinate di più, io e Gina, per attivare dei progetti umanitari con le persone con le quali possiamo essere in contatto nei quartieri vicini ai nostri e che sono danneggiati. Dopo aver cercato di ravvivare il lavoro della Caritas con la gente, non essendoci riuscite, abbiamo capito che Dio aveva scelto altri mediatori per fare questo lavoro in un modo più ordinato e meglio organizzato.

«Abbiamo pensato di rivolgerci all’estero, in modo speciale ai siriani espatriati e ad altri siriani rimasti nel Paese che sono in contatto con connazionali all’estero. Così è nata una nuova iniziativa lanciata anche questa sui social network: abbiamo spiegato la situazione dei bisogni ad Aleppo e abbiamo accennato che la dimensione dell’iniziativa è puramente umanitaria e non c’è nessun calcolo politico. Ciò ha fruttato ulteriori 17.000 L.S., che siamo riuscite a utilizzare distribuendole secondo i vari bisogni di cui venivamo a conoscenza.

«I soldi arrivati li abbiamo distribuiti come aiuti materiali da 1.500 a 2.500 L.S. per famiglia, tra quelle che avevano bisogno di aiuti materiali, e così abbiamo aiutato circa 20 famiglie in questo modo; un’altra parte dei fondi li abbiamo usati per comprare medicine per alcuni singoli e famiglie. Abbiamo inoltre contribuito a pagare l’affitto a famiglie che hanno dovuto lasciare le loro case e a partecipare alle spese delle operazioni chirurgiche dei feriti a causa di spari fortuiti o di bombardamenti in certe zone della città.

«Ancora, una parte dei soldi ha aiutato a sostenere lo studio dei ragazzi e dei giovani. Vedendo infatti che le scuole non stanno funzionando ma che gli esami saranno comunque svolti, abbiamo pensato di devolvere una parte dei soldi raccolti per incoraggiare i candidati a portare avanti i loro studi con lezioni private a basso costo: una parte le paga lo studente, per fargli comunque sentire la responsabilità, e un’altra la paghiamo noi, perché gli studenti non debbano interrompere gli studi. Non è facile in questa situazione assicurare un aiuto economico per lo studio, ma questa iniziativa ha aiutato tanto a far vivere un’esperienza diversa e ha spinto le persone a tornare a studiare quando hanno capito il valore dello studio, specialmente per il fatto che sono operai.

«Oggi abbiamo cominciato una nuova iniziativa in campo sociale per bambini in una delle scuole che accolgono i rifugiati. Questa esperienza è di un altro tipo, un’esperienza difficile e nuova. Una cosa importante da dire è che gli aiuti materiali vengono da persone sia musulmane che cristiane, e che vengono distribuiti senza far distinzioni, perché la finalità è aiutare qualsiasi persona umana che ne abbia bisogno. Una volta ho saputo che uno dei miei colleghi al lavoro era nel bisogno, e proprio con questa persona io ero in conflitto continuo a causa della diversità di opinioni riguardo alla situazione politica attuale e non avevo speranza che un giorno il nostro rapporto potesse migliorare. Penso che tutti noi abbiamo sperimentato come, nelle circostanze che stiamo vivendo, i sentimenti negativi possano superare i sentimenti umani; gli amici diventano nemici; figurarsi poi i colleghi di lavoro! Senza pensarci tanto, non ho esitato ad assicurare a quest’uomo un cesto di cibo abbondante e vestiti per suo figlio neonato e stiamo cercando di trovare i soldi per l’affitto di una casa, perché lui si è dovuto spostare tante volte dalla sua zona.

«Questa è solo una piccolissima esperienza per dire come il fratello sia la strada ricca per uscire da noi stessi. È lui che ci fa sentire la nostra umanità e ci fa anche avvertire la presenza di Dio dentro di noi e dentro ogni persona umana. Una delle volte in cui siamo andate a trovare dei giovani rifugiati dalla zona del Midan che vivono ora in un convento, ero agitata e triste, pensando a come avremmo potuto occuparci di questa gente. In realtà sono tornata con l’anima riaccesa di speranza, perché la gente che abbiamo incontrato ringraziava Dio e aveva un bel sorriso che non lasciava i loro volti e una pace interiore così abbondante da trasmetterla anche a me. Sinceramente sono stati loro a darmi Dio… L’esperienza di sostenere persone che hanno vissuto il dolore di una perdita a livello materiale o morale, come la perdita della loro casa o del lavoro, è risultata dunque qualcosa che mi ha personalmente fatta crescere e aiutata a capire la via verso il bene che Dio vuole da noi. In ogni passo vediamo come Dio ci stia accompagnando e sostenendo e come apra strade nuove, spesso diverse dalle nostre».

R.A. – Aleppo

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