I film a cavallo tra vecchio e nuovo anno

Imperdibili "Il piccolo principe", film di animazione diretto con vera poesia da Mark Osborne, e "Quo vado?" di Checco Zalone, affascinante "Franny" con Richard Gere, interessanti "Assolo" di Laura Morante e il "Macbeth" di Justin Kurzel
Film Il piccolo principe

Naturalmente fioccano le uscite (anche senza neve!…) e non è sempre facile districarsi fra il buono, il meno buono o il supermodesto (evitiamo il “cattivo”). Ecco alcuni di questi lavori.

 

Franny

Richard Gere non invecchia bene e tenta di riciclarsi. L’ex gigolò ora è un sessantenne straricco e benefico che nasconde un segreto. Incontra una giovane coppia fascinosa, in attesa di un bimbo, e la ricolma di regali e di invadenza psicologica un tantino ambigua nei confronti di lui e di lei, che si rivela essere la figlia di un’altra coppia di amici frequentata in passato…Thriller tra lo psicologico, il sentimentale e il nostalgico, diretto senza impennate da Andrew Renzi, il film gira intorno a Gere che, nonostante il peso e i capelli candidi, conserva un suo fascino e la voglia di mettersi in gioco. Ma non aspettiamoci nulla di più. Dal 23 dicembre.

 

Il Piccolo Principe

Il celebre racconto di Saint-Exupéry (145 milioni di copie vendute nel mondo) diventa un film d’animazione diretto con autentica poesia da Mark Osborne. Questa volta c’è una ragazzina controllata da una madre ossessiva e perfezionista che la vuole far diventare grande e fredda prima del tempo. L’incontro con un vecchio aviatore che le racconta la storia del principino innamorato di una rosa in un lontano asteroide, assetato di amicizia, le apre l’anima al sentimento e alla fantasia.

Lei non vedrà più le cose come prima.

La poesia lucente e calda del racconto è resa con grande naturalezza nel film, doppiato da noi da Toni Servillo, Paola Cortellesi, Alessandro Gassman, Micaela Ramazzotti, Pif e Giuseppe Battiston, fra gli altri, con intensa partecipazione emotiva. Da non perdere. Esce il primo gennaio.

 

Quo vado?

Checco Zalone ritorna alla grande in 1300 sale con una commedia ironica al punto giusto, ove le battute si sciorinano con naturalezza una dopo l’altra, senza scivolate trash, grazie al protagonista, dolce e sulfureo al tempo stesso, e al coro di attori piccoli e grandi, fra cui spicca l’inossidabile e spietata dirigente Sironi, una Sonia Bergamasco in uno dei suoi ruoli più riusciti.

Checco è l’italiano degli anni democristiani (e non solo), deciso a tenere a qualsiasi costo il posto fisso, a vivere in famiglia, a godersi un’eterna fidanzata, insomma a declinare ogni responsabilità impegnativa (come accade oggi).

Ma il governo vara una legge che taglia le province ed è smobilitazione generale. Checco o lascia il posto fisso o verrà trasferito lontano da casa. Non molla e gli capita così di girare per tutta l’Italia, di finire al Polo Nord, in Norvegia, ove conosce Valeria, di cui s’innamora. La sua vita egoistica e piccola si apre a nuovi orizzonti.

Ben girato, con ritmi giusti, sereno e godibile, il film diretto da Gennaro Nunziante ironizza sui difetti italiani di sempre, dà occhiate benevole anche a chi si occupa degli altri, punzecchia le rigidità e le pigrizie, senza cattiveria. Si potrebbe parlare di un film “politico” se lo si guarda dal lato della satira (benevola ma vera) sociale. Zalone sa divertire senza offendere, narrare spigliatamente, con un occhio all’attualità e un invito alla speranza. Dal primo gennaio.

 

Assolo

 

Laura Morante ci riprova a dirigere e ad interpretare un nuovo film. Questa volta una seduta psichiatrica in cui Flavia, impiegata in un grande albergo, reduce da due matrimoni falliti, con due figli non troppo felici, amiche egocentriche e strane, racconta alla dottoressa Grunewald (Piera Degli Esposti) le sue problematiche. È una bella donna, ma sola, vittima di complessi, timorosa di amare, chiusa nella depressione e nell’insicurezza. Vorrebbe amare ma non riesce. La "seduta” ovviamente si anima nella narrazione con gli incontri-scontri con gli ex, le amiche, le inutili sedute di tango, finchè sembra che Flavia trovi una ragione di vita in un cagnolino, affettuoso…e geloso.  Sembrerebbe insomma un film corale al femminile, dove i maschi non fanno una bella figura, ma nemmeno troppo le donne nel loro egocentrismo. In verità è un film sulla solitudine angosciante di una cinquantenne – forse con un sottile risvolto autobiografico – che vede la vita sfuggirle di mano, senza soluzioni chiare per il futuro. Ben fotografato, sempre elegante come è lo stile della Morante, il film tuttavia sconta una cerebralità talora troppo raggelante, e nonostante alcuni personaggi indovinati, come il collega della donna (Marco Giallini) e l’interpretazione felice della stessa Morante (che non si ritaglia un ossessivo primo piano), risente di un clima “analisi” di situazioni e di stati d’animo molto calcolate. Dal 5 gennaio.

 

Macbeth

La tragedia shakespeariana attira ancora, per la decima volta, il cinema, dopo le prove di Orson Welles, Kurosawa, Polanski e Béla Tarr. Tocca ora all’australiano Justin Kurzel, emerso a Cannes con il duro Snowtown.

Un tinta nebbiosa e sanguigna perenne, un odore aspro di morte percorre il dramma della sete di potere mortifero di Macbeth e della Lady tra scene cruente di battaglie, inverni plumbei, interni gelidi che fanno emergere corpi e anime scolpiti dal terrore, dal dolore, dall’odio. Su tutti si alza implacabile Macbeth, più in rilievo qui della Lady, grazie all’interpretazione di un Michael Fassbender credibile, inquietante, dapprima succube della moglie e poi invece dominante su di lei. Recitato nella lingua shakespeariana – bene Fassbender, a disagio invece la Lady di Marion Cotillard – il film è duro, sanguinolento e nebuloso come l’anima terrorizzata dalla paura e dall’ambizione. Stupisce, è spettacolo grandioso, ma non coinvolge, anche perché se Fassbender è “in parte”, la Cotillard fatica a seguirlo. Il risultato tuttavia non è deludente, visto che il regista pare voler creare una atmosfera di sangue e di morte – un “coro” dell’uomo e della natura – molto contemporanea, più che scavare nei personaggi. Il commento  musicale di un Verdi non ci sarebbe stato male.

Dal 5 gennaio.

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