Guerre e armi, le nostre responsabilità

Iniziativa congiunta delle commissioni Cei e chiese evangeliche, assieme al mondo associativo, per un confronto con governo e parti sociali sulla produzione e fornitura di armi a Paesi in guerra. A Roma il primo marzo  presso  l’aula dei gruppi parlamentari della Camera dei deputati
EPA/YAHYA ARHAB

Gli attivisti di Sardegna pulita e quelle della rete “No War” sono spesso presenti a Roma per mostrare le foto strazianti dei bambini distrutti dalle bombe o dalla fame in Yemen. Con la denuncia alla magistratura intendono ribadire, cercando sponde mediatiche, le oggettive responsabilità delle istituzioni italiane che non fermano i carichi di armi destinati in Arabia Saudita. Paese che, dal marzo 2015, continua a guidare, senza successo, una coalizione militare impegnata sul territorio yemenita.

Inutile ormai contare gli innumerevoli appelli lanciati invano dal mondo associativo e delle organizzazioni umanitarie. L’ultima raccolta firme promossa da “Save the Children” parla di «milioni di bambini che stanno vivendo orrori indescrivibili a causa della guerra in Yemen. Colpiti per strada, bombardati mentre sono a scuola: sono bambini e bambine a cui è negata un’infanzia. Rimasti orfani, senza più una casa, senza più i propri cari».

L’atto di fermare il transito e l’imbarco delle armi nei porti e aeroporti italiani, pur con modalità nonviolente, espone oggettivamente a conseguenze penali, aggravate dalle norme del decreto sicurezza. Eppure dovrebbe essere per tutti inaccettabile la fornitura di armi pesanti ad uno stato che le utilizza sulla popolazione inerme. Anche se questo Paese è un partner strategico degli Stati Uniti e un cliente appetibile per le nostre industrie.

AP Photo/Evan Vucci
AP Photo/Evan Vucci

Perfino il Senato Usa ha recentemente approvato la risoluzione congiunta, presentata dal democratico Bernie Sanders assieme al repubblicano Mike Lee, che chiede il ritiro degli Stati Uniti dalla guerra a guida saudita in Yemen.

In Italia, invece, come abbiamo già riportato, non si registrano turbamenti di coscienza politica. La rivista dei padri comboniani Nigrizia è stata tra le prime a dare notizia della missione della fregata Margottini impegnata, da inizio 2019, a promuovere “il Sistema Paese” nella regione del Medio Oriente, facendo tappa in Arabia Saudita, anche se sappiamo che i nostri concorrenti nella fornitura di armi sono irraggiungibili, a cominciare dalla Francia.

Con molta trasparenza il centro studi Machiavelli, vicino al sottosegretario agli Esteri, il leghista Guglielmo Picchi, ha esposto le ragioni a favore di una presenza significativa dell’Italia nel promettente mercato saudita delle armi.

In questo senso i risultati delle elezioni regionali in Sardegna, con la vittoria del candidato leghista Christian Solinas, sembrano presagire la chiusura alle timide aperture di fine mandato del governatore uscente, il democratico Francesco Pigliaru, alla stop della  produzione degli ordigni Mk da parte della fabbrica Rwm, controllata dai tedeschi della Rheinmetall Defence.

assisi-basta-ipocrisiaResta da capire a quali conseguenze pratiche vorrà giungere il comune di Cagliari che ha approvato la “Mozione Assisi” sullo stop immediato alle bombe verso lo Yemen. Una mozione che, data l’inerzia di governo e parlamento, stanno adottando i consigli comunali di altre città, a partire da Roma.

È in questo contesto che va letta l’iniziativa promossa venerdì primo marzo 2019 per un confronto aperto con governo, parlamentari, sindacati e istituzioni bancarie promossa dalle commissioni competenti della Federazione delle chiese evangeliche e della Conferenza episcopale, assieme alla fondazione Finanza etica, Rete italiana disarmo, Pax Christi, Movimento politico per l’unità e Movimento dei Focolari.

La ricerca di dialogo, se autentico e reciproco, non è un esercizio da salotto ma aiuta a rendere conto delle scelte che contano in ambito politico ed economico. Significativa si annuncia la presenza di rappresentanti della società civile tedesca, direttamente coinvolti nel caso eclatante delle bombe vendute ai sauditi, anche se la giornata vuole offrire elementi per una valutazione globale sulla produzione e vendita di armi.

EPA/YAHYA ARHAB
EPA/YAHYA ARHAB

In questo senso è interessante la presenza del sottosegretario agli Esteri Manlio Di Stefano, il messaggio della Ministro della Difesa Elisabetta Trenta e l’intervento di  Guido Crosetto, presidente della Federazione delle aziende italiane per l’aerospazio, la difesa e la sicurezza.

Proprio dalla componente pentastellata del governo Conte, si sono finora attesi segnali di svolta sull’applicazione della legge 185/90, anche in considerazione della ben articolata mozione “Corda Frusone” avanzata dal M5S alla Camera dei deputati nel 2017, quando era all’opposizione, sullo stop immediato e destinate alla guerra in Yemen. Mozione respinta (assieme a quella, simile, presentata da Giulio Marcon di Sinistra italiana), con qualche obiezione di coscienza, dalla maggioranza trasversale Pd – centro destra.

Hani Al-Ansi/dpa/AP
Hani Al-Ansi/dpa/AP

Passano gli anni ma la guerra rimane in tutta la sua orrenda capacità di distruzione, con il beneplacito degli attori internazionali che potrebbero fermare lo strazio della popolazione.

«Se non vendiamo noi le armi, altri lo faranno al nostro posto». È questo il concentrato del pensiero che sembra dominare nel nostro Paese, a prescindere dal mutare dei governi.

Angelo Toffalo, sottosegretario alla Difesa in quota M5S, si è recato a Idex 2019, fiera delle armi pesanti che si è svolta negli Emirati Arabi uniti (Eau) lanciando l’idea di sostenere il made in Italy in questo settore con una grande fiera internazionale da promuovere ogni anno in Italia. Ha parlato in uno stato (gli Eau) che fa parte della coalizione saudita attiva in Yemen.

Difficile aggirare, senza retorica, le domande su cosa produrre, come e per chi.

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