Guerra ibrida tra Ue e Bielorussia sul corpo dei migranti

I migranti usati come arma tra gli Stati nello scontro sul confine tra Polonia e Bielorussia. Le diverse letture di un fenomeno epocale che mette in gioco il futuro dell’Unione europea.
Migranti sul confine tra Polonia e Bielorussia (Leonid Shcheglov/BelTA via AP)

«Sono circa 2 mila le persone presenti al confine tra Bielorussia e Polonia», secondo la commissaria europea agli Affari interni, Ylva Johnasson. Il caso è sotto i riflettori internazionali per il ruolo attivo del regime di Lukashenko, protetto dalla Russia di Putin, nel mettere in crisi i confini dell’Unione europea ammassando sulle frontiere polacche una massa di migranti curdo iracheni, siriani e afghani.

La tattica è la stessa usata dalla Turchia di Erdogan sul confine greco. La tensione non è destinata a placarsi perché si attende l’onda lunga dei troppi conflitti irrisolti in tante zone di guerra con il rischio di innescarne altre dagli esiti imprevedibili. Come riporta l’Agi, il portavoce del governo polacco, Piotr Muller, non esclude la possibile «escalation di natura armata» tra i due Paesi dell’Est Europa. Uno scenario confermato dall’Osservatorio sulla sicurezza internazionale della Luiss, secondo il quale «la Russia ha inviato bombardieri strategici in Bielorussia mentre la Polonia ha annunciato la presenza di 15.000 soldati al confine». Nel precipitare degli eventi il presidente del Consiglio europeo, Charles Michel, ha detto che l’Ue è pronta a finanziare le infrastrutture necessarie per proteggere i suoi confini.

L’erezione dei muri non è perciò più materia di contesa retorica anche in Europa, dato che le masse delle persone in movimento sono in gran parte dirette in Germania come nazione prospera, in grado di offrire sicurezza e futuro per chi scappa da situazioni estreme. E la presa di posizione tedesca è stata molto esplicita a favore del sostegno da offrire al governo di Varsavia, nonostante il contenzioso esistente con la linea sovranista dei Paesi ex comunisti. Non basterà ovviamente decidere nuove sanzioni contro la Bielorussia di fronte all’uso disumano dei migranti per fini politici, come ha detto la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen.

Proprio nell’anno dedicato alla conferenza sul futuro dell’Europa emergono le contraddizioni di un soggetto internazionale, definito gigante economico, ma nano politico militare, che ha appena impostato un progetto per la Difesa comune dopo il fallimento dell’intervento della Nato in Afghanistan.

Secondo il Centro Astalli, della rete internazionale per i rifugiati promossa dai gesuiti, «le immagini che ci arrivano dal confine polacco in queste ore, le dichiarazioni della politica nazionale e comunitaria, mettono in atto un tragico gioco delle parti in cui migranti, vittime di guerre e persecuzioni, diventano il nemico da cui l’Europa e i suoi governi nazionali vogliono difendersi».

Secondo i gesuiti è invece «urgente e doveroso aprire le frontiere ai migranti, gestendo i flussi in maniera ordinata, legale e sicura. Solo così l’Europa ci metterebbe al riparo da giochi di potere e da ricatti che ormai dilagano a macchia d’olio in molte frontiere europee: Turchia, Libia, i Balcani, le isole spagnole e ora anche la Bielorussia».

Anche i vescovi polacchi, come riporta Avvenire, si sono esposti  dichiarando che «indipendentemente dalle circostanze dell’arrivo dei migranti, essi hanno bisogno del nostro sostegno spirituale e materiale». A tal fine hanno lanciato per domenica 21 novembre un raccolta nazionale di fondi per «finanziare le attività di aiuto nelle aree di confine durante la crisi migratoria e il processo di integrazione a lungo termine dei rifugiati che decidono di rimanere in Polonia».

Non fa sconti a nessuna delle parti coinvolte Giancarlo Perego, vescovo di Ferrara e direttore di Migrantes, secondo il quale verso le persone migranti c’è solo un rifiuto o uno sfruttamento mentre «nessuno parla del loro volto e della loro storia».

Le reazioni dei Paesi europei sono invece tutte rivolte ad accusare il governo della Bielorussia.  A tal fine, secondo il direttore di Analisi Difesa, Gianandrea Gaiani, già consulente di Matteo Salvini quando era ministro degli Interni, «non è chiaro perché se le “armi di migrazione di massa” le utilizza la Bielorussia si tratta di un attacco al cuore dell’Europa mentre se ad impiegarle sono i paesi nordafricani e la Turchia di Recep Tayyp Erdogan, la UE tace e la Germania promette miliardi (che paghiamo tutti noi europei) ad Ankara in cambio di un finto impegno a fermare i flussi».

Gaiani denuncia il doppiopesismo della Ue, che interviene per difendere i confini polacchi mentre lascia da sola l’Italia davanti ai flussi che arrivano dal Mediterraneo. Secondo il conteggio di Gaiani, «sono  57.600 i clandestini giunti solo via mare in Italia dall’inizio dell’anno: quasi il doppio dello scorso anno e quasi sei volte di più rispetto al 2019, con un rapido incremento dei flussi da Tunisia, Libia, Algeria e Turchia proprio in questi ultimi giorni». Per fermare l’arrivo delle persone definite “clandestini” sarebbero necessari che fosse chiaro, secondo Gaiani, «che solo provvedimenti nazionali come la chiusura dei porti, gli accordi con i Paesi di partenza, i respingimenti in mare e la messa al bando delle navi delle ong dalle acque territoriali potranno ripristinare il controllo dello stato sui confini marittimi». Tale linea della “fortezza Europa” è comune, come è noto, a parte della larga maggioranza che sostiene il governo Draghi che si presenta fortemente europeista e atlantista. Ma considerando anche le dichiarazioni ufficiose della Nato, che si dichiara pronta a prestare soccorso agli alleati polacchi, lituani e lettoni, si pone la questione sull’identità dell’Europa.

Il condirettore de Il Manifesto, Tommaso di Francesco, riporta l’appello all’Ue da parte di «quattro scrittrici Nobel per la letteratura, l’austriaca Elfrie Jelineke, la russa Svetlana Aleksievic, la tedesca Herta Muller e la polacca Holga Tokarczuk, che scrivono: «Per noi l’Ue è soprattutto una comunità morale basata sulle regole della solidarietà interpersonale… Comprendiamo che non è facile far fronte all’assalto della disperazione ai confini dell’Europa. Tuttavia, ciò che stiamo permettendo alla frontiera polacca non si adatta ai nostro valori fondamentali». Le quattro Nobel chiedono quindi «il rispetto della Convenzione di Ginevra sui rifugiati: vuol dire accoglimento, rispetto delle persone, salvaguardia del diritto d’asilo», come prescisa Di Francesco che vede in questa necessaria ingerenza umanitaria l’unica possibilità per evitare «un lento, ma inesorabile declino di quella che ancora chiamiamo Unione europea».

Una posizione che collima con quella di Eleonora Tafuro Ambrosetti dell’ Osservatorio Russia, Caucaso e Asia Centrale, dell’ISPI  Istituto per gli studi di politica internazionale): «La realtà è che guerre e cambiamenti climatici porteranno a sempre maggiori ondate migratorie verso l’Europa in futuro e la questione sarà inevitabilmente manipolata dai leader populisti e autoritari. Sta all’UE marcare la propria differenza da un regime non democratico e trattare migranti e rifugiati non unicamente come pedine in una “guerra ibrida”, ma come persone che cercano il loro diritto alla sicurezza».

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