Gorbaciov, che piaceva all’Ovest ma non all’Est

Se ne va il leader della perestroika, la cui memoria politica vuol essere cancellata dall’attuale presidente russo Putin, che con la guerra in Ucraina tenta di lavare l’umiliazione subita da Mosca dopo la caduta del Muro di Berlino
Mikhail Gorbaciov con la moglie Raissa in Francia 1989 . Foto archivo (AP Photo/Laurent Rebours, File)

È morto all’età di 91 anni Mikhail Gorbaciov, l’ex leader sovietico noto per aver posto fine alla Guerra Fredda. Aveva preso il potere nel 1985, introducendo riforme che avevano permesso l’apertura dell’allora Unione Sovietica. Ma non fu in grado di impedire il lento crollo dell’URSS. Al di fuori della Russia è stato ampiamente rispettato, come testimonia il ricordo del segretario generale delle Nazioni Unite, Antonio Guterres: «Mikhail Gorbaciov era uno statista unico nel suo genere. Il mondo ha perso un leader globale, un multilateralista impegnato e un instancabile sostenitore della pace».

È morto a 91 anni a Mosca, dopo una lunga e grave malattia. Negli ultimi anni la sua salute era peggiorata costringendolo a un continuo va e vieni dall’ospedale. A giugno, era stato ricoverato per una malattia ai reni. Sarà sepolto nel cimitero di Novodevichy di Mosca, luogo di riposo per gli eroi russi. Il presidente russo Vladimir Putin ha inviato le sue «più sentite condoglianze», commentando così: «Gorbaciov ha avuto un enorme impatto sul corso della storia. Ha capito profondamente che le riforme erano necessarie, e si è sforzato di offrire le proprie soluzioni a problemi urgenti». Un commento “asettico”: i due uomini hanno infatti sempre coltivato una relazione assai tesa, come conferma il fatto che il loro ultimo incontro avvenne nel lontano 2006. Putin non nascondeva la sua opinione molto negativa sullo statista che l’aveva preceduto al Cremlino, accusandolo assieme a tanti suoi connazionali di aver portato alla deriva il gigante russo.

Gorbaciov era diventato segretario generale del Partito Comunista Sovietico e leader del Paese nel 1985. Aveva 54 anni ed era il membro più giovane del Politburo, ed era salito al potere dopo una serie di leader anziani e tristi. Non era salito al potere con la volontà di porre fine al dominio sovietico sull’Europa orientale, perché anzi sperava di rivitalizzare la società della Russia e di quelle dei suoi alleati del Patto di Varsavia. Nei fatti, pensò di aprire l’economia sovietica alla logica del mercato – più concorrenza, meno Stato −, ed ottenne buoni risultati all’inizio della sua impresa, ma alla lunga la crisi della Russia fu straordinariamente grave.

A livello internazionale, resterà famoso per gli accordi sul controllo degli armamenti firmati con gli Stati Uniti, rifiutando di intervenire in difesa dei governi comunisti delle nazioni dell’Europa orientale. E resterà nel ricordo di tutti come colui che introdusse nel mondo sovietico la critica politica, prima vietatissima. Ma nello stesso tempo scatenò sentimenti nazionalisti in molte regioni del Paese, che alla lunga hanno minato la stabilità del Paese e accelerato il crollo dell’Unione Sovietica. Fu nel 1991 che, dopo il fallimento di un colpo di Stato organizzato in modo caotico da parte dei più intransigenti tra i vetero-comunisti, Gorbaciov accettò di sciogliere l’Unione Sovietica e lasciò l’incarico.

A poco valse il Premio Nobel per la Pace nel 1990 «per il ruolo di primo piano che ha svolto nei cambiamenti radicali nelle relazioni est-ovest», visto che alle elezioni presidenziali del 1996 ricevette solo lo 0,5 per cento dei voti alle elezioni presidenziali. Il che determinò la fine politica della sua stella. E allora, c’è un po’ dell’eredità di Gorbaciov nell’attuale offensiva russa in Ucraina.

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