Gli Stati dell’Africa centrale dicono no ai bambini soldato

Adottata la dichiarazione di N'Djamena.

Sei Paesi dell’Africa centrale hanno sottoscritto l’impegno a fermare l’uso dei bambini soldato. Un passo avanti nel garantire a tutti i giovani della regione un futuro migliore, accolto con entusiasmo dall’Unicef. Nella dichiarazione di N’Djamena, adottata la settimana scorsa, Camerun, Ciad, Repubblica Centrafricana, Niger, Nigeria e Sudan hanno messo nero su bianco l’impegno ad adeguare la protezione dei bambini agli standard mondiali, compresi quelli previsti dal protocollo opzionale della Convenzione sui diritti del bambino sul coinvolgimento dei minori nei conflitti armati. «È un nuovo inizio per l’Africa – ha affermato Marzio Babille, rappresentante Unicef in Ciad – e un passo ulteriore nel ridare a tutti i bambini della regione la dignità dell’infanzia loro tolta da decenni di conflitto. È tempo di pasare dalle parole ai fatti».

 

La dichiarazione si propone inoltre di promuovere i programmi di reinserimento degli ex bambini soldato, soprattutto tramite l’istruzione e il lavoro. Un comitato istituito da questo accordo si occuperà di monitorare queste iniziative e la loro efficacia.

 

Il documento costituisce il culmine di un evento di tre giorni organizzato nella capitale ciadiana dal governo e dall’Unicef, che ha visto riuniti rappresentanti dell’esecutivo, dell’Onu, esperti di diritti dei bambini ed ex bambini soldato, con l’obiettivo di trovare modi per porre fine a questa terribile piaga. Il mese scorso l’Onu ha lanciato una campagna per l’adozione dei protocolli che bandiscono la vendita di bambini, la prostituzione minorile, la pornografia, e proteggono i giovani negli scenari di conflitto. Il segretario generale, Ban Ki-moon, ha chiesto che vengano ratificati entro il 2012.

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