Gli atleti dell’Italia che (av)vince

La passione prima del profitto, l’entusiasmo davanti al portafogli. Da Rossella Fiamingo alla Nazionale di hockey pista: storie di competizioni sportive e di vittorie, in salsa tricolore
Rossella Fiamingo

Premessa doverosa: in un mondo sempre più globale, gli equilibri cambiano, nell’economia come nello sport. E questo, in fondo, può anche essere un bene. Nello sport certamente lo è: nuovi Paesi si affacciano su tornei inesplorati fino a pochi anni fa, rendendo più incerte e appassionanti le competizioni in giro per il mondo. Ne fanno le spese, giocoforza, potenze sportive abituate a fare incetta di titoli e medaglie ma che non hanno saputo stare al passo coi tempi. L’Italia è tra queste.

In tanti sport non dominiamo più, o comunque non siamo più così presenti, come avveniva negli anni ’90 o nei primi anni 2000. La crisi economica si fa sentire, con il Coni soggetto a continui tagli per far fronte ai debiti contratti dallo Stato. E nel quadro di una nazione la cui Costituzione non prevede il termine “sport” e nel quale l’educazione fisica a scuola gode della stessa considerazione che può godere una gara di sci in Brasile, non ci si deve sorprendere se chiudiamo le Olimpiadi invernali senza medaglie d’oro o se la Nazionale di calcio si fa eliminare, per la seconda edizione consecutiva, nella prima fase dei Mondiali. Sorprendiamoci, invece, e celebriamo a dovere chi fa della propria passione sportiva un mestiere, al di là di quanto può guadagnare. E ringraziamo i gruppi sportivi militari e di polizia, senza i quali saremmo completamente assenti in decine e decine di discipline.

E allora, celebriamo a dovere Rossella Fiamingo, neo campionessa del mondo della spada femminile dopo aver superato in finale la pluridecorata tedesca Britta Heidemann. Rossella da San Giovanni La Punta, ennesimo prodotto della scuola italiana di scherma e, in particolare, di quella catanese che nella spada ha prodotto anche Enrico Garozzo (medaglia di bronzo ai Campionati iridati in corso di svolgimento a Kazan) e Paolo Pizzo (oro ai Mondiali 2011, disputati proprio a Catania, e quest’anno fuori agli ottavi ma al termine di una stagione condizionata da problemi fisici). Una giornata di gloria andata in scena a 24 ore di distanza dall’ennesima tripletta del fioretto femminile, arrivata nonostante il forfait della campionessa olimpica in carica, Elisa Di Francisca: oro, argento e bronzo grazie ad Arianna Errigo, Martina Batini e alla 40enne (!!!) Valentina Vezzali.

E sempre sabato, l’Italia ha scritto una pagina di storia che se si fosse trattato di un’altra disciplina avrebbe riempito le pagine di giornali e siti internet. Parliamo di hockey pista, parliamo di Europei, che in questa disciplina equivalgono (Argentina a parte) ai Mondiali. Uno sport letteralmente dominato dalla Spagna, vincitrice degli ultimi sette Europei, degli ultimi cinque Mondiali e degli ultimi 59 match disputati. L’incantesimo si è incredibilmente rotto proprio in casa, ad Alcobendas (periferia di Madrid), con gli iberici fermati sul pareggio prima dagli azzurri e poi dal Portogallo: così è risultato decisivo l’altrettanto insperato sucesso dell’Italia sui lusitani, che ha portato alla Nazionale il terzo titolo continentale dopo quelli del 1954 e del 1990, quando in campo c’era l’attuale tecnico Massimo Mariotti. Peccato che sul podio non ci è potuto salire Massimo Tataranni, arrestato dalla Polizia iberica per “esultanza eccessiva”: una notte in cella e la medaglia consegnatagli solo la mattina dopo, una volta rilasciato. «Per tenermi su mi dicevo: “Sei campione d’Europa!». Tutto vero, caro Massimo.

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