Giovani talenti in cerca di valori

Una ricerca svolta dall'Osservatorio "Generazione Proteo" su un campione di 20mila ragazzi dai 16 ai 19 anni propone l'immagine di una generazione piena di capacità e di creatività.

Inafferrabili e contradditori, solisti fuoriclasse, talentuosi acrobati, cre-attivi. Questi i giovani secondo l’Osservatorio “Generazione Proteo”, che deve il nome alla divinità marina che, secondo l’Odissea, era esposta a continue trasformazioni. «Così anche il giovane di oggi – spiega Nicola Ferrigni, direttore dell’Osservatorio – non si può ingabbiare in un modello interpretativo unico, stabile: è un giovane inafferrabile, difficile tutto sommato da interpretare».

Nato nel 2012 con l’obiettivo di costruire un ponte tra scuola e Università e di ascoltare i giovani andando oltre gli stereotipi, l’Osservatorio ne mostra una fotografia singolare e a tratti inedita. Quest’anno è stato presentato, presso la Link Campus University di Roma, il Libro Bianco “Generazione Proteo”, che raccoglie cinque anni di attività di ricerca dell’Osservatorio e il racconto dell’esperienza di #ProteoBrains, la ‘due giorni’ che dal 2014 caratterizza la presentazione del report. Si tratta di uno studio, realizzato annualmente a livello nazionale, che vede i ragazzi protagonisti «dal momento della progettazione degli strumenti di ricerca e dalla conseguente individuazione dei temi di interesse alla raccolta dei dati, fino alla presentazione e discussione degli stessi».

Così si raccontano i circa 20 mila giovani – dai 16 ai 19 anni, provenienti da differenti indirizzi scolastici e diverse regioni – coinvolti nella ricerca: declinano la loro vita con il verbo ‘essere’ più che con il verbo ‘avere’. Si definiscono, infatti, in base alle persone che frequentano e non in base a ciò che possiedono. Gli affetti, i legami con la famiglia e gli amici occupano per loro un posto di rilievo: per il 97,1% le amicizie sono “molto” importanti e un peso significativo ha la famiglia (“molto” importante per l’85,4%), alla quale attribuiscono il compito di trasmettere i valori e di ‘essere vicina nelle difficoltà’.

Vivono da protagonisti la ricerca della propria vocazione, tentando di capire quale sia il loro posto nel mondo. Sono consapevoli di avere, nella società, diritti e doveri. Nei confronti del lavoro, considerato uno dei principali diritti, hanno una tensione propositiva – il lavoro non solo va cercato, ma creato – convinti che, in tutto ciò che si fa, si debba impiegare talento e creatività. Desiderano un impiego che dia loro una vita dignitosa, che consenta di realizzare i propri sogni (30,6%) e gratificare (25,8%); solo per il 10,7% esso serve a “guadagnare tanto”.

Tra i diritti-doveri c’è anche la politica, considerata un’istituzione che non solo detta le regole, ma che deve garantire l’uguaglianza e custodire i valori. Ad essa i giovani chiedono competenza e onestà. Hanno un profondo rispetto del voto come strumento di democrazia, come dovere civico. Più dell’80% dei giovani, infatti, è andato a votare. Il restante 20% non lo ha fatto perché non si sentiva rappresentato.

Nella cultura trovano l’antidoto alla crisi della società; a scuola vorrebbero parlare di attualità, politica, innovazione, etica. Ritengono che la scuola non sia al passo con i tempi, perché i programmi ministeriali sono troppo rigidi. È una generazione che vuole guardare avanti, cambiare il mondo, ma nel farlo ha bisogno di certezze reali, non di regole fini a se stesse. Tuttavia, alla domanda: “se avessi la macchina del tempo, dove vorresti andare?”, un ragazzo su due risponde “nel passato”. Guardano al passato per portare nel futuro i valori, a cui riconoscono una centralità.

‘Cre-attivi’ li definisce la ricerca condotta quest’anno: sono giovani che creano, crescono e credono, ma sono influencer in una società che è solo follower, che ha bisogno di following, di modelli da seguire. La loro capacità di essere influencer resta, però, in un ambito strettamente privato. «Finché la nostra società non saprà riappropriarsi del significato più autentico del concetto di pubblico – ha detto Nicola Ferrigni nel corso dell’evento di quest’anno – anche la ‘cre-attività’ di cui i giovani sono espressione finisce per restare un’emozione privata e non una reazione pubblica».

La ricerca è anche un richiamo per gli adulti a non essere spettatori passivi o ‘fuori sinc’ rispetto al ritmo della vita dei giovani, a creare non solo le condizioni per far esprimere la loro creatività, ma a dare loro la certezza di essere ascoltati. Questo bisogno si esprime bene nella domanda formulata da una studentessa: «Se noi impariamo a chiedere le cose, voi istituzioni, voi adulti, voi università, siete disponibili ad ascoltarci?». E noi adulti lo saremo?

 

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