I giovani rinunciano all’auto

L’Associazione nazionale delle imprese assicuratrici segnala come tra il 2005 e il 2016 il tasso di motorizzazione della fascia più giovane dei conducenti italiani sia scesa dal 53% al 37%.  Analizziamone le cause

In 10 anni ha fatto registrare un meno 16%. Non sempre il segno meno è sinonimo di negativo, ma è impronta di un cambiamento epocale. E mai come in questo caso è appropriato aggiungere (sommessamente) salutare. A certificarlo è l’Ania, l’Associazione Nazionale delle Imprese Assicuratrici, che segnala come tra il 2005 e il 2016 il tasso di motorizzazione della fascia più giovane dei conducenti italiani, è scesa dal 53% al 37%. Essendo i più giovani a rinunciare all’auto di proprietà, il numero indica che il fenomeno ha una consistenza che si espanderà in futuro.

Il dato sorprende perché l’auto-mobile è stato il simbolo della seconda rivoluzione industriale, quella mossa dal petrolio, dal telefono e dall’auto. Ma l’auto più di tutti gli altri è stato il simbolo del sistema capitalistico. La sua proprietà è stata sinonimo di autonomia e libertà. Essa era la forma più compiuta della libertà negativa, tipica del mercato capitalistico, che si esprima nel diritto ad escludere gli altri: il mio, il possedimento, la proprietà si riconosce perché è esclusivo ed escludente. Sull’auto si fanno salire gli amici, si esprime il proprio status. La mobilità che essa offre è stata anch’essa un segno della libertà di muoversi, di perdersi e di partire, lasciando ciò da cui ci si voleva staccare, separarsi o distinguersi.

L’auto ha segnato, quindi, i sogni e le speranze di intere generazioni di giovani fin dagli inizi del secolo scorso. Anzi, l’auto ha segnato il secolo scorso. Infatti, le nostre società industriali sono state anche indicate come società fordiste. Dal nome di Henry Ford, il più grande produttore di auto, che inventò la catena di montaggio per produrre la Ford T. Quel modello produttivo metalmeccanico ha dato il segno ad un’epoca storica caratterizzata dal compromesso tra capitale e lavoro e dall’intervento pubblico mediante la creazione dello stato sociale.

Car sharing

Oggi tutto questo ha termine. Ma perché i più giovani patentati rinunciano all’auto di proprietà? Secondo il primo rapporto sull’innovazione dell’Ania la causa è da rintracciare in 2,5 milioni di utenti che fanno uso del car pooling e da una media di 5.600 noleggi al giorno di car sharing. Cioè molte persone o condividono l’auto di proprietà per fare un pezzo di strada insieme, o utilizzano un’auto non di proprietà per la propria singola mobilità. Tutto ciò è reso possibile dalla piattaforma delle App che consentono di riservarsi una mobilità fisica senza dover sostenere i costi e le fatiche della proprietà. Queste nuove forme soppiantano la proprietà dell’auto. La tecnologia digitale consente di abbassare i costi, creando beni che aumentano il loro valore in maniera proporzionale alla quantità di condivisione dei beni.

La generazione che ha creato, forgiato e diffuso Internet sa cosa vuol dire condividere. Le generazioni più giovani già dichiarano nelle ricerche sociali che sono disposte a rinunciare all’auto ma non a Internet. Le nuove generazioni concepiscono in maniera diversa la libertà. Essa è intesa in senso positivo, cioè la libertà si riconosce dall’essere con gli altri, non escludendo. La libertà si realizza nell’esperienza e nella relazione con le varietà che compongono la comunità, costituendo reti di scambio, di dono e di condivisione della proprietà. La libertà esce dal confine della proprietà in cui l’ha rinchiusa la modernità di mercato, spostando la frontiera verso l’orizzonte, scoprendo la libertà come realtà di infiniti scambi di reciprocità e messa in comune di beni.

giovani, collaborazione

Una Internet che esce dal virtuale e si fa reale, governa le cose, spesso sostituendo il mercato, forma una nuova forma di proprietà condivisa e ha come conseguenza un aumento di efficienza economica e di sostenibilità ambientale. La creazione dei beni comuni non è la fine dell’economia ma di un nuovo inizio. È stato calcolato che il 90% della vita di un’auto è trascorsa nell’immobilità di un parcheggio o di un garage, mentre in quel 10% in cui svolge la sua funzione di trasporto raramente raggiunge la sua massima capacità di carico.

Quante volte è capitato fermi nel traffico di guardare gli altri singoli conducenti disperati dall’immobilismo e dalla solitudine. È la sofferenza a cui oggi possiamo sottrarci, senza restare abbarbicati a vecchie abitudini.

Ben venga quindi la riduzione della proprietà delle auto nei conducenti più giovani. Ad essa corrisponde la crescita della proprietà condivisa e di quell’inestimabile valore dei beni comuni che senza troppi proclami sta cambiando la nostra organizzazione sociale.

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