Giovani e futuro, tra speranze e disillusioni

Una riflessione sull’ultima ricerca dell’Istituto Demopolis sui giovani di oggi
Giovani Studenti

I ragazzi, tra i 14 e i 19 anni, provano una profonda sfiducia nelle istituzioni nazionali e regionali, nel Parlamento e nei partiti politici. È quanto viene fuori da una indagine dell’Istituto nazionale di ricerche Demopolis condotta dal 21 gennaio al 18 febbraio 2011, su un campione di 816 intervistati, rappresentativo dell’universo degli studenti residenti in provincia di Catania.

 

Credono nella famiglia, nell’amicizia, nell’amore: sembrerebbe una generazione con valori tradizionali ma, appena si leggono i primi dati dell’indagine, si scopre che sono del tutto disinteressati alla vita pubblica del Paese e della Regione.

 

Un dato per tutti, ma che ben esprime di primo acchito, una carenza profonda nella conoscenze delle dinamiche che regolano le istituzioni in Italia: pensate, il 34 per cento degli studenti crede che sia Silvio Berlusconi a ricoprire la funzione di capo dello Stato.

 

I dati sono impietosi: la ricerca rivela una profonda sfiducia nelle istituzioni nazionali e locali, con una dinamica che non si differenzia affatto dalla realtà giovanile nazionale. Il 39 per cento degli intervistati non riconduce al Parlamento italiano il potere legislativo. Se poi viene loro chiesto a chi compete il potere esecutivo, appena il 52 per cento lo ascrive correttamente al Governo.

 

La ricerca, come era prevedibile, è stata riportata con una eco di preoccupazione per questa generazione senza ideali (ma non era stato detto che proprio questi ragazzi sono mossi da valori tradizionali?), per la profonda ignoranza del nostro sistema costituzionale e, qualcuno infierisce, anche della nostra storia del Risorgimento.

 

Vorrei proporre una lettura diversa, forse meno “pedagogica” e più strategica. Certo, si riceve un colpo al cuore nello scoprire che questi ragazzi vivono un diffuso estraniamento rispetto alle difficoltà del Paese, con una crescente voglia di privata, ludica evasione. Il linguaggio della politica e delle Istituzioni è lontano da questa generazione, incalza la ricerca, ed infatti il 71 per cento ritiene che sarà impossibile riuscire nella vita senza adeguati appoggi e conoscenze.

 

Ma è un pensiero diffuso? Comune? A cosa è dovuto? Quando qualche anno fa si diceva che a Palermo i ragazzi delle scuole medie erano “stregati” dal personaggio di Totò Riina che vedevano nella fiction televisiva, io mi chiedevo in quale contesto, in quale famiglia e con quali prospettive questi ragazzi vivessero. Di cosa parlo? Del tema della paternità e, per essere ancora più preciso, dell’autorità e dell’autorevolezza.

 

L’autorevolezza in sé non è niente. Non è questione di atteggiamento. La paternità, l’autorevolezza nasce dalla credibilità della vita vissuta. C’è, comunque, una dimensione della ricerca che rimane inesplorata ed è rappresentata dalla radicalità che questi ragazzi hanno nel cuore e che naturalmente viene fuori allorquando trovano riferimenti chiari e credibili.

 

Penso ai ragazzi del “comitato Addio pizzo” della mia città, Palermo, che con la loro voglia di “bene comune” hanno saputo mettere in crisi un intero clan della mafia…

 

Ho incontrato in questi mesi centinaia e centinaia di ragazzi in varie scuole in Italia e altrettanti ne incontrerò nei prossimi mesi. Non incontro ragazzi distratti, che non mi capiscono o che leggono pochissimo, disinteressati alla vita pubblica…

 

Quando li incontro sperimentiamo per due o tre ore consecutive, senza soluzione di continuità, trascorsi tutti d’un fiato, una dimensione civica forte e sento sempre nei loro cuori una passione per la loro città e per il bene comune che farebbero invidia a qualunque segretario di partito!

 

Le domande più frequenti sono, guarda caso, sulla politica. Non per criticare o piangersi addosso. Assolutamente no! Sono domande intricanti e affascinanti per capire, insieme, quali strategie mettere in campo per trovare un impegno in politica che sia davvero concreto e non solo testimonianza.

 

Talvolta questi ragazzi mi inquietano, è vero, ma spesso mi sorprendono. Quello che mi chiedono, però, non è un parere, un consiglio, un indirizzo. Chiedono come vivo nel mio cuore questo disorientamento, questa politica senza anima. Insomma mi chiedono di fare il padre, che è autorevole perché ha una vita credibile. Anche nei fallimenti. E la può raccontare.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons