I giornalisti sono dei narcisi?

Sì, secondo France, il film di Bruno Dumont apprezzato all’ultimo festival di Cannes.
Emanuele Arioli, da sinistra, Blanche Gardin e il regista Bruno Dumont posano all'arrivo alla premiazione del film "France", al 74esimo festival internazionale del cinema di Cannes. Giovedì 15 luglio 2021. (AP Photo/ Vadim Ghirda)

France de Meurs è una star del giornalismo televisivo, centinaia di inchieste nei posti di guerra, dirette rapide, commenti seguitissimi ogni giorno in tivu. Famosissima, un figlio ben poco amato, un marito scrittore con cui il rapporto è formale (lei gli rinfaccia di guadagnare molto più di lui) e lei viaggia, scrive, parla, sempre splendente, sorridente: la diva del mondo mediatico oggi scintillante.

Quante ragazze e donne sognano di essere così, quante colleghe la invidiano, vedendola assai determinata nel lavoro, professionale al grado massimo, star del nostro mondo ipermedializzato. Sembra soddisfatta, felice: il suo ego narcisistico è al centro di tutto, sopra la famiglia, gli affetti, il passato. Il futuro è dalla sua parte.

Ma quando arriva una tragedia personale, France si smonta pezzo per pezzo come un colosso di argilla: la donna impassibile piange in diretta, decide di andarsene a recuperare sé stessa. Sarà felice, magari con un nuovo amore, un giovane giornalista scafato ma seriamente innamorato di lei?

France non crede più molto alla sincerità dei rapporti, del resto lei per prima si è abituata all’apparenza più che alla sostanza: i suoi scoop erano costruiti con grande temerarietà, più che verità, andavano dritti al cuore del pubblico, ma erano veri scoop e null’altro. La verità è un’altra cosa, la gente è diversa dalla televisione e lei se ne va accorgendo, scopre la dignità di chi soffre davvero.

Potrà venirne fuori France da questa tragedia che colpisce soprattutto sé stessa, spezzandone la sicurezza? Deve cessare di fare l’attrice del piccolo schermo, ritrovare la vera sé stessa, la propria sensibilità, la necessaria vulnerabilità, l’essere ignorata: una delle tante. Ci riuscirà France a ritornare nel mondo mediatico dopo aver sofferto il disincanto, il fallimento dopo quel banale incidente stradale che le fa perdere gli affetti più cari?

Il dolore frusta le persone ma può farle crescere, diventare appunto persone e non dive del giornalismo rampante. Chissà perché France mi ha ricordato molto la nostra Lilli Gruber così professionale, sicura, ferrea, maga del piccolo schermo politico-sociale.

Dietro le immagini dei narcisi mediatici si nascondono fragilità e insicurezze, freddezze e rimpianti nascosti: ma forse è possibile uscirne, secondo i l regista. Basterebbe accorgersi che esistono anche gli altri che magari ci attendono? Così pensa questo regista grande e insolito, attento all’anima, chiaro nello stile. Perfetta l’attrice Léa Seydoux in scena quasi ogni momento, credibile e sincera. Da non perdere.

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