Giornalismo, strumento di costruzione

Il papa ai giornalisti: siate «un fattore di bene comune», favorite «la cultura dell’incontro». Professionali e rispettosi dell’altro, nell’amore per la verità
Giornalisti © Michele Zanzucchi 2015

Nel giorno in cui viene pubblicato lo statuto della nuova “Segreteria per la comunicazione”, che unificherà tutto quanto è comunicazione in Vaticano, attenti ad accogliere «altri modelli e innovazioni tecniche e forme di comunicazione», il papa accoglie in Vaticano il consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti. E dice loro cose non secondarie…

 

Innanzitutto invita l’intera professione a fermarsi «a riflettere su ciò che stiamo facendo e su come lo stiamo facendo», proprio nell’epoca in cui si corre e non si riesce mai a pensare adeguatamente. Dà poi tre indicazioni: «amare la verità» (che vuol dire non solo comunicarla ma viverla); «vivere con professionalità» (senza interessi di parte, favorendo la creazione di una cittadinanza vera); «rispettare la dignità umana» (la critica è necessaria, così come la denuncia del male, ma sempre nel rispetto dell’altro). Tre indicazioni precise e “obbligatorie” se un professionista vuol essere coerente non solo con la deontologia del suo mestiere, ma con la sua coscienza.

 

La conclusione del discorso è un paragrafo che non posso non riportare per intero: «Auspico che sempre più e dappertutto il giornalismo sia uno strumento di costruzione, un fattore di bene comune, un acceleratore di processi di riconciliazione; che sappia respingere la tentazione di fomentare lo scontro, con un linguaggio che soffia sul fuoco delle divisioni, e piuttosto favorisca la cultura dell’incontro. Voi giornalisti potete ricordare ogni giorno a tutti che non c’è conflitto che non possa essere risolto da donne e uomini di buona volontà».

 

Abbiamo esultato in tanti leggendo queste parole, perché il papa è sembrato sottolineare i valori e le prospettive che animano il nostro gruppo di lavoro da sessant’anni; ma nel contempo il papa ci ha rimessi con le sue parole nella direzione giusta, senza cedere alle sirene del digitale, senza negligere il pensiero, senza abbandonarsi allo sconforto di un mondo che corre troppo veloce. Lo scopo della nostra professione è quello di “costruire” la società, servire il bene comune, lavorare per la pace e la riconciliazione senza fomentare lo scontro, favorendo piuttosto la cultura dell’incontro. In epoche di tecnicismi avanzati e di asservimento delle coscienze, queste parole ci fanno respirare, aprono orizzonti più ampi, rivalutano la nostra professione come una “missione” al servizio del bene comune.

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