Genova unita contro la guerra in Yemen

Il Consiglio comunale di Genova ha approvato un ordine del giorno per vietare l’esportazione e per bandire dal proprio territorio e dai propri porti, il transito di armamenti destinati alla sanguinosa guerra yemenita.    

Il Consiglio comunale di Genova nei giorni scorsi ha approvato un ordine del giorno “fuori sacco” presentato da tutti i capigruppo  nel quale, «premettendo che il 20 maggio scorso è attraccato al terminal Gmt del porto di Genova il cargo battente bandiera saudita Bhri Yambu che, secondo quanto trapelato, sarebbe stato carico di armi destinate a essere impiegate nella guerra in Yemen, chiedono l’impegno del Sindaco e della Giunta a sollecitare, anche attraverso i parlamentari liguri, il Parlamento italiano affinché, al pari di altri Stati europei, riconoscendo le gravi violazioni al diritto internazionale perpetrate nella guerra in Yemen, si esprima con fermezza per vietare l’esportazione e per bandire dal proprio territorio e dai propri porti, il transito di armamenti destinati alla sanguinosa guerra yemenita. Inoltre, ad attivarsi presso la Regione Liguria perché promuova in Conferenza delle Regioni una iniziativa comune per condannare i crimini di guerra commessi nello Stato yemenita da tutte le parti coinvolte nel conflitto e attuare con fermezza la normativa nazionale e comunitaria sul divieto di esportazione e transito di armamenti verso lo Yemen».

L’ordine del giorno è stato approvato all’unanimità. Grande soddisfazione è stata espressa da parte delle associazioni firmatarie della petizione tra cui Amnesty International Italia, Comitato per la riconversione RWM e il lavoro sostenibile, Movimento Politico per l’unita, Focolari Italia, Rete della Pace, Rete Italiana per il Disarmo, Save the Children Italia. «A Genova – scrivono nella petizione – sono previsti gli arrivi di altre navi che prima di toccare il nostro porto, tutte toccheranno i grandi terminal militari degli Stati Uniti e del Canada dove imbarcheranno sistemi militari e armamenti. Per questo riteniamo indispensabile continuare a monitorare questi cargo insieme alle altre associazioni della società civile europea e intensificare i preziosi rapporti con i lavoratori portuali degli scali liguri e con i loro sindacati di rappresentanza affinché non vengano caricati su queste navi sistemi militari e armamenti che possono venire utilizzati dalle forze armate saudite o emiratine nel conflitto in Yemen». Le associazioni pacifiste nella petizione firmata dal Consiglio comunale chiedono al governo italiano di sospendere l’invio di ogni tipo di materiali d’armamento alla coalizione miliare capeggiata dall’Arabia Saudita e dagli Emirati Arabi Uniti che da più di quattro anni è intervenuta nel conflitto in Yemen utilizzando anche bombe aeree di fabbricazione italiana per effettuare bombardamenti indiscriminati che gli esperti delle Nazioni Unite hanno definito come “crimini di guerra”.

Queste esportazioni sono in totale contrasto con la legge 185/1990 e col Trattato internazionale sul commercio delle armi (ATT) ratificato dal nostro Paese. Al Presidente del Consiglio, Conte, di farsi promotore, presso i paesi dell’Unione europea, di un’istanza di embargo o almeno di sospensione di forniture di armamenti e sistemi militari nei confronti dell’Arabia Saudita e degli Emirati Arabi Uniti così come richiesto da numerose risoluzioni votate ad ampia maggioranza nel parlamento europeo. Al Parlamento Italiano di farsi carico del problema delle forniture di armi italiane nelle zone di conflitto, in particolare per quanto riguarda la guerra in corso in Yemen. In questo senso chiediamo che sia finalmente calendarizzato e affrontato il dibattito in Commissione Esteri alla Camera fermo ormai da troppi mesi pur in presenza di alcuni testi di Risoluzione già formalmente presentati, ai lavoratori portuali e aereoportuali di rifiutarsi di offrire il proprio lavoro per effettuare trasbordi di questi materiali militari, in particolare di quelli destinati alle forze armate dei Paesi impegnati nel conflitto in Yemen e ai  sindacati di predisporre le misure necessarie affinché i lavoratori che non intendono offrire il loro lavoro, siano pienamente tutelati.

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