Gaza, protesta dei funzionari europei

Oltre duemila dipendenti accusano i vertici dell’Unione europea di immobilismo sul conflitto tra Israele e Hamas
Un'immagine della sessione plenaria del Parlamento europeo del 21 maggio scorso, in cui si è discusso della risposta dell'Unione europea alla situazione a Gaza e all'azione di Israele. EPA/OLIVIER HOSLET

Secondo i dati forniti dal Fondo delle Nazioni Unite per l’infanzia (UNICEF), dopo la fine del cessate il fuoco temporaneo nella striscia di Gaza, il 18 marzo, 1.309 bambini sono stati uccisi e 3.738 sono stati feriti, aggiungendosi agli oltre 50.000 bambini uccisi o feriti dall’ottobre 2023. Il silenzio delle cancellerie occidentali e delle istituzioni europee è sempre più imbarazzante.

Non a caso, sono oltre duemila le firme raccolte da funzionari delle istituzioni dell’Unione europea (Ue), dalla Commissione europea al Parlamento europeo, alle agenzie e così via, per sollecitare i vertici europei a prendere posizione nei confronti di Israele e dell’uso della forza che sta adoperando nella striscia di Gaza.

Nella lettera indirizzata alla presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, alla presidente del Parlamento europeo, Roberta Metsola, e al presidente del Consiglio europeo Antonio Costa, il gruppo di funzionari, conosciuto come “EU Staff for Peace” (funzionari dell’Ue per la pace, ndr), stigmatizza l’immobilismo dell’Ue e osserva che tale inazione sta creando un clima di impunità. Un appello ai vertici dell’Ue era stato già lanciato dallo stesso gruppo nel maggio 2024.

Nello specifico, nella lettera si osserva che le istituzioni dell’Ue non sono riuscite a far valere l’influenza politica, diplomatica ed economica della stessa Ue per migliorare la situazione a Gaza. Tale inazione avrebbe contribuito a creare un contesto di impunità che ha portato all’attuale invasione su larga scala della striscia di Gaza.

Nel frattempo Kaja Kallas, alto rappresentante dell’Ue per gli affari esteri e la politica di sicurezza, ha annunciato che l’Ue procederà a una revisione dell’accordo di associazione dell’Ue con Israele; riscontrando che una forte maggioranza degli Stati membri è favorevole a rivedere l’articolo 2 dello stesso accordo, che prevede che i rapporti tra Bruxelles e Tel Aviv siano basati sul rispetto dei diritti umani. Anche il suo predecessore, Josep Borrell, aveva tentato di percorrere tale strada, su sollecitazione della Spagna e dell’Irlanda, ma allora prevalsero le resistenze degli Stati membri. Eppure, per rivedere l’Accordo di associazione sarebbe necessaria l’unanimità degli Stati membri, cosa difficilmente raggiungibile.

Infatti, sebbene l’Ue avrebbe condannato fermamente la violenza perpetrata dai coloni israeliani in Cisgiordania, con atti quali intimidazioni, attacchi fisici e distruzioni di proprietà, con il conseguente sfollamento delle comunità palestinesi, fonti diplomatiche riporterebbero già l’opposizione dell’Ungheria a nuove sanzioni ai coloni israeliani violenti in Cisgiordania, laddove la Svezia ha chiesto esplicitamente delle sanzioni verso alcuni ministri del governo israeliano.

Comunque, secondo Kallas, «l’operazione militare di Israele a Gaza, l’uso sproporzionato della forza e la morte di civili non possono essere tollerati», mentre «il continuo attacco alle infrastrutture civili è inaccettabile». Infatti, l’Ue chiede «un ritorno al cessate il fuoco, che porti al rilascio di tutti gli ostaggi e alla fine definitiva delle ostilità attraverso i negoziati», ribadendo che «l’aiuto umanitario non deve mai essere politicizzato o militarizzato», nonché «il suo appello urgente per la ripresa immediata, senza ostacoli e sostenuta degli aiuti su scala, in base alle esigenze della popolazione civile di Gaza».

Ancora, «l’Ue condanna con fermezza la violenza dei coloni in corso nella Cisgiordania occupata. Le campagne di intimidazione, gli attacchi fisici e verbali, la distruzione e l’incendio di proprietà e case stanno portando allo sfollamento di intere comunità palestinesi», esortando Israele ad «adottare immediatamente misure decisive per affrontare la questione e garantire che gli autori di questi crimini siano chiamati a risponderne».

Riecheggia l’appello di papa Leone XIV, che, al termine dell’udienza generale del mercoledì, ha osservato che «dalla Striscia di Gaza si leva sempre più intenso al cielo il pianto delle mamme e dei papà che stringono a sé i corpi senza vita dei bambini, e che sono continuamente costretti a spostarsi alla ricerca di un po’ di cibo e di un riparo più sicuro dai bombardamenti», rinnovando l’appello ai responsabili al cessate il fuoco, alla liberazione di tutti gli ostaggi e al rispetto integrale del diritto umanitario.

Le parole del Pontefice ricalcano quelle dell’Unicef, che ha esortato tutte le parti in conflitto «a porre fine alle violenze, a proteggere i civili, compresi i bambini, a rispettare il diritto internazionale umanitario e la normativa sui diritti umani, a consentire l’immediata fornitura di aiuti umanitari e a rilasciare tutti gli ostaggi».

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