Gautam Adani, il nuovo magnate indiano

Un nome che nessuno, eccetto gli addetti ai lavori, aveva sentito, almeno in Occidente. In India si è fatto conoscere dagli anni 80. Oggi è considerato uno degli uomini più ricchi del mondo. L’Adani Group si occupa di installazioni portuali, risorse, logistica, energia, agricoltura, ed anche di difesa e aerospaziale.

Ha fatto un certo scalpore la notizia che Gautam Shantilal Adani, sessantenne industriale indiano, sia arrivato ad essere fra i primi tre miliardari del mondo. L’industriale uomo d’affari, originario dello stato del Gujarat, lo stesso dell’attuale Primo Ministro Narendra Modi, è ancora largamente sconosciuto in Europa.

Il suo nome non era quasi mai apparso accanto ai grandi imperi industriali indiani (Tata, Ambani, Godrej, Mahindra, Jindal), alcuni dei quali noti per la presenza dei loro prodotti sui mercati europei – anche italiani – altri per essere stati protagonisti di contenziosi che si prolungano da tempo, come quello del gruppo siderurgico Jindal con l’Ilva di Taranto.

Adani ha costruito la sua fortuna soprattutto, anche se non solo, all’interno dell’India grazie, in particolare, alla costruzione di porti in varie zone della penisola indiana. Adani appartiene alla comunità giainista, una religione che conta solo pochi milioni di seguaci, ma che riveste un ruolo cruciale nella vita del subcontinente indiano. Si tratta, infatti, di un gruppo sociale, oltre che religioso, molto presente nel commercio e nel business, in particolare quello delle pietre preziose.

Buona parte di questo commercio a Mumbai e nella zona occidentale dell’India, è infatti controllato da giainisti. Ed è in questo settore che lo stesso Adani, dopo aver abbandonato gli studi universitari, e quindi con nessun titolo in mano, è entrato nel mondo del lavoro, lasciando lo stato del Gujarat dove era nato per stabilirsi a Mumbai dove aveva trovato un impiego, nel mercato dei preziosi, come ragazzo che distingueva le varie pietre pronte alla vendita.

Oggi questo sessantenne che ha sopravanzato all’interno del suo Paese il capitale dei gruppi Ambani, Birla e Tata è un miliardario che controlla, insieme alla moglie e a uno dei figli, l’Adani Group, una multinazionale con sede nella nativa Ahmedabad. Il gruppo, come accennato, è attivo nella costruzione e nella gestione dei porti. Si calcola, in base ai dati forniti in questi giorni da Forbes, che il capitale del miliardario indiano ammonti a una cifra pari a 152,1 miliardi di dollari Usa.

Sebbene la sua posizione a livello mondiale oscilli fra il secondo ed il quarto posto, a seconda delle agenzie, è assodato che Adani sia l’uomo più ricco nel suo Paese e in Asia. Infatti, secondo il Bloomberg Billionaires Index, questo giainista indiano sarebbe secondo solo al magnate sud-africano Elon Musk. Secondo altri esperti sarebbe dietro anche al francese Bernard Arnault. Le discrepanze sono legate alle oscillazioni dei mercati e ai conseguenti movimenti verso l’alto o il basso delle azioni in possesso di questi magnati e dei loro rispettivi conglomerati finanziari.

La svolta che ha portato Gautam Adani dagli uffici nella zona di Charni Road a Mumbai, dove passava le giornate a selezionare le pietre preziose, all’apice della classifica dei miliardari mondiali è avvenuta agli inizi degli anni Ottanta quando il fratello, Mahasukhbhai Adani, dopo aver acquisito un’industria produttrice di materie plastiche, invitò Gautam a unirsi a lui nella gestione dell’impresa. Nel giro di pochi anni, la sua attività ebbe uno sviluppo da capogiro, prima nell’ambito dei prodotti sintetici e, successivamente, nel settore agricolo ed energetico.

Altro momento chiave, fu il 1991, quando, grazie alla lungimiranza e competenza dell’allora ministro delle finanze Manmohan Singh, che, all’inizio del nuovo millennio, sarebbe diventato Primo Ministro, l’India si aprì all’economia di mercato dopo decenni caratterizzati da una impostazione vicina a quella dei Paesi socialisti con una economia di stato.

Proprio la liberalizzazione economico-finanziaria del gigante asiatico permise a Adani di allargare i suoi interessi a settori come il commercio dei metalli, a quello agro-alimentare e all’ambito tessile. Negli anni successivi il gruppo si aprì alla costruzione e gestione dei porti, in un momento in cui l’India investiva molto sul commercio e sull’adeguamento delle proprie infrastrutture portuali.

Il primo contratto arrivò con il Porto di Mundra, che, col passare degli anni, sarebbe diventato la più grande area portuale del settore privato nel sub-continente indiano. Prima della fine del secolo la famiglia Adani fondò l’Adani Power, entrando nel settore della produzione di elettricità e in quello energetico in generale. Sono seguiti altri sviluppi con l’acquisto di porti e miniere di carbone in Australia fino ad una partecipazione nella costruzione del nuovo aeroporto di Mumbai, dove il gruppo si è assicurato il 74% delle azioni.

Ultimamente, nuovi settori di interesse sono stati quelli della produzione di cemento, dove Adani ha rilevato buona parte delle industrie del Ambuja Group, e la produzione fotovoltaica di energia. Nelle ultime settimane ha acquistato, nel settore dei media, il 26% del capitale del gigante mediatico indiano Ndtv.

Tre aspetti di questo nuovo protagonista dell’economia indiana e della sua dimensione multinazionale sono forse meno noti, soprattutto all’estero, ma esprimono anche l’evidenza di circostanze fortunate che sembrano aver accompagnato la vita di Adani. Il magnate è particolarmente vicino all’attuale premier Narendra Modi e, senza dubbio, uno dei suoi sostenitori economici di maggior rilievo.

Si calcola che, nel marzo 2020, per combattere il Covid, il gruppo Adani abbia contributo a finanziare il PM Cares Fund (il Fondo Assistenza del Primo Ministro) con 13 milioni di dollari. Senza dubbio il filo diretto con la massima carica politica della democrazia indiana, per anni Primo Ministro dello stato del Gujarat, ha aperto strade e scorciatoie ad Adani e alle sue imprese.

Nel 1998 l’industriale fu rapito, in circostanze ancora piuttosto misteriose, e, successivamente rilasciato senza richiesta di riscatto. Un momento ancora più tragico, dal quale uscì però indenne, Adani lo visse nel novembre 2008 all’interno del Taj Mahal Hotel di Mumbai, quando un gruppo di terroristi pakistani irruppe uccidendo decine di persone e distruggendo vasti settori dell’albergo, prima di essere uccisi a loro volta.

—–

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

—–

I più letti della settimana

Mediterraneo di fraternità

La forte fede degli atei

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons