Galeazzi, la voce dello sport nazionale

Se ne va una delle icone del giornalismo italiano, Giampiero Galeazzi: la sua voce ha accompagnato alcuni tra i più memorabili successi della storia dello sport azzurro, ma non solo…
Galeazzi

«Io penso che questa mia vita mi abbia dato tantissimo. Mi sono reso conto che la gente non mi ha dimenticato. Ho unito due tipologie diverse di pubblico: sono stato Pippo Baudo e Sandro Ciotti messi assieme, una bomba atomica. Ma non mi sono mai montato la testa, sono sempre stato spontaneo. Sono durato 42 anni in Rai con la mia professionalità, con il mio entusiasmo». Poco tempo fa, prima di lasciare questa terra nella giornata di ieri, 12 novembre, Giampiero Galeazzi si era espresso così rispondendo in merito alla sua lunga carriera giornalistica. Icona tra i cronisti sportivi, aveva 75 anni e da tempo soffriva di una forma grave di diabete.

Nell’Italia lanciata dal boom economico e segnata nel bene e nel male dai monopoli televisivi, prima dell’avvento di internet e delle trasmissioni digitali, Galeazzi ha rappresentato una vera e propria istituzione tra i colleghi del giornalismo sportivo. Spesso in ritardo agli appuntamenti di redazione, ma appassionato e competente come pochi quando inviato o assegnato a un evento, alla sua telecronaca si legano alcuni dei più emozionanti successi del nostro Paese sul piano dello sport internazionale. È a lui che si deve l’esposizione al grande pubblico di alcune espressioni come “alzare i colpi” o “c’è luce”, diventate proverbiali ad esempio nel canottaggio. Imitato da tanti, resta celebre in particolare per l’umanità che imprimeva al suo lavoro, per una partecipazione vera, pura, pressoché assoluta.

Come dimenticare la sua voce mentre accompagnava, tra tantissime imprese narrateci, l’epico oro nel canottaggio di Giuseppe e Carmine Abbagnale alle Olimpiadi di Seul 1988; o mentre dall’altra parte del mondo ci incantava, incollati allo schermo, per spingere Josefa Idem e vincere uno straordinario oro su canoa alle Olimpiadi Sydney 2000. E come non ricordare, per gli appassionati di calcio, quell’intervista strappata rincorrendo negli spogliatoi, fradicio di sudore, acqua e spumante, uno sfinito Maradona dopo il clamoroso scudetto del Napoli nel maggio del 1987.

«Sono addolorato: Galeazzi ha fatto conoscere noi e il canottaggio, ci ha spronati. È stato un personaggio importante per noi, ci ha fatti conoscere al grande pubblico: era come se l’equipaggio fosse formato da 4 e non da 3 elementi. Possiamo dire che era come un “4 senza”: è stato molto, molto importante per noi. Ci è stato vicino per più di 20 anni». Così lo ha ricordato Peppiniello Di Capua, timoniere dei fratelli Abbagnale, nella suddetta impresa.

«Se ne va una delle voci più autorevoli del giornalismo italiano, un maestro e un professionista esemplare. Le sue telecronache e le sue interviste resteranno per sempre scolpite nella storia dello sport del nostro Paese – ha dichiarato Luca Pancalli, presidente del Comitato Italiano Paralimpico –. Con la sua passione, ha saputo regalare a milioni di italiani emozioni uniche e irripetibili che fanno parte ormai del prezioso bagaglio di ricordi di tantissimi appassionati di sport. Ci mancherà».

Nella Rai lottizzata dalle ingerenze dei partiti, fu tra i pochi a non necessitare di “padrini politici”: troppo bravo per subire pressioni, imponente tanto fisicamente quanto sul piano di un blasone meritato nel tempo. Sandro Petrucci, collega del Tg1, sintetizzò forse meglio di chiunque altro le “tre anime” che inconfondibilmente lo contraddistinguevano: “quella popolare degli stadi di calcio, quella aristocratica del tennis e quella romantica del canottaggio”. Amori di una vita e riferimenti della sua carriera professionale: fu noto professionista, peraltro, proprio nel canottaggio, vincendo il campionato italiano nel singolo nel 1967.

Storico inviato per la Domenica sportiva e poi conduttore di 90esimo minuto, diventò anche ospite fisso nella trasmissione Domenica In. Ma nelle ultime apparizioni televisive, “Bisteccone”, così affettuosamente chiamato anche dai colleghi per la sua mole, era apparso affaticato e visibilmente provato dalla malattia. Lascia in eredità un grande esempio di attaccamento alla professione, umiltà ed autoironia, incardinate in una prorompente passione per lo sport e il mestiere di informare: in questo senso, resterà un esempio per molti colleghi, a partire da chi scrive, che si approcciano alla professione della comunicazione mediatica. Ed ogni volta che qualcuno vedrà con quale tenacia e caparbietà il nostro Paese ha trionfato nello sport, la voce tanto possente, quanto sovente rotta dalla commozione, di Galeazzi, sarà probabilmente tra quelle che ne accompagneranno sempre le emozioni. Grazie per sempre, Giampiero.

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