Funivia Stresa Mottarone, l’impianto era stato manomesso. Il dolore della comunità

La comunità piemontese e tutta l'Italia piangono le vittime della tragedia della funivia Stresa Mottarone: un incidente che si poteva evitare. La solidarietà dei cittadini ai parenti delle vittime.

Stresa, una delle perle del Lago Maggiore, è ancora incredula e soffre. Ha listato a lutto il simbolo della città, sia sul Municipio  che sul sito istituzionale del Comune. Un paese sotto choc passato in pochi giorni dall’incredulità al dolore, dalla solidarietà alla rabbia, dal sentirsi tradito al desiderio di giustizia. Un paese sbigottito di fronte alla tragedia che ha vissuto e che sta vivendo.

Domenica mattina un boato ha rotto la pace di una località turistica avvezza ad accogliere i visitatori. Una cabina della funivia Stresa-Alpino Mottarone è caduta dopo che la fune dell’impianto ha ceduto a nemmeno centro metri dalla vetta dall’ultimo pilone, proprio in uno dei punti più alti di quel percorso che da Carciano di Stresa, in riva al lago di fronte all’Isola Bella, con un tragitto della durata di 20 minuti, porta al Mottarone a quota 1.491 metri. Man mano che passano le ore e i soccorritori sono sul luogo sale il numero delle vittime: prima nov,e poi quattordici, tra cui due bambini di due e nove anni. Il piccolo Eitan di cinque anni viene trasportato all’ospedale Regina Margherita di Torino e ora ha aperto gli occhi e tutti stanno pregando per lui. Non sa ancora che nell’incidente hanno perso la vita i suoi genitori Amit Biran e Tal Peleg, il fratellino Tom e i bisnonni Itshak e Barbara Konisky Cohen, in Italia da pochi giorni.

Ma Stresa è sbigottita due volte. Perché quell’incidente sta lasciando ammutolito un paese abituato a sorridere, ad offrire alle migliaia e migliaia di turisti da tutto il mondo che si affacciano al lago, il lato migliore dell’ospitalità e dell’accoglienza piemontese. Colpita proprio nel momento della ripartenza del post pandemia, del ricominciare a rivedere i turisti tra le stradine caratteristiche, tra i sentieri e le spiagge lungo il lago. Le lacrime della sindaca Marcella Severino, che per prima si è recata sul logo dell’incidente a seguito dei soccorsi, esprimono chiaramente il sentimento di una comunità. Lei donna e mamma ha voluto vedere di persona, disobbedendo al consiglio dei soccorritori di non guardare quello scenario di morte. «No, guardo perché non sono il sindaco che taglia i nastri e basta», ha detto con un groppo in gola.

«Ora – ha detto nei giorni scorsi la sindaca – l’obiettivo è non dimenticare queste famiglie. Vorrei che un giorno pensassero a Stresa certamente per il dolore che hanno provato, ma anche per quanto Stresa è stata loro vicina».

E così la solidarietà corre veloce in una grande comunità che si sente coinvolta e ancora più unita nella tragedia. Tutti hanno cercato, dal giorno dopo, di alleviare le sofferenze delle famiglie colpite dal crollo della funivia. Dall’accoglienza gratuita ai familiari da parte degli albergatori a quella dei tassisti e conducenti delle auto a noleggio. Ed è una comunità che si è ritrovata anche nella fede, che ha voluto riservare alle vittime e ai loro parenti, un momento di preghiera e una messa, mercoledì sera, nella parrocchia. Erano presenti anche i soccorritori ancora attoniti, con negli occhi quei corpi che hanno dovuto recuperare, nove sbalzati nel bosco intorno e cinque rimasti intrappolati nella cabina.

«È stato un fulmine a ciel sereno in quella giornata di Pentecoste, che è stata anche una giornata di piena ripresa di tutta l’attività turistica… Morti di questo tipo aprono voragini di male e di sofferenza» ha detto don Gianluca Villa, parroco di Stresa. E le parole del parroco non sono parole a caso. Perché dopo i primi rilievi e le prime parole dei responsabili, Stresa è sotto choc per la terza volta.

Il procuratore capo di Verbania, Olimpia Bossi, dopo aver disposto il sequestro dell’impianto ha aperta un’inchiesta per disastro colposo, omicidio plurimo colposo e lesioni colpose. Tre persone – Luigi Nerini, amministratore della società Ferrovie del Mottarone, Gabriele Tadini, capo operativo dell’impianto e coordinatore del personale, e l’ingegner Enrico Perocchio, direttore d’esercizio -, sono finire in stato di fermo. Secondo le prime ricostruzioni, il freno sarebbe stato manomesso consapevolmente, per evitare il fermo dell’impianto, molto importante invece per la ripresa turistica. Come a dire che in questo momento di ripresa si poteva anche chiudere un occhio sulla sicurezza. Il documento della Procura è durissimo: «Hanno agito in spregio alla vita con deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto per ragioni di economiche e in assoluto spregio delle regole di sicurezza, finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vita dei soggetti trasportati».

E ora tutta la comunità di Stresa si sente tradita nel profondo, è passata dal dolore alla rabbia con la richiesta di giustizia per una tragedia che si poteva evitare. Una chiarezza che gli stresiani vogliono per le vittime, le loro famiglie, ma anche per ognuno di loro e per il paese e la sua fama di luogo accogliente. Venerdì 28 maggio anche il Giro d’Italia, che avrebbe avuto in programma un passaggio sul Mottarone per la terz’ultima tappa, non passerà di lì per rispetto delle vittime e dei loro familiari.

L’incidente ha suscitato il cordoglio generale e sono intervenuti nella stessa giornata di domenica anche il Capo dello Stato Sergio Mattarella, che ha espresso alle famiglie colpite e alle comunità in lutto «la partecipazione di tutta l’Italia»; e il presidente del consiglio Mario Draghi. Poi nei giorni successivi il ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini ha ribadito: «Il Governo e tutte le istituzioni sono impegnate per risalire alle cause e capire cos’è accaduto, ma anche per dare vicinanza alle famiglie e soprattutto al bambino ricoverato a Torino».

Tutto il Paese è in lacrime e non è bastato il sole e il bel tempo di questi giorni di primavera a lenire un dolore così grande.

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