Fraternità e stranieri secondo Giordani

Il flusso ininterrotto di migranti, la recente Giornata del rifugiato sottendono anche una lettura antropologica di questa umanità in fuga. Igino Giordani nel 1925, in tempi insospettabili, ma che ben conoscevano le separazioni e gli esodi dettati dal primo conflitto mondiale, sono un richiamo ad un impegno concreto anche nell'oggi
Un migrante sbarcato ad Augusta

Vieni, fratello esule: abbracciamoci.

Dovunque tu sia, comunque ti nomini, checché tu faccia, mi sei fratello. Che importa a me se la natura e le convenzioni sociali s’adoperano per staccarti da me con nomi, specificazioni, restrizioni, matricole, leggi e chiavistelli? Il cuore non si mette in ceppi; la volontà non soffre limiti; e con uno sforzo d’amore possiamo valicare tutti questi ordini di spartizioni e riunirci in famiglia.

Non mi riconosci? La natura ti depose altrove, altrimenti fatto, dentro altri confini: sei forse tedesco, francese, inglese, groenlandese, slavo, turco, tartaro, nipponico; sei forse giallo, olivastro, nero, bronzeo, cupreo…: ma che importa? Sei d’una patria diversa: ma che vale?

[…] Facciamo un progresso: trascendiamo le barriere, le alpi, i burroni, i torrenti, i fiumi, i mari, i climi: se persino la scienza li supera, dovrebbe esser da meno lo spirito?

[…]Tu vieni. D’oltre tutti i mari, tutti i climi, tutte le leggi, d’oltre qualsiasi scompartimento sociale, politico, intellettuale, geologico e storico, (…) d’oltre tutti i limiti tu vieni, o fratello: in te riconosco il Signore. Liberati; e sin d’ora, sin d’ora, fratelli che siamo, abbracciamoci.

(Igino Giordani, Rivolta cattolica, Gobetti, Torino 1925, pp. 200-203)

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