Francia: proteggere i minori o gli adulti?

Si moltiplicano le iniziative di legge per “tutelare” i nostri figli. Ma spesso, in realtà, tale proposte sembravo voler evitare ai genitori spiacevoli sorprese. Il caso francese
Bambini e media

«La Francia vuole che i minori di 16 anni abbiano il permesso dei genitori per aprire un profilo su Facebook e altre reti». Così il titolo della breve nota riportata da Europa Press mercoledì scorso, poi ripresa da diversi altri media del continente. Il titolo in realtà rimanda alle dichiarazioni del ministro della Giustizia francese, Nicole Belloubet, che presentava alla stampa un progetto di legge riguardante la protezione dei dati personali nel mondo digitale: «Unirsi a Facebook – ha detto Belloubet – richiederà l’autorizzazione dei genitori per i minori di 16 anni».

Il contesto della notizia, tuttavia, è assai più largo. Adattandosi alle normative europee, con questa nuova legge la Francia cerca di creare «una cornice unificata a protezione dei dati personali (…) indipendentemente dalla sua localizzazione», dice il comunicato stampa commentato dal ministro, e stabilisce «nuovi diritti per i cittadini, in particolare il diritto alla portabilità dei dati di carattere personale». Dunque, tra gli obiettivi di questa nuova legge, ancora da sottomettere al Parlamento, c’è quello di garantire un più facile acceso dei privati ai dati che le diverse compagnie ricavano, in modo da poterli correggere o cancellare.

Il riferimento ai minori in realtà è presente solo in tre righe del comunicato, e perciò sorprende ritrovarlo nel titolo della news. Ancor più se la ministro dichiara che, se pure non si sappia ancora come verrà applicata la misura, per unirsi a una rete sociale bisognerà cliccare su una casella per confermare che i genitori o i tutori legali sono d’accordo, e ciò comporterà una dichiarazione regolata per legge.

Viene da chiedersi se un tale protagonismo dato ai ragazzi non rimandi in realtà a certe paure degli adulti sui loro comportamenti e sulle difficoltà a tenerli sotto controllo, operazione più difficile quest’oggi in cui anche i minori hanno acceso a uno strumento con potenzialità e pericoli insospettati. Si tratta cioè di «proteggere i minori» oppure di «proteggersi dai minori»? Mettiamo il caso di un ragazzo che, per gioco e a insaputa dei genitori, si lega a un circolo di addestramento jihadista in una rete sociale: di chi sarà alla fine la responsabilità se finisce coinvolto in qualche episodio violento?

C’è un consenso abbastanza diffuso sulla mancanza di criterio e di coscienza nei minori sui pericoli da cui sono circondati, sia nel mondo analogico che in quello digitale. Ma c’è chi pensa anche alla loro innocenza. Proprio Facebook, pensando alla loro protezione, ha attivato il servizio “Messenger Kids” (per ora limitato agli Usa) come risposta alle preoccupazioni dei genitori. Sono stati questi, con l’aiuto di esperti, a consigliare delle misure perché i ragazzi possano comunicare solo con persone che i genitori conoscono. Questi, poi, potranno gestire i conti e i contatti dei loro figli attraverso un’apposita applicazione.

Si avverte altresì una certa mancanza di preparazione negli adulti. Ecco perché sono necessarie guide per genitori come, tra le mille altre nel Vecchio continente, quella elaborata dalla cattedra Comunicazione infantile e adolescente dell’Università complutense

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