Francescane e Fazenda: insieme con i giovani

Lo Spirito Santo sta suscitando nuove forme di vita consacrata nella Chiesa che possono illuminare i carismi “antichi”. In un contesto di dialogo trinitario è possibile una fecondazione reciproca. Una ricchezza per la Chiesa, una risposta viva all’appello di Giovanni Paolo II di “lanciare le reti in acque più profonde” (cf. NMI, 1).
Francescane e Fazenda: insieme con i giovani

Una delle grandi sfide della fine del secolo XIX è stata l’educazione della gioventù. Per rispondere a questo grido è nata nel 1854 a Siessen, nel sud della Germania, la congregazione delle Francescane di Siessen. Nel corso della nostra storia, principalmente durante la secolarizzazione e le guerre, abbiamo sentito la necessità di trovare nuovi modi per educare i giovani. Le missioni in Sudafrica e in Brasile sono i frutti di una coraggiosa apertura alle esigenze dei tempi.

 

Qualcosa di nuovo

 

Per più di sessant’anni, dovunque fossero presenti, le nostre religiose sono state vere missionarie nella educazione ed evangelizzazione della gioventù. Tuttavia, intorno al 1980 nacque una riflessione sul compito dell’educazione nelle scuole. Negli anni Novanta la situazione diventò insostenibile: mancanza di vocazioni, concorrenza con altre grandi scuole, crisi finanziaria, e tante altre difficoltà. Era arrivato il momento di pensare qualcosa di nuovo.

 

Furono presentate varie proposte, ma non vennero accolte. Nacque così la domanda: “Che cosa è il nuovo?”. Proprio in questo momento di fragilità Dio si presentò con una proposta esigente e radicale. J. Jung, nostra superiora generale, conobbe H. Stapel, ofm, che le presentò la realtà della Fazenda da Esperança. Cominciò allora un nuovo cammino. Due religiose furono mandate dalla Germania in Brasile a vivere con le giovani nel centro di recupero femminile a Guaratinguetá, per sperimentare un nuovo modo di vivere il Vangelo, che – come disse Benedetto XVI nella sua storica visita alla Fazenda da Esperança – trova la sua radice nel carisma di san Francesco e nella spiritualità dell’unità, cioè il carisma del Movimento dei Focolari. Alcune religiose brasiliane si unirono al gruppo. Anche le giovani in formazione furono invitate a vivere con le giovani in fase di recupero per fare esperienza di questo nuovo fuoco che si sta diffondendo.

 

Il modo in cui Dio ci condusse è stato meraviglioso. In pochi mesi vendemmo i tre collegi che avevamo. Quindi sentimmo che era giunta l’ora di fare un passo coraggioso. Non era possibile continuare a rimanere ferme, a guardare le opere antiche. Fra molti dolori, incomprensioni, resistenze, preghiere e speranze si stabilì una vera “alleanza” fra la Fazenda da Esperança e le Francescane di Siessen. Trasferimmo la sede provinciale e la casa di formazione a Guaratinguetá, vicino al centro di recupero femminile e stabilimmo due comunità: una nella Fazenda del sobborgo Pedrinhas di Guaratinguetá; un’altra a Coroatá, nel Nordest, dove le religiose aiutano i centri maschile e femminile e seguono i ragazzi abbandonati.

 

Con le ragazze

 

Come avviene nella storia della salvezza, alcune persone hanno dato concretamente la vita per questo nuovo progetto. Di fronte a diverse decisioni dovevamo obbedire senza capire nulla. Nello stesso tempo una nuova speranza sorgeva fra noi. Personalmente, seguendo da lontano quanto stava accadendo, ero d’accordo solo in parte: vedevo l’entusiasmo delle mie sorelle più inserite nel nuovo progetto, eppure resistevo. La difficoltà maggiore era accettare che le nostre giovani abitassero con le ragazze nella fase di recupero. Fui invitata ad assumere la direzione del noviziato. Certamente mosse dalla sapienza, le mie superiore mi chiesero di fare l’esperienza di vivere con le ragazze. Di fronte a questa proposta passai dei mesi di giudizi e resistenze, fino a quando piegai il mio orgoglio e mi lasciai condurre da Dio. Accettai la sfida e andai a vivere al “centro di accoglienza”, dove arrivavano le ragazze, ridotte a pezzi dal “mondaccio” (come lo definiscono loro).

 

La casa era isolata da tutto, a 30 km dalla città, fra le montagne. Ebbi paura. Un sentimento di inutilità mi dominava. Tutta la mia esperienza di professoressa e di vita pastorale non valeva niente per quelle vite distrutte, con le quali non sapevo come comportarmi. Capii subito che io stessa dovevo recuperarmi dai preconcetti, dall’individualismo e da tante altre “droghe”. La soluzione fu morire ai miei schemi, mettere da parte i libri, vivere la Parola di Dio nella quotidianità e obbedire alle due coordinatrici (una recuperata e una in fase di ricupero che aveva la metà dei miei anni).

 

Mai dimenticherò il sorriso di Kely, una ragazza di strada, con la quale in cucina, facendo il pane, per la prima volta misi in pratica la Parola. Ascoltare le ragazze nei loro dolori, accompagnarle nel processo di autoperdono, aiutarle a sperimentare la misericordia di Dio, anche se avevano già fatto uno o addirittura dieci aborti… insomma, era qualcosa che mi affascinava e mi aiutava a mantenere viva la mia spiritualità e scelta di vita.

 

Dio ci ha dato la grazia di capire che questa esperienza è la migliore scuola di formazione per le giovani che sono chiamate a vivere il nostro carisma: abbracciare Gesù incarnato, crocifisso e risuscitato: “La presenza delle religiose nella Fazenda è molto importante. Esse trasmettono pace, danno molto appoggio e insegnano a tutti che Dio è l’unica speranza. Soprattutto aiutano ad accettare i nostri dolori” (Cleide).

 

Una maturazione reale

 

Mi trovo in questa avventura ormai da alcuni anni. Seguire le giovani candidate e le altre in fase di ricupero con i loro dolori, miserie e percepire come Dio sta agendo in ognuna, è un processo continuo di conversione. Il nostro carisma diventa sempre più vivo. Ogni giorno c’è l’occasione di abbracciare “Gesù lebbroso” come ha fatto san Francesco.

Per le nostre aspiranti e novizie la convivenza diretta con le ragazze in recupero è proprio una grazia, perché le aiuta a confrontarsi con i loro valori e le loro miserie. Solo con molto amore e coerenza di vita si può fare catechesi, parlare del Dio della Vita a queste ragazze segnate dagli abusi, aborti, assassini ecc. Esse non sopportano discorsi e dottrine “fredde”. Il vivere praticamente la Parola e l’amore concreto nella quotidianità, le esigenze della convivenza con le sue innumerevoli differenze garantiscono una maturazione reale nella vocazione.

 

È stata una delle nostre maggiori conquiste per il rinnovamento della nostra congregazione: “Sono aspirante delle Francescane di Siessen. La mia decisione per questa congregazione è stata motivata dal loro lavoro con giovani nella Fazenda da Esperança. Sono rimasta affascinata dalle esperienze che le aspiranti facevano con le ragazze in recupero. Attualmente partecipo alla scuola di comunione della Fazenda. Per me è realmente una scuola differente, perché non è solo una scuola: è una famiglia, dove condividiamo la nostra anima, mettiamo tutto in comune, ci formiamo per generare vita in Gesù Cristo. Un’altra esperienza che ha lasciato un segno nella mia vita è la convivenza nella casa di appoggio Sole Nascente per persone col virus HIV. Alcune sono in carrozzella, altre a letto, ma tutte hanno molta gioia di vivere, anche se sono tanto debilitate. Stare con loro è fare l’esperienza di Gesù Cristo risuscitato” (Maria).

 

Provengo da una regione interna di Bahia. Mai avevo avuto contatto con tossicodipendenti. Durante il periodo di aspirantato sono andata a vivere con le ragazze in fase di recupero. All’inizio ho sofferto, ma nello stesso tempo mi affascinava vedere quelle giovani, ognuna con la sua storia difficile e schiave delle droghe, che vivevano il Vangelo. Era interessante scoprire che ancora avevano dei sogni! Con loro ho imparato specialmente a riconciliarmi con mio padre, a valorizzare la mia famiglia e a vivere la parola del Vangelo nel quotidiano. Oggi mi trovo in noviziato e sono catechista di queste ragazze. È doloroso vedere quanti giovani ancora non conoscono Gesù Cristo. Allo stesso tempo è molto bello riconoscere la loro sete di Dio e l’apertura che hanno per l’azione di Dio nella loro vita. Le esperienze concrete che ho fatto con loro mi fanno ricordare san Francesco quando ha abbracciato il lebbroso. Perciò questa vita ha contribuito molto alla maturazione della mia vocazione francescana” (Angelica).

 

Una presenza di Maria

 

Un’altra esperienza importante è l’incontro delle ragazze in fase di recupero con le religiose anziane, facendo insieme dei lavori manuali, spingendo una religiosa in carrozzella, ascoltando un saggio consiglio, pregando o semplicemente ascoltandosi a vicenda: “Le religiose di Siessen per me sono una presenza di Maria fra noi. Vivere questa alleanza con loro mi fa pensare alla possibilità che tutta una comunità possa vivere con la luce di Dio Amore. Molte volte il dialogo con loro mi fa trovare la risposta di cui avevo bisogno” (Maria Belém).

Per le giovani religiose si presenta un campo di lavoro che, oltre ad aiutare il sostentamento della provincia, suggerisce una maniera nuova di annunciare il Vangelo: “Sono studente di psicologia e ho l’occasione di realizzare uno degli stages nella Fazenda da Esperança. Vedo la necessità che queste giovani hanno di essere ascoltate, amate e accolte nella condizione in cui si trovano. È un’esperienza gratificante e una modo per conciliare il mio lavoro professionale col nostro carisma” (Marcia).

 

Ho fatto parte del primo gruppo di giovani religiose che ha iniziato l’esperienza con le ragazze in fase di recupero. Le sfide sono state molte, ma Dio ci ha condotte in modo molto evidente. Oggi, come religiosa di voti perpetui, lavoro nella Fazenda da Esperança come professionista. Una esperienza che mi è piaciuta molto è stata quella che ho vissuto a Coroatá, nel Nordest, con gli adolescenti (la Casa dos Menores è una delle filiali della Fazenda). Li seguivo nella Fazenda, dando la formazione umana e spirituale. Però lavoravo anche come assistente sociale nella scuola in cui studiavano. Sono diventata il loro punto di riferimento e avevo sempre l’occasione per difenderli contro le discriminazioni, perché avessero un trattamento giusto” (Marines).

 

Dio è stato “scandalosamente” misericordioso con noi nel darci come regalo la casa “Sole Nascente” che accoglie persone con HIV in fase terminale! Le nostre aspiranti fanno esperienze di vita con loro, pregando insieme, dando catechesi ed essendo una presenza mariana. Con la morte di J. Rezendo, il fondatore della casa, abbiamo assunto il coordinamento generale. Lì possiamo vivere l’amore gratuito proposto da san Francesco: “E devono rallegrarsi quando si trovassero fra persone vili e disprezzate o fra i poveri, i deboli, i lebbrosi e insieme ai mendicanti in strada”.

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