Forum delle famiglie: dialogo aperto sulla giustizia sociale

Intervista con Roberto Bolzonaro, vice presidente nazionale del Forum delle associazioni familiari. È venuto il tempo di un confronto autentico con tutte le realtà impegnate a favore delle  politiche di giustizia sociale. Senza elemosine
Due famiglie che si incontrano

La prossima legge di stabilità sarà il momento della verità sulle scelte di contrasto alla povertà. Di solito l’argomento viene trattato alla fine dei giochi, quando i portatori di grandi interessi si sono spartiti la torta e restano le briciole. Accade così inevitabilmente anche per le richieste di equità che arrivano dalle associazioni familiari. Sul dibattito in corso, abbiamo chiesto il parere di Roberto Bolzonaro, vicepresidente del Forum delle associazioni familiari. Dalle prime verifiche sulle dichiarazione dei redditi delle famiglie italiane emerge, infatti, l’aumento della pressione fiscale tra aumento delle addizionali regionali e comunali e il taglio delle detrazioni, mentre il parametro familiare non è neanche entrato in considerazione nell’erogazione del bonus fiscale per i redditi medio bassi.

Cominciamo con una domanda che vuole andare al cuore del problema:

Non credete come Forum che ci sarebbe bisogno di una più grande alleanza per un dialogo proficuo sulla giustizia sociale senza bisogno di chiedere una conferenza nazionale sulla famiglia continuamente rinviata che produce poi documenti destinati a restare tali?

«Sono d’accordo. Basta chiacchere e passiamo all’azione. Troviamoci, senza arroccamenti sulle proprie proposte, ma con la volontà di risolvere il problema alla radice». 

I dati sulla povertà mostrano una situazione sempre più critica per i nuclei con figli. Quale è il vostro parere sulle proposte avanzate dall’Alleanza contro la povertà in tema di reddito di inclusione sociale? E come valutate il tavolo avviato dal Ministro del Lavoro  per il Ria ( reddito inclusione attiva)?

«Le proposte per un Reddito di Inclusione, o qualcosa di simile, sono presentate da più parti e tutti e vanno tutte verso la direzione di fornire risorse a chi non ne ha. I metodi possono essere diversi, ma la finalità è tutto sommato la medesima. Quel che fa la differenza è l’approccio o il metodo “tecnico” di applicare la regola. Le  proposte del Forum delle  Associazioni familiari partono dal presupposto che la povertà va misurata “bene” per consentire interventi mirati ed equi. Per fare questo è necessario considerare il carico familiare in tutti i sui aspetti: dalla sua composizione (numerosità) alle situazioni che lo appesantiscono: monogenitorialià, vedovanza, disabilità e non autosufficienza di uno o più familiari a carico. Il Fattore Famiglia è basato su questo approccio e quindi ben si sposa come strumento per una misura attenta e precisa delle situazioni di povertà».

Ma, oltre allo strumento tecnico, rimane sicuramente il problema economico: quante risorse si possono impegnare in questo progetto?

«Il Ria (Reddito di Inclusione Attiva), proposto dal Ministro del Lavoro, destina 1,5 miliardi di euro annuali. Da stime condotte da più parti, sembra siano risorse assolutamente insufficienti per dare una svolta al problema povertà. Secondo altre stime, legate ai progetti presentati da più parti, servirebbero, a regime, circa 15 miliardi all’anno».

E voi che numeri proponete?

«Noi del Forum abbiamo fatto un po’ di conti e ci siamo accorti che se redistribuissimo i famosi “80 euro” dei lavoratori dipendenti spalmati in proporzione del carico familiare, potremo togliere da sotto la soglia di povertà un bel numero di famiglie. E a costo zero, sfruttando meglio i 10 (sì, dieci) miliardi che costano gli attuali “80 euro”. Dieci miliardi redistribuiti meglio, accompagnati dai 1,5 miliardi proposti per il RIA del ministro Poletti, farebbero già un bel  pacchetto “anti povertà”. Poi le regole le discutiamo meglio, applicando magari il Fattore Famiglia alla redistribuzione».

Le proposte in campo come trattano il parametro famiglia a vostro giudizio?

«La proposta di Sel (reddito minimo garantito -Rmg), per esempio lo considera almeno per i primo tre figli a carico. IL Movimento 5 stelle con al sua proposta adotta dei coefficienti, a nostro avviso, un po’ bassini. IL Reis (proposto da più movimenti ed associazioni con Acli e Caritas) si basa sull’attuale Isee, uno strumento che è stato dimostrato più volte non sufficientemente adeguato alla valutazione del carico familiare. In ogni caso, questi strumenti andrebbero rivisti, anche in base ai dati e alle stime Istat. Per ora non siamo ancora in grado di valutare la proposta del Ministero (Ria) in quanto non abbiamo ancora in mano un regolamento articolato e completo. Aspettiamo ancora il tavolo.

Che giudizio complessivo date sulle proposte di reddito di dignità avanzato dalla campagna “Miseria Ladra” (Libera) che sta ricevendo l’appoggio di alcune forze politiche? Non sarebbe un modo per sostenere anche le donne sole in attesa di un figlio senza ricorrere al solo sostegno dei volontari come avviene attualmente?

«Il reddito di cittadinanza richiesto dalla campagna “Miseria Ladra” si allinea alle varie proposte, ma non mi risulta abbia già un suo metodo applicativo definito. Miseria Ladra propone anche altri interventi, non solo il reddito minimo. Questo rende più che mai importante un confronto per una convergenza sui metodi e sulle regole di applicazione delle vari proposte. E’ fondamentale che si possa convergere su qualche cosa di ben definito e condiviso, sfruttando, è il mio pensiero, anche ottimizzazioni di quanto già in atto   (vedi, come esempio,  gli “80 euro” redistribuiti ed il Fattore Famiglia nell’imposizione fiscale)».

Oltre una diversa considerazione dell’Isee, ci sono altri elementi che potrebbero costituire elemento di dialogo con il gruppo di lavoro, coordinato dal professor Cristiano Gori, che ha elaborato la proposta del Reis (Alleanza contro la povertà)?

«Inviterei ad un serio confronto a partire dal trattamento degli incapienti che sono quei soggetti che, al momento, non possono vedersi riconosciute integralmente le detrazioni fiscali perché superiori alle imposte da loro dovute. Incapienza vuol dire povertà. È la condizione di molte famiglie che hanno un credito verso lo Stato che praticamente viene annullato. Con il Fattore famiglia proponiamo di riconoscere, in questi casi, una tassazione negativa che corrisponde ad un assegno erogato alla famiglia incapiente. 

Questa operazione è stata oggetto di uno studio dell’Università telematica della Sapienza di Roma (Unitela Sapienza), commissionato dall’Associazione nazionale dei tributaristi. Ebbene con l’applicazione del Fattore famiglia (compresi gli assegni per gli incapienti) avremmo un  minore introito fiscale di 14 miliardi di euro associato, tuttavia, alla crescita dei consumi  per 11,7 miliardi, recupero Iva per 2 miliardi e  altri 3,2 miliardi da altre imposte con la conseguenza, relativa all’economia reale, di creare 200 mila posti di lavoro e far superare la soglia di povertà ad un milione di famiglie. Non mi sembra poco!  Ne possiamo parlare seriamente?».

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