Firenze, crollo sul lungarno: danni per 5 milioni di euro

La procura indaga sulla voragine che si è aperta a pochi passi da Ponte Vecchio e dagli Uffizi. Sotto continuo controllo gli argini dell'Arno, che hanno mostrato minimi spostamenti
Crollo sul lungarno a Firenze foto Ansa

L’incidente che manda Firenze in mondovisione avviene mercoledì 25 maggio alle 6.15 del mattino, quando un pezzo del lungarno Torrigiani collassa su sé stesso, risucchiando per poco più di cinque metri una ventina di auto parcheggiate: la voragine apertasi è lunga circa 200 metri e larga 7, a pochi passi dal celebre Ponte Vecchio, a un passo dagli Uffizi.

 

In realtà, è già appurato, le avvisaglie erano arrivate già sei ore prima e alcune altre, più leggere ma che avrebbero potuto essere meglio accertate, il giorno prima. Martedì 24 maggio, infatti, per l’intera giornata in buona parte di Corso Italia era mancata l'acqua: l’acquedotto era stato ovviamente avvertito, rispondendo che non era successo nulla e che probabilmente si trattava di un guasto condominiale. Già intorno a mezzanotte, alcuni cittadini ed esercenti locali si erano imbattuti in un “fiume d’acqua” sul lungarno, che li aveva bloccati all’interno degli edifici. La situazione, con l’arrivo dei vigili del fuoco e il deflusso dell’acqua, era sembrata tornare alla normalità. Poi lo smottamento:«un crollo lento, durato alcuni minuti: il cratere – ha spiegato Maurizio Maleci della direzione regionale dei Vigili del Fuoco – si è allungato per 80 metri, si allargato per oltre sette e ha scavato la terra per quattro metri portandosi dietro una ventina di auto parcheggiate».

 

Le cause ipotizzate

Lo storico Niccolò Capponi ha spiegato ai colleghi del Corriere fiorentino: «Che sia una zona fragile non ci sono dubbi e non è un caso che il palazzo del Quattorcento dove vivo, proprio davanti alla voragine, si chiamato “Palazzo Capponi alle rovinate” e che Cosimo I de’ Medici proibì di costruire in questa zona per pericolo crolli».

 

A dare inizio al crollo è stata la rottura di un tubo di 70 cm di diametro. Un’ipotesi accreditata al momento è che sia stato chiuso un tubo (dopo un altro, vicino, chiuso giorni prima), aumentando la pressione in quello rimasto, appunto di circa 70 cm, agevolando il rischio di un 'colpo d'ariete', ossia di un botto per troppa pressione. Forse proprio il boato sentito da un portiere di via de' Bardi, accanto al luogo del disastro. Intanto Alessandra Biserna, referente per la Toscana del Consiglio nazionale dei Geologi, afferma che sebbene sia improbabile che sia avvenuto improvvisamente, è altrettanto certo che dal momento in cui il fenomeno si innesca, la situazione può evolvere rapidissimamente. Tecnicamente, è possibile che la pressione dell’acqua fuoriuscita dal tubo di 70 centimetri eroda il terreno in pochissime ore, sebbene segnali lievi ma importanti per un occhio più esperto siano riconoscibili. Risalire ai dati sulla pressione della condotta potrebbe essere un indizio utile per ricostruire l’evento.

 

 

Il Comune di Firenze e Publiacqua

Alle 7 di mercoledì il sindaco Dario Nardella è già sul posto, pallido: la strada è devastata, anche se gas o esplosioni non c'entrano niente in questa storia. La voragine è un lago d'acqua, i vigili del fuoco e le autorità lavorano senza sosta ed in mattinata si decide di evacuare due palazzi per precauzione. A fine mattinata, al termine dell’unità di crisi convocata dal sindaco, la città viene informata che nella mezzanotte precedente “Il sistema telemetrico di Publiacqua registra un calo di pressione” con una perdita in un tubo del lungarno Torrigiani, proprio dove quei residenti avevano chiamato il 113 perché la strada si stava allagando a causa della perdita di un tubo più piccolo, che in quanto rotto viene chiuso alle 3.20, non facendo più segnalare cambi di pressione". Ma alle 6.15 a cedere è il tubone, una condotta in ghisa degli anni ’50: a quel punto il lungarno è già crollato.

 

L’amministratore delegato di Publiacqua, Alessandro Carfì, spiega: “Non sappiamo ancora se la rottura è una causa o la conseguenza dello smottamento: potrebbero esserci stati altri canali interessati”, evocando il canale ottocentesco che dalla pescaia di San Niccolò corre fino a Ponte Vecchio lungo il fiume.

 

Ma «i vigili del fuoco non hanno riscontrato danno o cedimento nel canale e la causa altamente probabile è legata a rete idrica e sistema tubature. Mi convinco che ci sia un errore umano e chi ha sbagliato dovrà pagare» ha tuonato il sindaco Dario Nardella, in un rimbalzo di pareri: le tubazioni dell’acquedotto in quel tratto del cuore di Firenze hanno sessant’anni e sarebbero state cambiate entro due anni secondo il programma di Publiacqua, come confermato dal presidente della società, Filippo Vannoni.

 

Ed ora?

Adesso Lungarno Torrigiani è in sicurezza ed i palazzi non sono in pericolo, ma qualche preoccupazione la danno le spallette dell’Arno: i geologi mercoledì sera hanno registrato uno spostamento di 0,77 millimetri l’ora, pressoché impercettibile, ma costante. Certo, se il crollo fosse accaduto più in tarda mattinata, la tragedia sarebbe stata inevitabile ma, al di là di toni catastrofistici che, come ha evidenziato il nostro direttore Michele Zanzucchi, lasciano il tempo che trovano, è bene prendere atto di un danno che, al momento, si aggirerebbe sui 5 milioni di euro. “Un danno notevole con compromissione di un tratto del muro d’argine che andrà rifatto. Si tratta di un lavoro lungo, non so quando potrà essere riaperto il Lungarno che è un punto strategico per la città”, afferma ai colleghi dell’Adnkronos, Vittorio Doriano, altro geologo. Intanto dalla Procura è stata aperta un’inchiesta, per ora senza ipotesi di reato né indagati, atta a verificare l’ipotesi di sottovalutazione delle perdite: la polizia giudiziaria si è già presentata nella sede di Publiacqua, società che gestisce l’acquedotto di Firenze, chiedendo la documentazione dettagliata.

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