Fine della saga dei Fujimori?

Col capostipite della famiglia ricondotto in carcere e con Keiko, figlia e leader politica, dietro le sbarre, il loro partito registra la defezione di una ventina di deputati e oggi non ha più la maggioranza in Parlamento. La politica nazionale inizia un nuovo capitolo
Martin Vizcarra

La saga dei Fujimori è prossima alla fine? Pare proprio di sì. La riforma della magistratura promossa dal presidente Martín Vizcarra, ha contribuito a smantellare una rete che agiva a latere del potere politico, in gran parte utilizzato dai Fujimori e dal loro partito, Fuerza popular. Oggi, con il capostipite Alberto rispedito in carcere, nonostante la sceneggiata organizzata per giustificare l’indulto concesso senza i requisiti di legge e pertanto annullato, e con la leader del partito, sua figlia Keiko, anche lei dietro le sbarre in attesa di giudizio – per riciclaggio di denaro e finanziamento illegale della sua campagna elettorale –, il partito ha perso 20 dei suoi 73 parlamentari, su un totale di 130 membri dell’unica camera del sistema legislativo peruviano.

Keiko non aveva ottenuto la presidenza per appena 40 mila voti, ma poteva controllare a piacimento il parlamento, con la maggioranza assoluta del suo partito. Infatti, è riuscita a neutralizzare il governo del predecessore di Vizcarra, Eduardo Kuczynski, poi colto con le mani nel sacco a comprare voti per evitare il giudizio politico e quindi obbligato a dimettersi. Keiko ha cercato di fare lo stesso col governo attuale, ma le prove della connivenza del suo partito con magistrati senza scrupoli e la protesta popolare contro la corruzione hanno messo alle corde il gruppo. Gli scandali che si sono susseguiti dalla fine del 2017 in poi, hanno falcidiato Fuerza popular, provocando una crisi interna e modificando anche l’assetto delle maggioranze al momento del voto.

Il Perù è oggi una delle realtà più contraddittorie del Sudamerica. Possiede un’economia dotata di grandi potenzialità, tra le poche in crescita a tassi relativamente sostenuti, che sfiorano il 4%, ma registra anche tra i peggiori indicatori sociali della regione. Se l’inflazione è intorno al 2,5%, la disoccupazione è sotto il 7%. La crescita produttiva si deve alle cospicue risorse naturali di cui è dotato. Prevale però una cultura estrattiva, senza una produzione locale con valore aggiunto: si esportano materie prime e si importano prodotti elaborati.

Circa il 23% della popolazione non ha garantita l’assistenza sanitaria. Nelle aree urbane il 10% non accede alla rete d’acqua potabile e nelle zone rurali questa frangia si estende al 27%. La povertà colpisce ancora il 22% della popolazione. Sebbene l’istruzione sia estesa alla gran parte delle zone abitate, ovunque il livello non è ancora accettabile.

Sono zavorre che contribuiscono a frenare lo sviluppo di una Paese dotato di una popolazione peraltro dinamica e intraprendente. Le bustarelle per ottenere favori e potersi muovere nella selva intricata della burocrazia sono prassi normale. Avere un “santo in paradiso” è stata spesso la soluzione per andare avanti. Ma anche questi nodi preso o tardi vengono al pettine.

L’attuale presidente Vizcarra potrebbe essere l’unico capo di Stato dagli anni 90 in qua a non finire in galera o a non essere ricercato dalla giustizia per corruzione. Tutti gli altri, da Fujimori in poi, stanno facendo i conti con la legge e sono in situazioni compromettenti. Che almeno sia finito, o prossimo alla fine, il ricatto permanente alla governabilità praticato dal “fujimorismo” è quanto meno un fronte in meno della dura lotta che porta avanti l’attuale governo. Non è facile vincere la corruzione, ma si è dimostrato che non è impossibile.

 

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