Fincantieri e la mossa di Macron

Ragioni strategiche e di equilibri interni nella decisione del presidente francese di mettere in discussione l’acquisto del controllo, da parte italiana, dei cantieri navali STX. Le strade aperte alla credibilità del nostro Paese oltre le proteste
Kay Nietfeld/picture-alliance/dpa/AP Images

Fincantieri in questi anni è cresciuta assieme al mercato delle grandi navi da crociera e delle navi militari di piccola media dimensione.

Su spinta del governo francese con le cui aziende da anni collabora, si è aggiudicata il 66 % dei cantieri francesi STX messo all’asta nella liquidazione di una società coreana a cui il cantiere era stato venduto dallo stato.

STX è attivo nello stesso settore produttivo di Fincantieri, ma nei suoi grandi impianti in Bretagna è in grado anche di costruire portaerei: la sua acquisizione farebbe crescere di un quinto la potenzialità produttiva di Fincantieri, consolidando con la Francia i rapporti nel settore della marina militare, come si sono consolidati i rapporti con la Cina quello nel settore civile.

Il settore più promettente è quello delle grandi navi da crociera che ormai si attrezzano con motori ad eco-combustibile: è anche notevole la richiesta di navi militari medio piccole, una specialità sia italiana che francese, utilizzate per la protezione delle coste dei Paesi più diversi.

Le moderne navi da crociera sono enormi palazzi galleggianti che nei porti di imbarco ingoiano ogni settimana migliaia di turisti,  che scaricano per alcune ore nelle calli di Venezia,  nei paesini delle Cinque Terre, nelle strade che scendono verso il porto di Barcellona, nei ristorantini del centro storico di Lisbona, là dove si canta il “fado”, e così via.

Anche se ultimamente i loro percorsi sono stati limitati ai Paesi “sicuri”, il turismo di crociera è un settore in crescita,  come anche la richiesta di navi per le marine militari, ma la conduzione dei cantieri non è sempre semplice: la storia di STX conferma che i problemi di gestione avevano portato il precedente governo francese a vedere di buon occhio la entrata in campo di Fincantieri.

Il presidente Macron ha però cambiato idea: se Fincantieri non accetterà una compagine azionaria al 50 %  francese ed italiana, il governo eserciterà il diritto di prelazione che ha sulle ex aziende pubbliche, facendo tornare tale la STX. Soddisfatti i sindacati, i quali pensano che, in tal modo,cresca la loro influenza. Incerto il governo stesso, che mentre annuncia la statalizzazione, afferma di voler fare  marcia indietro appena possibile.

Fincantieri ha subito un crollo in borsa ed il vice ministro italiano per l’economia Calenda ha protestato apertamente per il sopruso subito dall’Italia: le proteste di Calenda sono motivate, è  difficile trovare le ragioni economiche o giuridiche di questo cambiamento di rotta. Italia e Francia hanno la stessa moneta, seguono le stesse regole della Comunità e della Corte di Giustizia Europea; gli interessi francesi non dovrebbero avere nulla da temere da una gestione italiana, come quelli italiani non ne dovrebbero avere problemi per le gestioni francesi di Telecom, Parmalat e delle grandi aziende italiane di moda diventate di loro proprietà.

Forse entrano in gioco altri fattori: dopo essersi inimicato l’Esercito per aver annunciato il taglio delle spese militari che ha portato alle dimissioni il capo di stato maggiore, forse Macron non vuole inimicarsi la Marina, lasciando a guida italiana uno dei più importanti cantieri militari francesi, soprattutto nei giorni in cui Fincantieri si è aggiudicata in Medio Oriente un grosso ordine di navi militari che avrebbe potuto finire in Francia.

Che fare adesso? Non so immaginare un Gentiloni che affronta a muso duro Macron: non  credo che siano utili posizioni muscolari che esasperino la situazione,  penso che all’Italia convenga accettare con magnanimità una sconfitta che sembra molto di facciata, visto che nessuno sta mettendo in discussione la gestione di STX da parte di manager di Fincantieri. L’Italia, agendo con moderazione, si creerebbe un credito da spendere, se necessario, in atteggiamenti meno flessibili in caso di iniziative francesi che vadano contro alla salvaguardia del lavoro in Italia.

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