Fertility day e dintorni

Le questioni che ruotano attorno alla scelta di un uomo e di una donna di avere un figlio sono molteplici e complesse e non possono essere modificate da una giornata di informazione scientifica. Nonostante le intenzioni dichiarate, il ministero ha peccato di presunzione scegliendo una campagna pubblicitaria banalizzante e paternalistica
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In questo ultimo scorcio d’estate, in attesa di tuffarci a capofitto nelle polemiche politiche che ci accompagneranno fino al Referendum costituzionale, il panorama politico culturale si è animato intorno alla pubblicizzazione del Fertility day, “Giornata nazionale di informazione e di formazione sulla fertilità", istituita dal ministero della Salute con l’intento di riscoprire il “Prestigio della maternità” (e la paternità?).

 

Già lo scorso anno il ministero ha pubblicato un Piano nazionale per la fertilità, “Difendi la tua fertilità, prepara una culla nel tuo futuro”, che cercava di analizzare la situazione italiana in merito alla fertilità ponendosi cinque obiettivi: informare i cittadini sul ruolo della fertilità e sulla sua durata; fornire assistenza sanitaria qualificata per difendere la fertilità; sviluppare nelle persone la conoscenza delle caratteristiche funzionali della loro fertilità; operare un capovolgimento della mentalità corrente volto a rileggere la fertilità come bisogno essenziale non solo per la coppia ma per l’intera società; celebrare questa “rivoluzione culturale” istituendo il Fertility day.

 

Immagino che non fosse tra gli obiettivi dell’iniziativa pensare di risolvere, con una giornata di informazione, i problemi connessi con il declino demografico o rimuovere le cause ambientali e sociali che hanno condotto all’aumento della sterilità sia maschile che femminile, o tantomeno cambiare le politiche sociali che non sostengono le famiglie con figli, migliorando i servizi e aumentando gli sgravi fiscali; per non parlare poi di tutte le problematiche relative all’ancora irrisolta armonizzazione dei tempi di gestione lavoro-famiglia che complicano enormemente la vita e le scelte delle donne.

 

Le questioni che ruotano attorno alla scelta di un uomo e di una donna di avere un figlio sono molteplici e complesse e non possono essere modificate da una giornata di informazione scientifica che dovrebbe avere, né più né meno, lo stesso significato delle campagne di prevenzione dell’obesità infantile, piuttosto che delle malattie cardiovascolari che consigliano a tutti di fare una vita attiva e di mangiare in modo equilibrato.

 

Certo la fertilità, pur essendo frutto di una funzione biologica che può risentire di terapie e di attenzioni preventive, è qualcosa che ha un valore esistenziale infinitamente più alto e più profondo di una qualsiasi altra caratteristica degli esseri viventi, perché chiama in gioco la capacità di scelta di un individuo, il rapporto affettivo con un altro con cui progettare una vita insieme, condividendo la crescita di un figlio; perché è frutto di una storia personale e di rapporti affettivi che possono aprire, o piuttosto impedire, che questa capacità procreativa si sviluppi e dia frutto; perché la fertilità si inserisce in un orizzonte valoriale che ci fa credere che valga la pena mettere al mondo un figlio, perché c’è un mondo capace di accogliere l’esistenza preziosissima di un figlio desiderato e amato, fin dal momento in cui il desiderio di lui si affaccia alla mente e al cuore di un uomo e di una donna.

 

Sappiamo bene poi che nonostante il giro milionario di affari che c’è dietro alla sterilità tra cliniche e centri pubblici e privati che cercano di “mettere un figlio in braccio” ad una coppia, la percentuale di successi  è ancora poco incoraggiante e i fallimenti generano frustrazioni e crisi, personali e di coppia, difficili da sanare.

 

Nonostante le intenzioni dichiarate, però, il ministero ha peccato di presunzione scegliendo una campagna pubblicitaria banalizzante e, per certi versi paternalistica che, lungi dall’aver stimolato la riflessione sulle problematiche scientifiche e comportamentali della “salute riproduttiva” (terminologia riduttiva di una dimensione che abbraccia tutta la persona) ha invece suscitato rabbia, scatenando le reazioni molto polemiche praticamente di tutti.

 

È stato un errore di metodo e di merito. Se, infatti, al ministero della Salute qualcuno ha pensato di orientare in senso riproduttivo le scelte dei nostri giovani o di risolvere la sterilità con il Fertility day sappiamo bene che è un’illusione o peggio ancora sintomo di demagogia.

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