Fede e religione ai tempi del coronavirus

Nonostante le messe via Internet, non diminuisce il desiderio dei parrocchiani di restare in rapporto e fare comunità. I racconti di una strano inizio di Quaresima in Nord Italia

Nella passata settimana, nelle chiese delle regioni del Nord Italia sono state sospese le celebrazioni delle messe feriali e tutte le varie attività dall’oratorio. Dal catechismo per ragazzi fino alle serate e ai corsi formativi per adulti. I vescovi delle varie Conferenze episcopali regionali si sono adeguati al volere delle istituzioni civili, all’invito della politica, di evitare assembramenti di persone, circostanza che poteva e può veicolare ogni tipo di virus.

Ma la sospensione delle celebrazioni eucaristiche ha creato non poco scontento, tra chi è abituato a questa forma di preghiera quotidiana. Evitare assembramenti è stata la motivazione, ma perché solo in chiesa e non al supermercato, uno dei tanti posti ben più affollati di una chiesa durante la celebrazione della messa? «Persino il mercoledì delle ceneri, inizio della quaresima, non c’è stata nessuna celebrazione», è il lamento di una devota madamin sulla settantina. La rinuncia a partecipare alla messa feriale e in alcune regioni anche a quella di domenica 1 marzo, ha provocato reazioni e riflessioni, nonché la novità di vedere tanti sacerdoti che sono entrati nelle case dei loro parrocchiani con la messa celebrata in diretta su Facebook.

Per fortuna, inoltre, in tante chiese è stata distribuita l’eucarestia in diversi intervalli della giornata. Un signore relativamente giovane mi racconta di aver partecipato ogni giorno alla messa celebrata dal suo parroco via Internet. «Molto bello, eravamo non più di una decina, attorno all’altare. Non potevamo rispondere, ma davvero s’è creata un’intimità bellissima col Cristo».

Certamente questa settimana ha posto i credenti davanti a domande fino ad ora mai sorte. L’emergenza coronavirus ha fatto riemergere un forte bisogno di comunità. Chi partecipa dell’esperienza cristiana sa che non si salva da solo, che la propria vita la vive nella comunità, con gli altri. Ed ecco che sorge una domanda: cosa vuol dire oggi, annunciare il Vangelo? Adeguarsi al modus vivendi o avere il coraggio di andare controcorrente? Andare controcorrente, ma come? Perché davanti alla paura del Covid-19 non ci sono stati grandi inviti a fare veglie e ad intensificare la preghiera, anche se papa Francesco ha pregato per gli ammalati, i familiari e le vittime. Una volta i preti ricordavano ai loro parrocchiani che la preghiera comune in chiesa alimentava speranza e solidarietà. Si credeva che motivazioni, forti e spirituali, aiutassero a resistere e a vincere le malattie.

Domande e risposte soddisfatte o rimaste “sospese”, sta di fatto che l’annuncio della Parola di Dio può essere veicolato nei modi più impensabili ed essere accolta da un più vasto uditorio. Preghiera corale, preghiera personale, nella chiesa gremita o nel silenzio della propria camera. L’intimità con Dio è e rimane la cosa importante per “ascoltare e accogliere la sua voce”.

E poi è pur vera la proposta di don Valentino Porcile, parroco a Genova, per questa quaresima: spegnere almeno due ore al giorno WhatsApp per avere il tempo di guardarsi negli occhi, parlarsi, dedicare tempo a chi è meno fortunato di noi. Troppo facile il digiuno dal cibo. «Mi piace molto l’idea di vedere Gesù che mi prende l’iPhone, me lo butta nel lago di Tiberiade, e mi dice: “Lascia le tue reti wireless, e seguimi”».

 

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