Far politica nella tempesta, alle radici della Liberazione

In occasione della festa della  Liberazione, ripubblichiamo l'intervista ad Anna Vinci, scrittrice e biografa di  Tina Anselmi, staffetta partigiana a 17 anni, esempio di impegno nella costruzione della Repubblica. Una lettura sull'attualità del percorso di vita della prima donna ministro che ha introdotto il sistema sanitario nazionale in Italia e ha svolto un compito decisivo come presidente della commissione parlamentare d'inchiesta sulla loggia P2. Dagli scritti della Vinci la Rai ha prodotto il film per la tv "Tina Anselmi. Una vita per la democrazia"  
Donne resistenza archivio Isbrec

La centralità del Servizio sanitario pubblico davanti all’avanzare della pandemia da Covid-19 ha fatto riscoprire l’opera di Tina Anselmi (1927-2016), ministro della Sanità che introdusse il Ssn in Italia nel 1978. Una donna che ha attraversato le tempeste del suo tempo.

Tina Anselmi, seconda da sx, archivio AV
Tina Anselmi, seconda da sx, archivio AV

Dalla scelta di entrare nella Resistenza a 17 anni davanti alla strage nazista dei giovani impiccati per le strade nel paese dove frequentava la scuola superiore (Bassano del Grappa), fino alla presidenza (1981-1984) della Commissione bicamerale di inchiesta sulla Loggia massonica P2 di Licio Gelli, dove ha combattuto contro le trame occulte che minacciano l’esistenza stessa della nostra Repubblica.

Per avvicinarci a tale figura abbiamo intervistato Anna Vinci, scrittrice e saggista. Coautrice del libro autobiografico della Anselmi, Storia di una passione politica (Sperling & Kupfer, 2016), e del libro La P2 nei diari segreti di Tina Anselmi (Chiarelettere, 2014).

La nostra Costituzione è il frutto di una ribellione morale che ha portato molti giovani dell’epoca a partecipare alla Resistenza. Cosa ha significato per Tina Anselmi?
Parlerei di una passione per la verità. La sua vita è stata sempre guidata da una capacità di tradurre il pensiero in fatti. Il suo modo di vivere la fede, assieme ai suoi valori, la guidarono a questa scelta, drammatica e dolorosa, della resistenza al nazifascismo.

Da che formazione proveniva?
Hanno marcato la sua formazione, più di altri pur importanti, la nonna e il padre. La prima, vedova a 24 anni, gestiva un’osteria, era molto attiva e presente. Il papà era un socialista legato alla figura di Matteotti. La scelta della Anselmi di stare dalla parte delle vittime è stata molto chiara. Diceva che se non scegli, se non prendi una parte, finisci per sostenere il carnefice. Una cattolica democratica formatasi nell’Azione Cattolica, leggendo Maritain e i filosofi francesi all’epoca vietati in Italia.

Colpisce, nella sua vita, l’amore della sua giovinezza rimasto intatto nel tempo…
Aveva un profondo senso di rispetto per la sua vita privata. Era severa, in primis con se stessa, ma capace di tenerezza, che si manifestava in famiglia, con le nipotine amate, con gli amici e le amiche di una vita. Lei si innamorò di un giovane partigiano, Nino, che morì in sanatorio subito dopo la guerra. L’amore a cui rimase legata tutta la vita. Infatti portò con sé nella tomba il rosario, un fiore del suo giardino e la foto di Nino.

Da sindacalista delle lavoratrici delle filande, la Anselmi ha affrontato i problemi dello sfruttamento del lavoro. Cosa dice oggi ai lavoratori precari e sfruttati?
Aveva una sensibilità curiosa e attenta agli altri, un “talento” raffinato dalla fede senza orpelli. Riuscì ad avvicinare le lavoratrici grazie a una loro collega e sua amica, Francesca Meneghin. Era naturalmente empatica con i lavoratori e in grado di cogliere la sudditanza femminile dell’epoca nei confronti dei datori di lavoro, padroni in fabbrica e dei “padroni” nelle case, padri, mariti, fratelli. Le donne all’epoca erano sottomesse non solo dal punto di vista psicologico ed economico, ma anche giuridico. Era in grado di cogliere quel dettaglio in grado di fare la differenza, come le mani “lessate” delle lavoratrici delle filande.

Quanto incise questo impegno nella sua successiva azione politica?
Al primo posto poneva le necessità degli altri. Appena arrivò al ministero della Sanità fu attenta a tenere le distanze, togliendo, con garbo e decisione, potere ai corrotti e riuscendo a istituire il Sistema sanitario nazionale la cui realizzazione aspettava da 14 anni per i troppi “interessi” che giravano intorno.

Durante un viaggio di scambio fra giovani democratici di Europa e Stati Uniti, fu ricevuta alla Casa Bianca, dove incontrò il presidente John Fitzgerald Kennedy e suo fratello Robert. Cosa si dissero?
I fratelli Kennedy volevano sapere il perché delle riserve dei giovani europei verso la democrazia statunitense. Tina rispose sinceramente che non potevano essere attratti da un sistema dove i Rockefeller e gli altri imprenditori americani finanziavano eserciti per reprimere le lotte sociali.

 

Tina Anselmi archivio vdp
Tina Anselmi archivio vdp

Come poteva la Anselmi far politica in un partito dalle tante contraddizioni come la Dc?
A questa domanda avrebbe risposto con un sorriso ironico. Poi avrebbe detto che la Democrazia cristiana nella quale si era iscritta era quella che guidò, non certo da sola, il Paese fino alla morte di Aldo Moro. Evento che ha segnato la fine di un progetto politico decisivo per la crescita della democrazia in Italia. Dagli inizi degli anni ’80, la Dc si trasformò in altro, ma Tina rimase fedele alla sua appartenenza cercando di tradurre la sua moralità in azione e contribuire a cambiare l’Italia. Ancora oggi, con tutti gli attacchi verso la sanità pubblica, l’impalcatura disegnata dalla Anselmi regge anche di fronte al coronavirus. Negli anni ’80 guidò la commissione parlamentare d’inchiesta sulla P2 e nel 1992 non fu ricandidata nel suo collegio di Venezia-Treviso.

Una persona del genere doveva essere nominata almeno senatrice a vita. E invece cosa è accaduto?
Ha pagato la sua azione forte contro la P2. Andò fino in fondo, contro un muro di potere maschile che metteva insieme pezzi dello Stato, banche, potere dello Ior sotto la guida di Marcinkus e molto altro. Con i servizi segreti “devianti”, non deviati. Questo lavoro contraddistinse la sua tenuta morale fondata sulla lotta partigiana, impegno che ha pagato, come tanti eroi borghesi. Tina diceva che per capire le radici della Repubblica bisogna leggere le lettere dei condannati a morte della Resistenza e il loro amore per la vita.

 LaPresse - P.G La folla nell'ultimo saluto alla Anselmi nel 2016
LaPresse – P.G
La folla nell’ultimo saluto alla Anselmi nel 2016

Un anno fa è uscita la notizia della realizzazione del film sulla vita di Tina Anselmi con Rai Fiction. A che punto è?
I grandi progetti hanno spesso bisogno di lunghi tempi. Raccontare la sua vita vuol dire rivivere una parte della storia d’Italia. Le sorelle, Maria Teresa e Gianna Anselmi, io stessa, coloro che si riconoscono nella storia, non solo politica ma umana di Tina, i cittadini di Castelfranco, noi tutti abbiamo una grande fiducia in Rai Fiction e rispetto nei confronti della sua direttrice, Eleonora Andreatta. Tina Anselmi si ritroverebbe, certo, in un film che narra la sua vita con “carne”, passione e ironia. Non amava la retorica né “i santini”.

Nota: Questo auspicio di Anna Vinci si è poi realizzato con il film per la tv “Tina Anselmi. Una vita per la democrazia” che la Rai ha deciso di mandare in onda il 25 aprile 2023.

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