Eventi musicali

All’Accademia di Santa Cecilia, fino a domani un concerto da non perdere. Direttore Antonio Pappano
musica classica

Capita raramente di assistere a dei concerti che sono autentiche rivelazioni. Soprattutto quando un’orchestra ed un coro sono ai massimi livelli di espressione e di preparazione. Mi riferisco al concerto che si tiene fino a domani a Roma, all’Accademia Santa Cecilia. Il direttore Pappano propone tre diversi brani, espressioni di differenti sensibilità tra fine Ottocento e prima metà del Novecento: il  Preludio al meriggio d’un fauno di Debussy, il Concerto per violino e orchestra di Schonberg e la Messe de Requiem di Fauré.

Il brano di Debussy, che commenta il poema di Mallarmé, inizia con l’assolo insinuante del flauto per poi caricarsi di “impressioni” sonore vai via più calde, liquide,  e avvolgenti. Ascoltandolo, non si può che pensare all’atmosfera panica di certi dipinti tizianeschi, come Il pastore e la ninfa di Vienna. Debussy frange la materia sonora in un pulviscolo emozionante, al pari di certi versi di d’Annunzio.

Il concerto per violino di Arnold Schonberg (1936) è affidato al solista Michael Baremboim, figlio del celebre direttore e pianista. Nei tre tempi del brano, i l violino acutizza al massimo la propria espressività, disumanizzando il suono con un virtuosismo al limite dell’ineseguibile e lanciandosi in un universo sonoro che frammenta, divide, esalta corde ed archetto in ritmi ora spezzati, ora stridenti, ora funambolici e suadenti, sostenuti dagli accordi  “strappati” dell’orchestra. Musica da impazzire, verrebbe da dire e così affascinante.

Passando al Requiem di Faurè sembra di entrare dalla terra ad una eccelsa dimensione di pace. E qui il coro ceciliano – merito del maestro Ciro Visco – fa prodigi. Una musica sussurrata, con crescendo e diminuendo improvvisi, in una melodia piana, distesa, che tocca l’anima. Fauré ha tolto il Dies irae catastrofico per farci vedere la morte come passaggio alla serenità. L’orchestra si fa trasparente, l’organo sostiene con delicatezza anche i due solisti, molto bravi,il  soprano Lisette Oropesa e il baritono Vito Priante. Dal calore sensuale di Debussy e dall’ acceso sole di Schonberg si è passati alla contemplazione eterea di Faurè. Pappano, che festeggia i dieci anni con Santa Cecilia, è ormai una cosa sola con la magnifica orchestra. E si sente. Da non perdere.

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