L'esperto risponde / Educazione

Ezio Aceti

Laureato in psicologia, consigliere dell’Ordine degli psicologi della Lombardia, esperto in psicologia evolutiva e scolastica, è nella redazione del giornalino Big Bambini in giro. ha pubblicato per Città Nuova: I linguaggi del corpo (2007); Comunicare fuori e dentro la famiglia (nuova ed. 2012), Crescer(ci) (2010); Mio figlio disabile (2011); con Giuseppe Milan, L’epoca delle speranze possibili. Adolescenti oggi (2010); Educare al sacro (2011); Mio figlio disabile (2011); Nonni oggi (2013); Crescere è una straordinaria avventura (2016); con Stefania Cagliani, Ad amare ci si educa (2017).

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Educazione

L’insegnante è un modello

La scuola è spesso in crisi: insegnanti e studenti faticano a trovare una intesa, e soprattutto la disciplina e l’attenzione sono merce sempre più rara. Quale deve essere secondo lei il corretto rapporto insegnanti-studenti? Ludovica di Foligno

Carissima Ludovica, la tua domanda pone al centro il rapporto fra docenti e studenti. È necessario allora porre l’attenzione sul valore educativo della scuola. Oggi, per fare l’insegnante, non basta più conoscere la propria materia, ma è necessaria una preparazione relazionale che l’università non sempre fornisce.

Infatti, mentre un tempo il paradigma che muoveva i rapporti nella società era caratterizzato dalla norma e dalle regole, spesso vissute e imposte in modo rigido e autoritario, oggi tutto è cambiato.

Il filosofo Galimberti, nella sua analisi sulla società contemporanea, dice che in questi ultimi quarant’anni, con l’esplosione dei mass media e l’invasione delle emozioni, sono avvenuti molti più cambiamenti che non nei 1970 anni di prima.

Una volta il professore veniva rispettato e spesso era temuto. Oggi ci si muove all’interno di mille emozioni e gli aspetti relazionali affettivi sono sempre più importanti nel processo formativo. Ogni professore deve sapere che è un educatore.

Un tempo l’insegnante era distaccato e il rapporto non era obbligatorio. In pochi anni, invece, si è passati da un rapporto troppo distaccato e distante, caratterizzato spesso da un autoritarismo esagerato, a un’interazione dove quasi non c’è più distinzione tra docente e studenti. L’esplosione delle emozioni ha travolto anche il confine etico-morale che deve caratterizzare la convivenza in classe.

Il rapporto quindi deve essere al centro del processo formativo. Un rapporto di stima e dialogo, concentrato su autorevolezza e rispetto. Essere insegnanti oggi comporta una serie di abilità e sensibilità che non sempre vengono prese in considerazione dagli organi competenti e dai dirigenti. Purtroppo le ristrettezze economiche e politiche non sempre favorevoli alla scuola determinano una poca considerazione di questa agenzia educativa che, insieme alla famiglia, è il vero tessuto connettivo della società italiana.

Avere educatori preparati professionalmente e umanamente comporta investire risorse non solo per la preparazione scientifica, ma anche per la preparazione umana ed emotiva, che favorisca la maturità di chi si appresta a un compito bellissimo e delicato come quello dell’insegnamento.

L’insegnante deve avere quell’autorevolezza che permette agli studenti non solo di imparare, ma anche di stimare il modello di persona che ha di fronte.

L’autorevolezza si conquista con ingredienti particolari:

1) la professionalità. Il docente ha il dovere morale di trasmettere il proprio sapere.

2) il rispetto e la serietà dell’impegno. L’insegnante deve essere un modello da imitare per i propri allievi.

3) lo stile fraterno. Il professore deve avere la pazienza del pedagogo, consapevole di avere a che fare con giovani in crescita.

Quindi occorre cominciare dalla consapevolezza che in classe l’aspetto relazionale è centrale. Per essere bravi insegnanti non basta più conoscere la materia, ma si deve instaurare un rapporto pedagogicamente corretto con gli studenti, dove chi sa di più si abbassa come un piano inclinato verso chi conosce meno e lo aiuta, mediante una relazione positiva e chiara, a conoscere le cose, il mondo e la vita.

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Educazione e gioco d'azzardo

I nonni facciano i nonni

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Ho sentito dire che dei nonni regalano ai nipoti il gratta e vinci: mi sembra folle, che fare?
Un mio carissimo amico, mi ha chiamato dicendomi di scrivere un articolo su un fenomeno che conoscevo poco : i nonni che regalano i “gratta e vinci “ai nipoti! Vi confesso che sono rimasto sbalordito . Mi sembra assurdo che anche noi nonni possiamo precipitare nella mentalità futile e profondamente superficiale di chi pensa che giocando alla fortuna prima o poi tutto si aggiusti. No e poi no! Le statistiche di quante persone e famiglie si sono rovinate con i giochi e le scommesse di vario tipo sono lì impietose ad indicarci quanto drammatica sia la situazione. Il fatto poi che i nonni, che dovrebbero essere la memoria positiva autentica e benevola del vivere, si mettano a regalare i vari gratta e vinci ai nipoti, è assurda e profondamente diseducativa. I nonni infatti rappresentano la continuità degli affetti , la memoria di chi ha sudato per vivere e soprattutto dovrebbero essere di esempio per i figli e per i nipoti. A maggior ragione in questo “ tempo cattivo” (così lo chiama Papa Francesco ) ove tutti tendono o a drammatizzare la situazione e dove la prima malattia d’Europa è la depressione! Se i nonni hanno imparato qualche cosa dalla loro vita  dovrebbero incitare tutti all’impegno e alla fatica per poter superare e migliorare le fatiche della modernità. Insomma è arrivato il momento di mettere in campo quante più risorse intellettive, affettive, educative possediamo per poter traghettare verso il meglio e il nuovo questo mondo che arranca e fa fatica. Ma allora cosa possiamo fare noi nonni ? C’è un documentario bellissimo che, a mio parere, descrive bene il compito dei nonni oggi e riguarda la vita dei pinguini imperatori al polo. I pinguini imperatori infatti , quando il freddo si fa pungente e la bufera imperversa, si stringono l’un l’altro in cerchio per proteggere i piccoli e per scaldarsi a vicenda. Questo è il compito dei nonni. Per primi dovrebbero indicare ai figli e ai nipoti che la volontà e l’impegno sono gli ingredienti necessari per resistere alle fatiche e per sollevarsi durante le intemperie. I regali allora , al posto di esser legati alla futilità e alla fortuna menzognera come lo sono i "gratta e vinci", dovrebbero essere quelli legati a stimolare nei nipoti l’impegno e la solidarietà, la fratellanza e la sorellanza universale. Un buon libro , un giocattolo che stimoli la fantasia e l’altruismo, una fotografia di un bambino sopraffatto dalla miseria che invogli il nipote a mettere i propri risparmi a suo favore, una videocassetta di un film che stimoli la solidarietà , ecc….sono tutti regali che testimoniano la verità dell’amore. Perché i nonni non possono pensare che la vita sia fortuna o sfortuna, ma possono testimoniare che merita di essere vissuta sempre, sia quando il tempo è buono che quando è cattivo. Solo che per fare questo occorre elevare il canto della vita che è il canto dell’amore , dell’impegno della solidarietà- e della fatica. Per favore carissimi nonni, fate i nonni. Perché essere nonno significa la cosa più bella che ci sia: avere la possibilità di donare il meglio ai nipoti alle generazione che verranno dopo di noi. E non è questa il regalo più bello?

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Nuove tecnologie

Youtuber, chi sono e cosa fanno?

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"La Rete è piena di video, molti sono fatti da persone inesperte, ma ve ne sono altri pericolosi, che istigano al male, spesso girati da youtuber. Ma fin dove si può arrivare? Cosa si può fare? Dobbiamo preoccuparci?". Un papà preoccupato


Chi non ha mai visto un filmato su YouTube? Chi non ha mai guardato un video sulla Rete? Siamo ormai tutti digitali. Naturalmente le persone più anziane lo sono meno, mentre i nativi digitali oggi lo saranno tutti. La Rete ha cambiato il mondo. Il modo di vivere, di amare, di gioire, e anche di… soffrire. Tutto ciò ci ha dato una nuova casa, una nuova identità: l’identità mondo. Oramai non ci sono più solo gli abitanti di un paese o di una città, ma della Rete. Ed è una Rete che si alimenta di video, immagini, ad una velocità supersonica, tanto che si è calcolato che più di un miliardo di persone si collegano tutti i giorni mentre oltre 100 filmati vengono caricati ogni minuto sulla Rete. Ma chi sono gli youtuber? Il dizionario Treccani cita cosi: Persone, di solito giovani, iscritte alla comunità del sito di condivisione YouTube, che caricano video originali in cui si esibiscono in una sorta di spettacolo personale, consistente nel commento più o meno scherzoso delle fasi del videogioco in cui si è impegnati, nelle imitazioni di celebri cantanti pop e simili, ottenendo talvolta popolarità e successo commerciale. In definitiva si tratta di giovani che commentano in rete videogiochi, cioè giocano e nel frattempo lanciano battute, urla, parolacce, in una sorta di esegesi sovreccitata. Ma non è solo questo. Perché sulla scia dei video in Rete è nato un vero e proprio business commerciale, ove la pubblicità cerca di espandersi a macchia d’olio… pardon, di video. Ed è proprio questo mondo che ha generato nuove figure professionali lavorative e fra queste lo “youtuber”. Lo scopo dello youtuber è preparare video in grado di catturare più persone possibili, per avere introiti dalla pubblicità (che viene allegata al video). E i guadagni sembrano facili… Tutto è legato al numero di visualizzazioni del filmato (e soprattutto della pubblicità allegata). Di fronte a questo “spettacolo virtuale", una schiera di giovani e adolescenti si sono buttati a capofitto per essere protagonisti nella Rete. C’è chi lo fa come professione (parliamo dello youtuber in senso stretto), ma c'è anche chi lo fa per essere visto, per avere followers, consensi, visualizzazioni. Al fondo c’è il desiderio di essere al centro dell’interesse… Il fatto è che, pur di inseguire attenzione e visualizzazioni, nella Rete si trova di tutto…., fino all’estremo. Dai video più semplici, scherzosi ed ingenui, a quelli erotici, fino a quelli più perversi e trash. Per non parlare poi di quelli pericolosissimi girati in circostanze estreme, come quelli a tutta velocità su un'auto, con amici goliardici incuranti del pericolo per loro stessi e per gli altri. Purtroppo le cronache di questi mesi mostrano la scelleratezza di questi giovani e adolescenti che hanno causato incidenti mortali. Il fenomeno è ormai vasto, anzi… mondiale, e sembra difficile da governare. Al fondo del fenomeno vi sono tre grandi pensieri:
  • Quello del guadagno facile: perché se le visualizzazioni sono moltissime, le aziende stipulano contratti con gli youtuber che possono fruttare molto, anche se tutto questo non è facile perché occorrono competenza e professionalità nel girare i video.
  • Quello del guadagno immorale: riguarda soprattutto i video pseudo pornografici, ove la donna viene presentata sempre più come “oggetto” del desiderio.
  • Quello della ricerca del sé: riguarda soprattutto la grande schiera di adolescenti e giovani che postano video girati artigianalmente con l’intento di ricevere attenzione e visualizzazioni.
Arrivati a questo punto, chiediamoci: cosa si può fare per cercare di regolamentare un fenomeno che rischia di sfuggire dalle mani  creando guai sempre più grandi? Tre sono gli interventi che si possono mettere in campo per cercare di dare una risposta concreta e soprattutto di largo respiro:
  1. Alfabetizzazione digitale: la Rete ha invaso il mondo e occorre conoscerla , governarla , saperla utilizzare il tempo giusto per evitare di diventarne dipendenti e schiavi. Ed è per questo che andrebbe spiegata nelle potenzialità e nei rischi sin dalle scuole elementari , in maniera tale che la si possa conoscere meglio per poterla gestire.
  2. Alfabetizzazione emotiva: è importante conoscere le proprie emozioni e quelle degli altri per comprendere le conseguenze delle proprie azioni e per capire che la costruzione della propria identità non è legata all’emozione del momento, ma ad un percorso valoriale più profondo.
  3. Alfabetizzazione etica e morale: è ormai indispensabile una educazione etica e morale mediante non solo la conoscenza dei valori che stanno a fondamento di ogni persona, ma anche delle semplici regole relazionali che permettono a tutti la convivenza positiva e benevola.
Il fenomeno che abbiamo descritto rappresenterà per il futuro un vero e proprio problema oppure, se sappiamo gestirlo, una opportunità. Come? Mediante la diffusione del bene, del positivo, insomma di tutto quanto sviluppa il meglio di noi. Anche se all’inizio i follewers saranno pochi, col tempo risulterà vincente, perché ciascuno di noi proviene dell’Amore ed è destinato all’amore. Ecco cosa dobbiamo fare!
Educazione

Un corso di alfabetizzazione genitoriale?

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Ho visto con molto interesse il primo video sull'alfabetizzazione genitoriale. Avrei piacere di vedere i successivi. Dove saranno pubblicati? Nello stesso social dove ho visto il primo? Un caro saluto, Fabiola


Salve, signora Fabiola, il corso di alfabetizzazione genitoriale di Ezio Aceti è partito il 9 giugno e continuerà gratuitamente con un appuntamento ogni secondo giovedì del mese: qui può leggere l'articolo del nostro esperto, in cui spiega nel dettaglio di cosa si tratta. Qui può trovare la seconda lezione. Se vuole, può vederla anche direttamente sul nostro canale YouTube. Il prossimo appuntamento, sempre su www.cittanuova.it, sarà per l'11 agosto. A tal proposito, la informo che Ezio Aceti terrà anche un corso di formazione agile sull'argomento, dal titolo: "L’abc per essere genitori. I primi cinque anni dei nostri bambini". Il corso prevede 8 webinar: le lezioni cominceranno l'8 settembre e potranno essere riviste anche successivamente. Gli appuntamenti successivi del corso si svolgeranno il primo e il terzo martedì del mese. Costo complessivo del corso di formazione agile: 56 euro. Per informazioni: rete@cittanuova.it. Per abbonarsi al corso di formazione agile clicchi qui.  
Adolescenti

Ragazzi, scuola, vaccini ed Epifania

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Continuo a sentire in tv “esperti” (!) che dicono che dopo l’Epifania le scuole devono rimanere chiuse. Lei che ne pensa? Un genitore


Il 6 gennaio ricorre la festa dell’Epifania, cioè della manifestazione di Gesù bambino al mondo. In questa bellissima festa, compresa da tutto il mondo, la grandezza del bambino sta nel suo amore passivo, umile, disarmante. È un amore che attira, attrae, perché indifeso e gratuito. Gesù bambino rappresenta tutta l’infanzia, cioè quanto di più prezioso ci sia perché il futuro, il mondo, la vita possano continuare mediante la tutela dell’infanzia. Ed è di questi giorni la notizia dell’infanzia colpita in modo particolare dalla nuova ondata di Covid. Se all’inizio della pandemia era importante tutelare più possibile gli anziani e i nonni ora, grazie all’enorme campagna di vaccinazione, il fronte si sposta sui bambini e sui ragazzi. E proprio perché i bambini e i ragazzi dipendono soprattutto dalle scelte dei grandi, è di estrema importanza che in questo “tempo cattivo” i grandi siano buoni. Buoni nel senso del bene, nel senso di mettere in campo tutto quanto possibile per promuovere il meglio per i nostri ragazzi. Solo che adesso la battaglia è diversa. Adesso possiamo imparare dall’esperienza di questi due anni di pandemia trascorsi. Alcuni dati clinici, riguardanti l’infanzia, sono lì a rammentarci quanto le scelte devono essere ben ponderate. Innanzitutto, costatiamo che i ricoveri nei reparti di neuro-psichiatria infantile relativi alle sindromi come ansia, depressione, bulimia, vamping (rimanere svegli tutta la notte a giocare o navigare in Internet) e anoressia hanno avuto un incremento consistente, a causa delle restrizioni e della didattica a distanza. Soprattutto i ragazzi pre-adolescenti, dai dieci anni in su, hanno sofferto più di tutti le conseguenze dovute alle limitazioni sociali e relazionali. Come psicologo infantile, poi, costato quanto sarebbe ulteriormente pesante costringere i nostri bambini e ragazzi ad una nuova forzata restrizione. D’altro canto non si può sottovalutare la violenza diffusiva di questa nuova ondata del virus. Allora cosa fare? Quattro proposte semplici:
  • vacciniamo tutti i bambini e ragazzi. È stato papa Francesco a ricordarci che vaccinarsi è «un atto d’amore per sé e per gli altri».
  • manteniamo aperte le scuole il più possibile. Con tutti gli accorgimenti necessari, ma è importantissimo garantire la scuola in presenza.
  • abbassiamo i toni dello scontro tra Vax e Novax, tra Dad e Nodad, fra i vari professionisti. Abbassiamo i toni perché i bambini ci guardano e imparano da noi ad affrontare le difficoltà. I bambini e i ragazzi hanno il diritto di vedere che nei momenti difficili i grandi, pur con idee contrastanti, evitano scontri violenti e cercano il bene possibile.
  • come credenti, chiediamo nella preghiera a Gesù bambino di illuminare le menti, soprattutto dei nostri medici ai quali va sempre il nostro plauso. Illuminare le menti per trovare le soluzioni sanitarie più aggiornate.
  Perché Gesù bambino è lì per offrirci i suoi doni. Sono doni di luce e di pace.   (Il 6 gennaio mattina, Ezio Aceti partecipa in tv alla trasmissione A sua immagine)
Scuola

Scuola: palestra di relazioni

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Ricomincia la scuola in presenza, dopo la pandemia e la didattica a distanza. Mi piacerebbe un suo commento e un suo consiglio a studenti e insegnanti. Un lettore


Da metà settembre in tutte le scuole d’Italia sono riprese le lezioni in presenza. Naturalmente è importante seguire tutte le indicazioni che permettono la convivenza sicura e protetta, affinché questo piccolissimo virus non si diffonda ulteriormente. Era importantissimo, però, riprendere la scuola in presenza perché la relazione faccia a faccia è insostituibile e permette la convivenza fra le persone umane. È fondamentale ricordare quanto siano importanti i cardini basilari affinché la relazione sia efficace e utile per i nostri ragazzi, per aiutarli in questo delicato momento. Ricordiamoci che la scuola non è solo un luogo d’istruzione, ma soprattutto di formazione ove la dimensione relazionale e umana contribuisce allo sviluppo psicofisico. Affinché tutti possano riprendere con maggior serenità l’avventura scolastica, ricordiamo tre cardini educativi fondamentali: L’ascolto L’uomo è un essere sociale. Il paradosso della condizione umana è che l’individualità si realizza solo nella relazione e che il soggetto non esiste al di fuori del riconoscimento reciproco con l’altro da sé. L’ascolto è allora la capacità più importante per la convivenza, perché un ascolto vero e autentico permette all’altro di scoprire sé stesso e soprattutto di sentire che è importante per gli altri. Ci sono tre modi di ascoltare, due delle quali sono difettose: ASCOLTO DISTURBATO: avviene tutte le volte che, mentre qualcuno ci parla, noi ci mettiamo a fare qualcos’altro o pensiamo ad altro, cercando di mantenere contemporaneamente l’attenzione sull’interlocutore e su quello che stiamo facendo. Questo tipo di ascolto, mortifica chi ci sta parlando perché non si sente compreso e lascia una scia di tristezza e di vuoto. ASCOLTO FRAMMENTARIO: avviene quando interrompiamo continuamente chi ci sta parlando per manifestare il nostro parere, impedendogli spesso di completare la frase. Quanto è antipatico questo modo di ascoltare! L’altro si sente umiliato e impedito nell’esprimere le proprie idee. ASCOLTO VERO E PROFONDO consiste invece nell’essere pienamente disponibile per l’altro, nel “fare il vuoto dentro di sé per accogliere quanto ci sta dicendo". Questo tipo di ascolto richiede due azioni particolari e cioè innanzitutto nel fare una “piccola violenza” su noi stessi per impedire al nostro pensiero di esprimersi mentre l’altro sta parlando, e poi soprattutto nel pazientare in modo che l’altro possa dire tutto quanto desidera. Carl R.Rogers (1902-1987), nel suo libro La terapia centrata sul cliente, parla di una “forza di base” presente nel cliente, definita “tendenza attualizzante”, considerata come la forza essenziale che è all’origine della crescita e dello sviluppo di ogni persona. L’ascolto profondo è quindi il presupposto per un rapporto empatico fra madre e bambino, fra partner, fra insegnanti e studenti, fra le persone in genere, per una comprensione profonda e reciproca, che accompagnerà per tutta la vita la relazione con gli altri simili. Questo modo di ascoltare si rende concreto semplicemente nel lasciar dire all’altro tutto quanto vuole e soprattutto nel mantenere alta l’attenzione nei suoi confronti. A questo proposito sono espressive le parole della grande filosofa francese Simone Weil quando diceva che “l’attenzione è la dimensione più bella fra gli esseri umani”. Sì, perché l’attenzione mi spinge verso l’altro, proteso nell’accoglienza piena: il risultato è che l’altro si sente accolto, amato e considerato. La parola Quanto è importante che il nostro parlare sia innanzitutto frutto dell’attenzione e dell’ascolto in modo tale che quanto si dice sia comprensivo del pensiero dell’altro, sia insomma un atto d’amore perché comprende il tempo che ho dedicato nell’ascolto. Ricordiamoci che la parola nutre, da senso, può fare miracoli se è espressa in maniera rispettosa e autentica. Inoltre il nostro parlare non deve mai essere volgare o sbrigativo, ma deve dare valore a quanto si dice. A questo proposito è importante, essere semplici, sintetici, chiari e soprattutto veri. Il nostro parlare sia sempre vero e autentico. Tutto ciò fa nascere la stima dell’altro nei nostri confronti e ricordiamoci che la stima è la forma più alta dell’amore. Quindi, in sintesi, dire e ascoltare rappresentano due cardini basilari di un processo educativo condiviso. Ascoltare e dire sempre, a fronte di attese, speranze, aspirazioni, diventano allora gli elementi fondanti di un’educazione come comprensione/condivisione. È così che l’educazione è sempre un rapporto fra soggetti. Solo da una visione dell’altro, come “altro da sé” e come “importante per me” può nascere un’autentica comunicazione. Il sostegno Insieme all’ascolto e alla parola, il sostegno si caratterizza nell’esprimere fiducia con gesti, intenzioni, propositi e con la parola espressa in un certo modo. È importante sostenere sempre, anche quando l’altro ha sbagliato. Il sostegno rappresenta la base della relazione. Infatti, se l’ascolto e la parola sono le ali che fanno volare chiunque e che permettono di avanzare, il sostegno ne è la base, è come l’humus del terreno educativo. Un’insegnante deve sostenere sempre, sempre, anche quando lo studente non ha studiato o si è comportato male. Infatti l’insegnante può dire «Guarda non hai studiato, ho dovuto darti una valutazione negativa», ma alla fine deve dire:”Sono però sicura che la prossima volta farai meglio!”. Il sostegno però richiede alcuni presupposti importanti:
  • avere una visione positiva dell’altro;
  • vedere sempre l’altro nell’attimo presente, dimenticando i torti magari appena subiti;
  • credere che tutti possono ricominciare.
  In conclusione Se l’insegnante farà attenzione nell’esercitare questi cardini educativi, l’esperienza della pandemia e della sofferenza lentamente rientrerà nella dimensione umana e gli studenti assaporeranno la bellezza dello stare insieme e soprattutto comprenderanno di avere adulti educatori che si interessano di loro. Perché, come diceva bene don Milani, l’educare è soprattutto il “prendersi cura”. Allora “I Care”, tutti insieme!  
Formazione

L’assenza del modello educativo maschile

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La scuola è chiusa , mio figlio di 9 anni è in didattica a distanza. Passa tanto tempo sui videogiochi e, anche se possiamo uscire per fare una passeggiata, da qualche tempo si rifiuta di farlo: preferisce il suo mondo virtuale. Come possiamo aiutarlo?


Questa domanda contiene alcuni aspetti che meritano di essere analizzati con il cuore aperto e disponibile a "mettersi in discussione". Gli aspetti sono :
  1. il problema inerente il timore della dipendenza dai videogame;
  2. il problema inerente il ritiro sociale;
  3. il problema della didattica a distanza.
Prima di iniziare a suggerire alcuni comportamenti corretti, forse è bene ricordare alcuni punti di partenza e cioè:
  • non succede mai che nell’educazione uno abbia ragione e l’altro torto, ma entrambi hanno ragioni e torti;
  • l’educazione è un processo che comporta il cambiamento di tutte le persone coinvolte.
La prima considerazione che mi sembra importante, e che mi è capitata spesso durante la mia attività di psicologo infantile, è legata al fatto che la domanda è posta quasi sicuramente da una mamma e riguarda il proprio figlio maschio. Vi garantisco che non è un caso! Sono infatti soprattutto i bambini maschi (con qualche eccezione delle femmine) che faticano a staccarsi dai videogame, che faticano a stare attenti in classe, a “seguire le regole”. Provate a sentire le insegnanti della scuola dell’infanzia e concorderanno su quanto detto. Perché? Semplicemente perché non hanno modelli educativi maschili con modalità relazionali da adulti verso i quali identificarsi. A parte i papà o qualche allenatore maschio, tutto il resto dell’educare è costituito da educatrici femmine (come le mamme e le insegnanti). Ecco perché la maggior parte dei ragazzi maschi oggi fa fatica a crescere e rimangono immaturi, ancora alle prese con comportamenti infantili. Se pensiamo alle dipendenze da videogame, alla irrequietezza scolastica, alla violenze dei bulli, alla violenza dei grandi (come la tragedia dei femminicidi), possiamo constatare che al fondo c’è una realtà ben chiara: persone che hanno una intelligenza nella norma, ma una capacità di contenere le emozioni e loro stessi ancora infantile, insomma persone immature, incapaci di accettare e stare nella realtà, con le sue norme e regole sociali. La richiesta della domanda presenta di fondo la stessa problematica: come aiutare il figlio a diventare grande, a cavarsela da sé, a essere maturo? Quindi chiediamoci : come aiutare i bambini (soprattutto maschi) a diventare adulti consapevoli, in grado di rispettare loro stessi e gli altri? Sono quattro, a mio avviso, le azioni da mettere in campo:
  1. la mamma e le figure femminili, se possono, dovrebbero sparire (sì, proprio sparire) o, detto in termini psicologici, cambiare e considerare figli e bambini come “altro da sé”, cioè come persone a loro affidate. Ciò comporta sostituire il metodo relazionale, tipico dei bambini piccoli («dimmi cosa hai fatto a scuola», «dimmi cosa fai adesso», etc...), con quello dei grandi («se vuoi raccontarmi come è andata mi farebbe piacere»). Questo perchè il metodo dei grandi comporta l’attesa , il contratto , l’accordo;
  2. cambiare molte dinamiche scolastiche. La scuola non è delle maestre e soprattutto i bambini debbono fare riferimento a loro stessi, devono prendere in mano il loro lavoro, la loro scuola. Perché la pulizia delle aule deve essere fatta dalla bidella? Perché i colloqui con i genitori devono svolgersi alle quattro del pomeriggio? É da folli inoltre avere insegnanti che decidono loro quando i bambini devono farsi interrogare. Quanto sarebbe bello dire: la classe è nostra e ce la puliamo noi; ai colloqui venite voi con i vostri genitori (possibilmente alle 8 di sera) perché riguarda voi; stabilite voi a turno chi vuole farsi interrogare. Insomma una scuola dove al centro c’è l’autonomia dei ragazzi che va incrementata e sviluppata, e non il rendere conto alle insegnanti o ai genitori;
  1. contrattualizzare tutto, come si fa fra persone grandi, dal tempo di utilizzo dei videogame allo studio. Nel contratto ciascuno dice ciò che pensa e dopo la discussione si arriva ad un accordo. Solo dopo l’accordo i genitori e gli educatori possono aiutare il figlio a rispettarlo: se ad esempio abbiamo concordato un’ora di videogame, al termine dell’ora si spegne il computer, tollerando che il bambino protesti;
  1. Il sostegno deve sempre essere messo in campo, cioè sostenere il diventare grande del bambino. Ad esempio con la mancia settimanale, che gli va data non perché è stato bravo, ma perchè è un suo diritto e spazio di libertà dove lui si gioca il futuro. Soprattutto sostenere ogni comportamento corretto e non ricordare sempre gli errori.
Vorrei concludere dicendo che l’assenza del maschio riguarda tutto ciò che caratterizza l’autonomia, la norma, la regola, l’autorevolezza, il diventare grandi. I nostri bambini sono abbandonati, sì, dico abbandonati, a un'educazione poco rispettosa delle capacità presenti in loro. Mi ricordo che avevo 18 anni, frequentavo l’università di Padova e allora il professore di psicologia infantile citava spesso una frase di Freud, che allora mi sembrava esagerata, ma che per me oggi è più che mai attuale: «Solo un padre che strappa il figlio alla madre lo salva». Strappare significa far comprendere al bambino che la madre che gli ha donato la vita e la sicurezza, che è sicuramente la persona più importante, non è sua e che lui se la deve cavare perchè ha tutti gli strumenti per farcela.  
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