Ennesimo divorzio all’italiana

L’Assemblea Pd finisce con l’annunciata separazione: Renzi contro la minoranza interna di D’Alema, Bersani, Speranza, Emiliano, Rossi… Nessuno ci guadagna, tantomeno l’Italia

Cosa resterà del Pd? Poco. Dopo l’Assemblea del partito e il teatrino della politica di sinistra ormai anch’essa un po’ troppo personalizzata, restano macerie che non sono comunque un bello spettacolo. Mentre nessuna area dell’arco parlamentare è immune da frammentazioni varie (fa pensare il destino della Seconda repubblica così simile a quello della Prima), l’ala ereditaria dei valori comunisti (Pds-Pci) sta andandosene dopo una stagione di interminabili mal di pancia schiacciata dal ciclone o ex-ciclone Renzi, che invece ha una matrice centrista e per certi versi (solo alcuni) anche cattolica. Forse era inevitabile arrivare al redde rationem tra tendenze così diverse.

Il divorzio non si sa ancora se porterà a due o tre nuovi partiti: sembrerebbe due, col nuovo gruppo all’orizzonte dei transfughi del Pd assieme ai transfughi filo-pisapiani di “Si”. Il progetto ulivista dell’ex sindaco di Milano attrae non pochi, e non è detto che alle prossime elezioni, forse un po’ più vicine, non porti a un’alleanza anti-M5S tra Renzi e lo stesso Pisapia. Chissà, forse è semplicemente fantapolitica.

Fatto sta che a sinistra non si riesce mai a restare uniti e a superare indenni la prova della durata governativa. Perché? C’è chi parla del “virus” marxista della contrapposizione (impossibile vivere se non “in opposizione” ad altro), chi della insanabile diversità di valori delle diverse estrazioni socialiste e popolari. Così ci si separa di nuovo, rischiando l’insignificanza (ai margini) e l’incapacità di governare (nella maggioranza della sinistra). Scrive Paolo Mieli: «A sinistra le scissioni conoscono solo un giorno di felicità». Perché «la scissione è menzognera…genera un sovrappiù di odio… non premia personalmente gli scissionisti, neanche a medio termine». Lucida analisi quella pubblicata dal Corriere della sera.

La disunità in politica non è mai auspicabile, né a destra né a sinistra, e nemmeno al centro. Ma a sinistra è sempre più dannosa, forse perché “unità” è termine usato più a sinistra che a destra. Accade come nelle famiglie, il divorzio raramente porta a un miglioramento della felicità della gente, è un’ammissione di sconfitta. Come nelle coppie, tale divorzio matura e scoppia perché troppo spesso difetta il senso della realtà e si pecca di perfezionismo (ognuno pensa cioè di essere “il” perfetto).

Andiamo avanti.

I più letti della settimana

Chiara D’Urbano nella APP di CN

La forte fede degli atei

Mediterraneo di fraternità

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons