Elogio del lino

Prezioso dono di natura, è una pianta antica dai molteplici usi. Quasi un gemellaggio tra Torino e Bayeux, dove sono custoditi i più celebri manufatti di lino esistenti al mondo
Sindone

Siamo a Torino. Quello conservato da oltre tre secoli in una teca dietro l’altare maggiore del duomo del capoluogo piemontese è il lenzuolo più famoso al mondo: reca infatti impressa l’immagine di un uomo morto di morte violenta, un uomo nel quale la tradizione cristiana vuol riconoscere Gesù deposto nel sepolcro con i segni della passione sofferta. È la Sacra Sindone nota anche come il Sacro Lino. Di lino, infatti, tessuto a mano con trama a spina di pesce, è composto questo misterioso reperto intorno al quale si interrogano studiosi di tutto il mondo e che in periodi particolari viene mostrato al pubblico.

La prossima ostensione si terrà da domenica 19 aprile a mercoledì 24 giugno 2015, festa di san Giovanni Battista patrono di Torino e onomastico di don Bosco: un evento al quale sarà presente anche papa Francesco per venerare l’immagine sindonica e onorare al tempo stesso la memoria del fondatore dei salesiani nel bicentenario della nascita.

Ed ora trasferiamoci a Bayeux, comune francese di circa 14 mila abitanti situato nel dipartimento del Calvados, Bassa Normandia. Qui, nel Centre Guillaume-le-Conquérant, è esposto un manufatto forse meno celebre della Sindone, ma senz’altro prestigioso: conosciuto come l’Arazzo di Bayeux o della regina Matilde, è una magnifica tela finemente ricamata nell’XI secolo per celebrare la conquista normanna dell’Inghilterra da parte del duca Guglielmo di Normandia, conquista avvenuta con la battaglia di Hastings.

Lungo la bellezza di poco più di 68 metri (manca però la parte finale, che doveva probabilmente contenere la raffigurazione dell'incoronazione di Guglielmo), rappresenta azioni concatenate che vedono in scena, con adeguati commenti in latino, 626 persone, 202 cavalli e muli, 505 animali di altro genere, 37 edifici, 49 alberi. Questa vera miniera di informazioni visive su quel periodo storico ci è stata tramandata su un supporto di lino. Quel lino che, fin dalla più remota antichità, costituiva una delle piante più coltivate e apprezzate per le sue fibre da cui si ricavavano tessuti morbidi, delicati e al tempo stesso resistenti, ed anche per l’uso alimentare che se ne faceva.

Se ne sono trovate tracce in certi siti palafitticoli della Svizzera e in Italia, insieme agli attrezzi utilizzati per la lavorazione. I fenici, che lo acquistavano in Egitto, dove fra l’altro era utilizzato per fasciare le mummie, lo esportavano in Irlanda in Bretagna. Gli antichi romani se ne servivano, oltre che per il vestiario, anche per l’arredamento.

Il primo documento storico che accenna al lino è la Bibbia. Da sempre considerato il tessuto più adatto alla confezione di paramenti sacri per la sua resistenza alla lacerazione, era diffusamente impiegato nelle famiglie per lenzuola e camicie nel Medioevo e anche nel Rinascimento, nonostante l’introduzione del cotone da parte degli arabi. In Italia, dopo la sua massima diffusione nella seconda metà del XIX secolo, iniziava il declino di questa coltura, malgrado sporadici tentativi di ripresa. E ciò per vari motivi, tra cui l’arretratezza tecnica della lavorazione, l’aumento delle aree coltivate a cereali, la crescente concorrenza prima del cotone, i cui costi di produzione sono tuttora decisamente inferiori, e in seguito delle fibre artificiali e sintetiche.

Eppure sono innegabili i vantaggi di un capo di vestiario di lino, specie nei climi caldo-umidi: è fresco, consente alla pelle di traspirare, non provoca allergie, ma dà un senso di benessere, non si deforma e conserva le sue qualità nel tempo. Oggi poi che assistiamo ad una rivalutazione delle fibre vegetali, non pericolose per la salute e riciclabili, chissà che non si aprano nuove prospettive per la coltivazione di questa pianta per l’industria tessile. Intanto i più importanti produttori europei di lino da fibra sono attualmente Francia, Germania, Belgio e Olanda.

Oltre all’abbigliamento e alla biancheria per la casa, la fibra di lino viene impiegata nell’arredamento e per l’architettura da interni (rivestimenti murali, controsoffitti, tendaggi ecc.), ed anche per cordami. Preziose le proprietà dei semi di lino: abbondano in essi i cosiddetti lignani, composti fenolici considerati potenti anticancerogeni che rappresentano la maggiore fonte conosciuta di un acido grasso essenziale della famiglia degli Omega-3, l’acido alfa-linolenico. Com’è noto, gli Omega-3 aiutano ad abbassare il livello di colesterolo e dei trigliceridi nel sangue, riducendo notevolmente il rischio di malattie cardiovascolari.

I semi sono usati anche per infusi lassativi, cataplasmi, infiammazioni della cute ed altri preparati per il benessere del corpo. Salutari e nutrienti i germogli di semi di lino biologici.

Dai semi, inoltre, si ricava una farina per uso alimentare o terapeutico. E anche un olio dal lieve gusto di nocciola, buon integratore alimentare, ricco di vitamina E. Olio che, sottoposto a cottura, viene utilizzato anche per diverse preparazioni industriali come vernici, inchiostri da stampa, linossina che serve alla fabbricazione del linoleum, ecc.

E ancora ce ne sarebbe da dire intorno alle proprietà e agli usi di questa pianta, prezioso dono di natura. Ma per questo rimando ad un agile e interessante volumetto, Il lino. Una pianta antica di molteplici usi, edito dalla Libreria Editrice Fiorentina (euro 8,00), dal quale ho ricavato buona parte di queste notizie.

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