Egeo: un mare di vite perse e sogni naufragati

Di fronte al dramma quotidiano di profughi, molti dei quali bambini, che non arrivano vivi sulle coste greche, non basta l'impegno della gente del posto che si adopera in tanti modi. Urge trovare una soluzione complessiva
Grecia

Oramai i naufragi nel mare Egeo sono una realtà quotidiana. Ogni giorno un naufragio, decine di morti, fra loro molti bambini. Le scene che si svolgono nel mare e nelle coste delle isole greche sono insopportabili: una madre morta col suo bambino in braccio, bambini trovati lungo le coste chissà da quale naufragio, una bambina che dà la sua bambola ad una bambina profuga e il sorriso triste del padre che ringrazia con dignità. Gli sforzi dei volontari sono immensi: diventano per forza medici, psicologi, infermieri e così via. Un pescatore cinquantenne a Chios, il signor Stefano, gli ultimi mesi ha salvato duecento profughi. «Ogni giorno torno con i cassonetti vuoti di pesci ma con la mia anima piena», dice commosso. Anche persone più anziane si mettono al servizio di questa gente tormentata: nonne prendono cura dei bambini profughi con tanto affetto come se fossero i loro nipotini.

 

Lungo le coste delle isole greche si svolge un dramma che sembra non aver fine. In queste isole si nota un paradosso: alle recenti elezioni la percentuale di Alba Dorata, il partito di estrema destra, era raddoppiata. Nonostante ciò, la gente abbraccia i profughi in un modo incredibile. Sarà il Dio che c’è dentro ogni essere umano, sarà il dramma insopportabile che non può lasciare nessuno indifferente, sarà la sensibilità verso le piccole creature, chissà… Il risultato è lo stesso ed è grandioso. Però, non basta. La situazione economica della Grecia in genere e delle comunità locali in particolare non permettono qualcosa di più.

 

Dall’altra parte, l’Unione europea gli ultimi anni è stata ad osservare il dramma che si sviluppava in Siria senza fare niente. Recentemente si e ‘svegliata’ ma l’imbarazzo rimane e, dopo le prime iniziative di accoglienza, i muri continuano ad alzarsi, gli atteggiamenti ostili continuano come continua il fatto di piangere lacrime di coccodrillo per i piccoli “Aylan” il cui numero sta aumentando.  Ah si, ci sono pure i vari summit per i profughi dove i capi di stato decidono e firmano degli accordi, ma dopo un pò annullano di fatto la loro firma con atteggiamenti completamente opposti a quello che hanno deciso. Il dramma continua e nemmeno i fondi verso la Turchia, per trattenere i due milioni di profughi che stanno nel suo territorio, possono cambiare la situazione. Questa gente, anche se trattenuta in Turchia, continuerà a voler venire in Europa perché sa che lì non avrà mai un futuro.

 

Ogni giorno si scrivono tante cose e si fanno tante critiche sul problema dei profughi. Però, non si scrive quasi niente su due pericoli, di un altro livello, che esistono: primo, che ci si abitua ai ‘delitti’ commessi nel mare, la morte di adulti e bambini. Secondo: che fine faranno i bambini e i ragazzi orfani, o quelli che non sono accompagnati quando si imbarcano? Che fine faranno queste creature tanto esposte a pericoli immensi come, per esempio, quello dei pedofili organizzati?   

 

Si deve trovare una soluzione complessiva che affronti tutti gli aspetti del problema dei profughi e forse, a medio o lungo termine, questa gente deve essere affrontata, non come un problema ma come un’occasione di ringiovanire un continente che si invecchia ricordando il suo glorioso passato e mantenendo le sue inutili ossessioni. 

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