Drammi del Mediterraneo, la vergogna dell’Europa

Adriano Roccucci, professore di storia contemporanea all'università Roma Tre di Roma, analizza la situazione del Mare Nostrum identificando le sfide che i Paesi che vi si affacciano sono chiamati ad affrontare

Il quadro del Mediterraneo del XXI secolo continua ad essere rappresentato dalla molteplicità e della pluralità di tradizioni, religioni, culture che si incontrano e molto spesso si scontrano mentre i popoli sono chiamati ad affrontare sfide decisive. «Queste sfide sono domande di fronte alle quali non si può restare tranquilli, tanto meno rassegnati o indifferenti. Occorre coltivare un’inquietudine che si faccia voce profetica e allo stesso tempo ricerca creativa e generosa di risposte evangeliche e concrete, capaci di incidere nella realtà e di avviare processi di cambiamento».

Adriano Roccucci, docente di storia contemporanea a Roma, ha scattato una chiara fotografia attuale del Mediterraneo a partire dalla storia. Ha evidenziato precisamente i contesti di conflitto dai Balcani alla Palestina, dal Libano all’intero Medio Oriente. Le instabilità di Paesi come l’Afghanistan oppure quelli dell’Africa sub-sahariana si ripercuotono sul Mediterraneo con i conseguenti flussi migratori (19 mila i morti nel Mare Nostrum dal 2013 al 2019) senza tralasciare la piaga del terrorismo e della corsa agli armamenti. Si tratta di un percorso che va a terminare negli odierni nazionalismi e populismi di cui ha parlato anche papa Francesco nel discorso conclusivo di “Mediterraneo, frontiera di pace” a Bari.

Numerosi sono gli aspetti che i Paesi del Mediterraneo devono affrontare. La frammentazione del Mediterraneo fatta di antagonismo, mette in crisi il suo pluralismo. Anche il professore di Storia Contemporanea vede nel pensiero di papa Francesco un cambiamento di mentalità, un ritorno di quel fiorente Mediterraneo: «Se noi non capiamo il meticciato, non capiremo mai il Mediterraneo, un mare geograficamente chiuso rispetto agli oceani, ma culturalmente sempre aperto all’incontro, al dialogo e alla reciproca inculturazione». Cita il “meticciato” di papa Francesco per questo evento di ascolto e dialogo di Bari, ma soprattutto evidenzia la valenza storica del documento firmato dal pontefice e dal grande imam di Al-Azhar nel 2019 ad Abu Dhabi. Esso traccia in modo autentico le linee di una cultura di dialogo, di tolleranza, di convivenza, di pace. Anche gli altri vescovi rimarcano spesso il valore storico per le sorti della pace di quel documento e sono certi che porterà i suoi frutti.

Le sfide dei Paesi del Mediterraneo sono 4 e sono state individuate da Roccucci: la guerra, la pluralità mediterranea, le migrazioni e le disuguaglianze sociali. “Mediterraneo, frontiera di pace”, quindi, ha reso tutto ulteriormente molto più chiaro. La conferma delle problematiche e delle emergenze, il valore del dialogo interreligioso e soprattutto la presa di posizione dei vescovi rispetto a quelle tiepide dell’Europa sui drammi di molti popoli che vivono nuove deportazioni, drammi di molte isole sottoposte a stress per i flussi migratori, per le condizioni al limite della dignità dell’uomo in cui vivono migliaia di persone. Dovrebbero trattarsi di argomenti esclusivamente storici, eppure sono quadri ben visibili ancora oggi. Per questo il cardinale Jean-Claude Hollerich, Arcivescovo di Lussemburgo e presidente della Commissione delle conferenze episcopali dell’Unione Europea (Comece): lancia un deciso grido, partendo dalle eccessive strumentalizzazioni del trattato di Dublino: «Vediamo il dramma su molte isole, di molti popoli. E’ una vergogna per l’Europa». Una precisa presa di posizione, quindi, dei vescovi per favorire i corridoi umanitari che lo stesso trattato prevede, ma non sempre vengono utilizzati.

 

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