Dovunque tu vada

Molti altri brani evangelici ci indurrebbero ad altre considerazioni sulla vocazione. Tra questi ne scelgo tre, particolarmente significativi. Li riporta, in sequenza, il vangelo di Luca. Nel primo si legge: Mentre andavano per la strada, un tale gli disse: Ti seguirò dovunque tu vada. Gesù gli rispose: Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del ciclo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo (Lc 9,57-58). Anche il tale che qui interpella Gesù era uno che già lo conosceva e si sentiva forse chiamato a seguirlo. Non aveva capito però che la chiamata a seguire Gesù era ben diversa dalla sequela di qualsiasi altro maestro. A quel tempo, infatti, mancando un vero e proprio ordinamento scolastico, vi erano molti maestri, alcuni famosissimi, che raccoglievano attorno a sé coloro che desideravano mettersi alla loro scuola. Ne nascevano vere e proprie convivenze. Il discepolo andava ad abitare col maestro per due-tre anni, per fare quindi ritorno nella sua casa. Se poi, a sua volta, diventava maestro, incominciava a crearsi attorno una cerchia di discepoli. Il discepolo menzionato da Luca era probabilmente uno che, ritenendo Gesù un importante maestro, desiderava entrare a far parte della sua scuola per apprenderne, in un ambiente accogliente, gli insegnamenti. Ma Gesù, con quelle sue inequivocabili parole, gli fa comprendere che non è in questo che consiste la vocazione. La vocazione è seguire lui e nient’altro. Se qualcuno infatti si sentisse attratto puramente da una forma esteriore di vita, venendo meno quella, verrebbe meno la stessa vocazione. L’unica cosa che conta è invece il personale innesto in Gesù, l’esclusivo rapporto con lui. E questo vale per ogni vocazione della chiesa, quindi anche per la vocazione alla vita di focolare. Chiara Lubich lo ha ripetuto più volte. Quando è che uno manifesta la vocazione al focolare? Quando accetta di consacrarsi a Gesù abbandonato. E ciò significa che non cerca l’amore dei fratelli, né il calore di una casa spirituale. Cerca solo Gesù, che non ha né casa, né tana, né nido, e in Gesù vuole amare i fratelli. È allora che nasce il focolare, nasce Gesù in mezzo (cf. Mt 18, 20). Ma dal non aver casa di Gesù discende un’altra importante conseguenza: quella di essere pronti a vivere là dove la volontà di. Dio ci chiama, in qualsiasi città o nazione. È allora che si sperimenta il significato più profondo di quelle parole di Gesù: poiché non abbiamo casa, la nostra casa è dovunque. A tanto ci conduce il distacco da tutto per seguire lui solo. Vado a seppellire mio padre Il secondo quadro del racconto lucano ci presenta un altro giovane che Gesù espressamente chiama a seguirlo. E questi rispose: Signore, concedimi di andare a seppellire prima mio padre. Gesù allora replicò: Lascia che i morti seppelliscano i loro morti, tu va’ e annunzia il regno di Dio (Lc 9, 59-60). La risposta di Gesù illumina di una luce chiarissima il rapporto del chiamato con i propri parenti. Occorre innanzitutto precisare che il giovane di questo racconto, avvertita la chiamata, era realmente intenzionato a seguirla, ma chiede di attendere la morte del padre, ormai prossima, per evitargli la risponde di lasciar compiere questi uffici umani a coloro che non sono chiamati a lavorare direttamente per il regno di Dio. Emerge così in grande evidenza che la vocazione a seguire Gesù è tale da superare ogni rapporto naturale, pur non distruggendolo, ma trascendendolo. Del resto, la chiamata dell’uomo e della donna a formare una nuova famiglia domanda l’abbandono della propria famiglia d’origine (cf. Gn 2, 24). La stessa cosa accade nella vocazione a seguire Gesù che consiste – lo ripetiamo – nello sposare lui, entrando a far parte della sua famiglia, della cerchia strettissima dei suoi, a lui pienamente donati. Si comprende così perché il rapporto con i familiari, pur mantenendo tutta la sua profondità filiale, acquista un valore completamente diverso. Dio vuole la persona tutta sua al fine di potersi donare lui completamente a lei. Ovviamente talvolta può succedere che i genitori non comprendano la vocazione dei figli e ciò provoca una diffusa condizione di sofferenza che occorre superare con l’amore, sia nei confronti dei genitori stessi, aiutandoli a comprendere ciò che Dio chiede, sia nei confronti di Dio che va comunque seguito con adesione totale. Mettere mano all’aratro II brano di Luca esaminato presenta infine un terzo quadro. Un altro disse: Ti seguirò, Signore, ma prima lascia che io mi congedi da quelli di casa. Ma Gesù gli rispose: Nessuno che ha messo mano all’aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio (Lc 9, 61-62). Al pari delle altre, anche queste parole di Gesù ci trasmettono un insegnamento chiaro e profondo, vogliono dirci cioè che la nostra risposta a lui è un sì per tutta la vita, è una donazione perenne che non ammette prove né limiti di tempo e che ha quindi un valore di eternità. Certo, solo Dio può dire parole così esigenti e totalitarie. Eppure, anche se possono sembrare sfiorare l’assurdo, è soltanto nell’accoglierle che il cuore si placa. Allora, e solo allora, sboccia infatti quella gioia, quella pace, quella intimità profonda con lui che sazia pienamente l’anima. È veramente qualcosa di divino la chiamata. Ed è testimonianza luminosa della presenza di Dio nella chiesa che, oggi come in ogni tempo, continua ad attrarre irresistibilmente a sé. Ma ritorniamo ancora all’episodio del giovane ricco. Pietro, dopo aver sentito la risposta di Gesù a chi gli chiedeva chi mai si sarebbe salvato, soggiunge: Ecco, noi abbiamo lasciato tutto e ti abbiamo seguito. E Gesù: In verità vi dico: non c’è nessuno che abbia lasciato casa o fratelli o sorelle o madre o padre o figli o campi a causa mia e a causa del Vangelo, che non riceva già al presente cento volte tanto in case e fratelli e sorelle e madri e figli e campi (…) e nel futuro la vita eterna (Mc 10, 28-30). Dunque, alla persona che si da totalmente a Dio, Dio risponde donandole il centuplo. Lui, che è il padrone del cielo e della terra, si farà carico di tutto, dispiegando per essa tutti i suoi beni, quelli spirituali e insieme quelli materiali di cui abbisogna, sì da farle sperimentare che il cielo e la terra sono anche suoi. Comunione Per concludere, vorrei soffermarmi su un ultimo aspetto legato anch’esso alla vocazione, ed è il rapporto che si crea fra coloro che sono stati chiamati da Dio in una medesima strada. Fra questi infatti, nasce una comunione particolare di fratelli in Gesù, di quel Gesù che è di tutti e per tutti; nasce un rapporto che è naturale e soprannaturale insieme, un rapporto sentito, concreto, capito, voluto, amato. Nasce, per generazione dall’alto, la famiglia di Dio. Non posso non augurare a tutti di sentire su di sé quello sguardo d’amore di Dio in cui consiste la personale vocazione, il particolare disegno pensato da Dio fin dall’eternità e nel compimento del quale si può trovare la pienezza della gioia.

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