Donne penalizzate in politica?

La Camera ha bocciato l’emendamento alla Legge elettorale che prevedeva l’alternanza uomo donna  e la parità dei posti in lista, suscitando sentimenti contrastanti tra uomini e donne. Un parere
donne immigrate

Alcuni, sia uomini sia donne, sostengono che non ci sia necessità di garantire la parità tra uomini e donne, in quanto in presenza del merito una donna non ha bisogno né di tutela né di sostegno, dimostrando di sapersi affermare come e quanto un uomo. Altri affermano che la necessità di proteggere il genere femminile ne dimostrerebbe un’apparente debolezza o inferiorità e che quindi sarebbe una legge sessista e anti femminile. Altri, sulla stessa scia, sostengono che la ricerca di garanzie per la presenza in Parlamento è un chiaro segnale di maschilismo al femminile, cioè di una ricerca del potere messa in atto dalle donne sull’esempio negativo dell’uomo.

I moderati si rendono conto, tuttavia, che gli organi del governo sono guidati dal potere e dall’occupazione delle poltrone, e che se non si cercano delle vie concrete per aprire l’accesso a tutti, si rischia di lasciarsi rappresentare solo da uomini e donne scelti dai potentati di turno. Con il sistema attuale, comunque, la meritocrazia che – secondo alcuni – garantirebbe le donne più meritevoli, non ha peso.

Infine c’è l’opinione delle persone a favore delle quote rose, non fondata sul narcisistico sentimento femminista, che vorrebbe attribuire riconoscimenti al genere in sé è per sé', ma per delle ragioni più profonde. Queste ultime richiedono l'abbattimento degli ostacoli che rendono impari l'accesso alla vita lavorativa e in seguito alla possibilità di crescita professionale. Ossia le fasi fisiologiche della vita quali il matrimonio, la maternità, la cura dei figli e la cura parentale (accudimento genitori anziani), attualmente affidate unicamente alle donne, ostacolando l’inclinazione della donne anche verso il lavoro e la realizzazione professionale. Queste responsabilità, se non vengono prese in carico da entrambi i coniugi e dalla società intera (come avviene nei paesi più evoluti del nord Europa e non solo), rischiano di escludere le donne dallo scenario sociale ed economico, privando l'intera umanità del loro necessario contributo. La donna non rinnega lo specifico ruolo sociale che la natura affida loro, ma se questo ruolo è l'unico che le si riconosce, essa non sente di esprimere pienamente il proprio potenziale.

In Italia le donne sono sottorappresentate nei ruoli di responsabilità e dirigenziali del pubblico e del privato (L. 125/91). E non perché esse non siano capaci, perché nella maggioranza dei casi sono lasciate sole a gestire la responsabilità famiglia e il lavoro. E spesso sono costrette a scegliere tra queste due realtà con conseguenze irrevocabili per tutta la vita. E nel frattempo ci sono anche uomini che abnegano ai propri doveri di padri, di mariti ecc. Questo sentimento femminile e maschile, difende semplicemente il bisogno di riconoscere e consentire pari opportunità all'accesso alla vita lavorativa sia a uomini che a donne. Le statistiche mostrano chiaramente quanto le donne siano penalizzate nello svolgimento del percorso professionale a causa di questi motivi.

Ecco perché è necessario riconoscere che per le donne c'è bisogno di una legge di tutela della loro presenza e di leggi che ne difendano i diritti e la rappresentanza.

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