Docenti contro parlamentari per la Buona scuola

La "Buona lotta per la scuola" così l'hanno definita gli insegnanti e il personale scolastico riuniti nella piazza romana mentre alla Camera proseguiva l'iter per l'approvazione del disegno di legge
Manifestazione contro la Buona scuola

Un dialogo tra sordi divisi da poche centinaia di metri. Docenti e personale scolastico da una parte e onorevoli della maggioranza parlamentare dall'altra. Davanti al Pantheon, a metà strada tra Camera e Senato, si consuma l'ennesima manifestazione di opposizione alla Buona scuola del premier Matteo Renzi. «Questo è un regime», urlano i più, ma alla Camera, la maggioranza approva sei articoli del disegno di legge. La minoranza del Partito democratico non sembra avere la forza per indebolire il governo, così la partita politica sarà rinviata al Senato, dove i margini per Renzi sono più stretti.

 

Nella piazza della Rotonda non ci sono i numeri delle grandi occasioni. Sarà l'ennesimo sciopero dei mezzi pubblici romani, o più concretamente una rassegnazione che tra i docenti diventa sempre più palpabile. «I sindacati si assumano la responsabilità di bloccare gli scrutini», urla uno di loro dal palco. Tra le poche centinaia di “squadristi” (così il ministro alla Pubblica istruzione ha chiamato i docenti contrari alla riforma), un professore strappa un timido applauso da qualche collega, tanto basta per far capire che il blocco scrutini è un'arma che difficilmente potranno utilizzare.

 

Sospeso tra rivoluzione e pragmatismo, il mondo della scuola prova almeno la controproposta. A partire dal piano di assunzioni. Il governo ha annunciato l'entrata in ruolo di oltre 100 mila precari presenti nelle Gae (le graduatorie ad esaurimento), abbandonando a successivi concorsi l'assunzione dei restanti 60 mila insegnanti. «Chi è in graduatoria ha già superato un concorso o ha una abilitazione concorsuale, ha vissuto spesso decenni di precariato e ora il governo vuole annullare questi sacrifici e rinviarli ad un concorso come se nulla fosse», ci spiega un docente che avanza la proposta: «Le graduatorie restino fino all'esaurimento, come era stabilito». Ad aumentare l'incertezza sul piano di assunzioni c'è un comma del disegno di legge, che prevede l'impossibilità all'entrata in ruolo in caso di assenza di posti disponibili.

 

Poi c'è l'opposizione all'autonomia finanziaria degli istituti, che prevede anche il 5 per mille alle scuole. Per i docenti in piazza si creeranno discriminazioni tra istituti con famiglie ricche e scuole di periferia. Piuttosto, i sindacati propongono finanziamenti pubblici più equi. E ancora c'è il muro contro i «presidi-sceriffo» (l'articolo 2 già approvato alla Camera) perché il modello attuale già garantirebbe la meritocrazia. «La scuola non è un'impresa, ci vuole collegialità, i docenti che hanno vinto un concorso hanno già tutti i titoli per poter insegnare» è l'appello che viene dal palco.

 

In questa battaglia, serafico, Marco Pannella se la ride, seduto su una sedia di un bar di piazza del Pantheon. Si gode lo spettacolo come fosse su una poltrona di un teatro. Gli insegnanti lo salutano, gli chiedono selfie e soprattutto lo invitano ad unirsi contro il governo Renzi. «Nemmeno mi avete chiamato sul palco oggi, non scherziamo», risponde a tutti. Il mondo della scuola sembra alla ricerca di un leader politico che non c'è e per trovarlo sembra disposto a tutto.

 

Non è finita qui. Il dibattito alla Camera proseguirà la prossima settimana, mentre in piazza Montecitorio ci saranno ancora i docenti. Chiassosi, appassionati e troppo colti per fare paura a chi ama invece le semplificazioni.

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