Dilma Rousseff sotto accusa. Il Brasile la sfiducia

La camera dei deputati vota per l’impeachment che sancisce la definitiva separazione della presidente dal suo popolo. Ora la parola spetta al senato mentre per le strade di Brasilia si chiede una svolta per il Paese messo in ginocchio dalla crisi economica e dalla corruzione
Brasile Ansa

Sono stati 367 i deputati del Parlamento brasiliano a votare per la messa in stato d’accusa della presidente Dilma Rousseff.

Sarebbero bastati 342 sì, ma la pressione popolare e le blande giustificazioni utilizzate dalla Rousseff in un video trasmesso appena sabato, dalla tv nazionale, hanno traghettato altri voti dalla parte dell’opposizione. La denuncia di un colpo di stato mascherato da impeachment è stata l’arma di difesa di Dilma e dei suoi sostenitori, ma non ha convinto neppure chi l’aveva largamente appoggiata nel suo secondo mandato.

 

I brasiliani sono scesi in strada per protestare mentre da mesi il Movimento Brazil libero convoca adunate pubbliche via web per chiedere un cambio di rotta per il Paese immobilizzato da mesi di dibattiti attorno alle discutibili scelte della presidente soprattutto in ambito finanziario. A queste si aggiunge lo scandalo della Petrobras la compagnia petrolifera nazionale con un buco economico di 86.000 milioni di reales, quasi trenta milioni di euro, provocato dai suoi stessi dirigenti, vicini al partito dei lavoratori, lo stesso della presidente.

 

Le accuse e la difesa Dilma Rousseff è accusata di aver falsificato i bilanci dello stato per mostrare un’economia florida e in crescita, realtà smentita dalla crisi che ha fatto perdere alla moneta brasiliana potere d’acquisto e fiducia dei mercati.

 

Oltre ai ritocchi fiscali la presidente ha firmato dei decreti di variazione del bilancio senza consultare il Parlamento e da qui nasce il conflitto tra poteri dello stato che ha spianato la strada alla messa in stato d’accusa.

 

La difesa parla di errata metodologia di calcolo utilizzata dal fisco e dalla stessa Corte dei conti, ma a smentire le fragili giustificazioni sono arrivate anche le banche che hanno soccorso il governo con ingenti prestiti senza aver ricevuto al momento un risarcimento adeguato. Tuttavia i sostenitori della presidente dichiarano che è operazione comune a tutte le amministrazioni, da quelle locali a quella centrale la richiesta di crediti e non si comprende come mai la corte intervenga per la Rousseff e non per gli amministratori locali e sui precedenti governi altrettanto morosi.

 

La risposta è semplice: è un colpo di stato camuffato da impeachment, secondo la presidente. Gli animi sono comunque inaspriti anche dall’indiscusso appoggio a Lula, suo mentore ed ex presidente del Brasile, fermato per corruzione poiché alcune imprese edili vincitrici di appalti pubblici sembrava avessero restaurato appartamenti di proprietà dell’ex presidente. Ciò che ha scaldato i toni è stata un’intercettazione in cui Dilma annunciava a Lula l’invio del documento di nomina ministeriale da utilizzare in caso di necessità, cioè in caso di arresto. Molti analisti politici spiegano in tal modo la volontà di concedere un ministero Lula per assicurargli l’immunità, scelta poi non andata in porto, ma le conseguenze sono state devastanti per il crollo di fiducia da parte della popolazione nei confronti dell’operato del governo.

 

La Costituzione. Il sì del Parlamento apre ora un iter lungo, poiché la decisione sarà vagliata dal Senato e da una speciale commissione istituita dal suo presidente. Se un nuovo sì, stavolta a maggioranza, venisse pronunciato anche dai senatori, la Rousseff avrebbe 180 giorni di tempo per preparare la difesa davanti ai giudici della Corte costituzionale. Se dopo tale arringa il Senato dovesse propendere per il sì, la presidente lascerebbe il suo incarico in mano al vicepresidente e verrebbe interdetta dai pubblici uffici per ben otto anni.

 

L’articolo 51 della Costituzione definisce quest’iter, mentre nel numero 85 sono definite le ragioni dello stato d’accusa e cioè attentano contro la costituzione e contro l’esistenza della federazione statale; contrasto con gli altri poteri dello stato; correttezza amministrativa e legge di bilancio. Su questi ultimi tre si gioca il futuro di Dilma in un Paese che fino a gennaio stava dalla sua parte in maniera indiscussa e che ora invece scende in piazza per chiedere risposte alla crisi economica e alla corruzione dilagante, mentre ci si prepara ai mondiali di Rio e tutto il mondo aveva puntato su quel sogno di crescita e rinascita che sembra essersi bruscamente frantumato.

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