Difficile con i difficili

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Chi, io? Ma cosa dici. Non lo ammetteranno mai, le persone difficili, di essere, appunto, difficili. Anche davanti ad una mole schiacciante di prove. Opporranno in modo tenace e minuzioso le loro inossidabili buone ragioni. Mica è colpa loro se il mondo gira per il verso sbagliato e se hanno problemi con i familiari, con i parenti, con i colleghi, con gli amici, con il parroco, con il barista, con il fruttivendolo dell’angolo. Sembra quasi che il pianeta si sia coalizzato contro di loro. Ed invece la faccenda è più semplice: ce l’hanno con tutti. Tutto si acuisce in questo rigido febbraio, ormai lontani dalle vacanze estive passate e ancora separati anni luce da quelle future. In molti di noi le risorse psicofisiche già scarseggiano, e ci stiamo accorgendo, nostro malgrado, che è proprio difficile vivere con soggetti difficili. Che, nonostante le nostre eroiche intenzioni, stiamo raschiando il fondo della nostra pazienza, della capacità di dissimulare le contrarietà, dell’abilità di smussare gli angoli. La fuga non è praticabile. Sì, certo, puoi abbandonare gli amici riottosi, evitare i conoscenti ottusi, stare alla larga dai tipi esosi. Ma con quelli che non ti sei scelto, come i parenti, i colleghi di lavoro, i membri dell’associazione, bisogna procedere in altro modo. Prima di arrivare a strozzare qualcuno di questi soggetti – allora sì che inizierebbero le difficoltà -, conviene accettare la nostra scarsa riserva di sopportazione, chiedersi come comportarsi con quei tizi e cercare indicazioni nelle parole di esperti. Prima di pensare alle persone difficili – avvertono i saggi -, cominciamo da voi: voi siete difficili?. E sentenziano (senza appello) che, se provate difficoltà con tanti, siete proprio voi il soggetto insopportabile. Comunque sia, mettere su una rissa non conviene. La vita è troppo breve per passarla a litigare con gli altri , raccomanda un vecchio detto. E poi – l’abbiamo sperimentato tutti -, non si cambia una persona difficile facendo i difficili a nostra volta. A loro, infatti, non importa di voi, ma solamente di loro stessi (per questo sono critici con tutti). È di conseguenza importante non farne una questione personale, separando, opportunamente, il problema dalla persona. Piuttosto si tratta di sfruttare un tratto comune dei tipi impossibili: la loro prevedibilità. Pensiamo agli aggressivi, ai prepotenti, ai perfezionisti, ai lagnosi, agli scansafatiche, agli esibizionisti, agli egocentrici: sono portati a riproporre costantemente i loro atteggiamenti, le loro osservazioni, i loro mugugni, e questo rende la situazione più facile. Talmente facile – commentano i guru della materia – che vi troverete a desiderare che tutti siano difficili, perché sono proprio queste le persone più facili da gestire. Arduo credergli, ma vale la pena provare, anche perché è il caso di tener conto di un’altra indicazione: Non esistono persone difficili. Si tratta semplicemente di persone con le quali dobbiamo imparare a trattare. Pazienza e perseveranza, i requisiti preliminari. I luoghi di lavoro sono, per antonomasia, gli ambiti in cui convive la più variegata casistica di soggetti non facili. Ci sono i colleghi, di cui parliamo a parte, e ci sono i capi. Questi sono spesso diventati tali per qualità tecniche, commerciali, amministrative, ma non tutti sono capaci a dirigere. Ed è allora che nascono i problemi. Il sociologo Domenico De Masi, pensando ai tanti soprusi, sostiene: I capi, ormai, sono quasi sempre degli incompetenti messi sopra persone competenti. E il mobbing è la diretta conseguenza dell’attuale organizzazione del lavoro basata sulla competitività e sulla gerarchia. D’accordo. Ma come fare con un superiore prepotente? Non combattere, né diventare una vittima, non alzare la voce, né farsi trascinare nella discussione, non andare via, restare calmi, tornare sul problema, non perdere il controllo della situazione. Un buon capo si vede invece se sa usare una parola di 13 lettere: comunicazione. Al cuore di tutti i problemi che mi sia capitato di vedere nelle relazioni con i dipendenti si nascondeva quel termine, spiega Roy Lilley, consulente della scuola per dirigenti dell’Imperial College di Londra. E aggiunge: Dite alle persone che cosa volete e cosa vi aspettate da loro, spiegate come volete che un compito venga svolto e siate altrettanto chiari riguardo a traguardi e obiettivi. Poi indica quella che definisce regola d’oro: Affrontare le questioni difficili il prima possibile. Non aspettate, non lasciate che le situazioni degenerino. Se chi ha posizioni di comando sa capire i collaboratori, sa correggerli ma anche sostenerli, creerà un gruppo – suggerisce lo psichiatra Fausto Manara in Forte come la dolcezza (Sperling & Kupfer) – nel quale sarà bello lavorare insieme e condividere progetti e prospettive. I subalterni si fideranno di lui, crederanno alla sua capacità di guida e sarà assai probabile che finiranno per fidarsi e credere anche nei colleghi. Vale per il manager, ma anche per chiunque altro. Le critiche sono il pane quotidiano dei soggetti difficili. Quando poi fanno il paio con i pettegolezzi, l’ambiente – si tratti della famiglia, del lavoro, dell’associazione bocciofila – diventa invivibile. Se entrate nell’ordine di idee per cui le critiche per voi sono preziose quanto i complimenti, è fatta, chiarisce Lilley in Lavorare con persone difficili (Tea). Indispensabile, però, apprendere l’arte per gestire una critica, un reclamo, una protesta: ascoltate, mettetevi nei panni dell’altra persona, non giustificatevi, prendete appunti, concordate un piano d’azione, mettetelo in opera. In definitiva, è importante giungere ad un assunto: un individuo non è necessariamente da scartare soltanto per un certo di tipo di carattere che si ritrova. Lavorare con persone difficili – affermano gli studiosi di problemi aziendali – consiste nel saper trattare con loro e sfruttare le capacità che di fatto possiedono, ottenendo il meglio da ciascuno. L’indicazione resta valida anche fuori dalle imprese. Corso in pillole di relazioni umane Le sei parole più importanti: Ammetto di aver commesso un errore. Le cinque… Hai fatto un buon lavoro. Le quattro… Che cosa ne pensi?. Le tre… Per piacere, potresti?. Le due… Grazie tante. La singola parola più importante: Noi. La parola meno importante:Io. SETTE REGOLE PER SETTE TIPI Aggressivo. Esce all’attacco, critica, avvia continue discussioni, sa bene come gli altri dovrebbero comportarsi. Robert Ramson, esperto di gestione del personale, autore di Coping with difficult people (Affrontare la gente difficile), Anchor Press, consiglia: concedetegli il tempo per scaricarsi; non mettetevi a discutere su quello che dice; chiamatelo per nome; esprimete le vostre opinioni; mostratevi amichevole. Lagnoso. Ascoltate con attenzione le sue ragioni; evitate il rimpallo accusa- difesa-nuova accusa; adottate un atteggiamento volto a risolvere i problemi ponendo domande specifiche; auspicate collaborazione; se questo non porta a nulla, chiedete: Come vuoi finisca questa discussione?. Indifferente. Non interpretare il significato del suo silenzio; incoraggiarlo ad aprirsi, magari ricorrendo a domande che richiedano il suo parere; guardatevi dal riempire il silenzio con le vostre parole; se si apre, controllate il vostro impulso di dire troppo; se rimane zitto, commentate ciò che sta accadendo e fissate un altro appuntamento. Superaccondiscendente. Fategli sentire che lo tenete in considerazione; informatevi della sua famiglia e dei suoi interessi; ascoltate le sue battute e le prese in giro scherzose: possono contenere messaggi nascosti. Negativo. Fate affermazioni ottimistiche, basate sui fatti, riguardo a passati successi nel risolvere problemi simili; non cercate di convincerlo a non essere pessimista; siate voi per primi a sollevare la possibilità del verificarsi di eventi negativi; restate pronti ad agire per conto vostro. Saccente. Prepararsi con molta cura, rivedendo tutta la documentazione; evitate le affermazioni categoriche; mostratevi in disaccordo, senza eccessiva rigidità; sollevate obiezioni con domande; se possibile, trattate con lui quando è solo. Indeciso. Facilitategli la possibilità di parlarvi di conflitti e riserve che impediscono la decisione; sostenerlo nell’esaminare i fatti e nel dare un ordine di priorità alle soluzioni alternative; ciò gli renderà più facile dire di no a qualcuno.

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