Diamo il voto alle università italiane

Nella classifica mondiale stilata dalla società QS, a prima vista i nostri atenei non fanno certo una bella figura. Ma scorporando le singole voci, si scoprono aspetti interessanti: ottima reputazione accademica e alto livello di citazioni da una parte. Classi troppo affollate e scarse risorse dall’altra. C’è spazio per una riforma
università

A vederla così, sembrerebbe la solita vecchia storia delle Università italiane poco competitive sul piano internazionale: la classifica mondale delle università che gode di maggior reputazione, quella stilata dalla società QS, vede infatti anche nell'edizione 2015 appena pubblicata gli atenei del nostro Paese nelle zone basse della lista. Guardando il punteggio complessivo, infatti, la prima è Bologna al 182° posto, seguita da La Sapienza al 202°, dal Politecnico di Milano al 229°, e dalla Statale della stessa città al 238°.

 

Persino la blasonatissima Padova deve accontentarsi del 262° posto. Atenei italiani allo sfascio, «tanto per cambiare»? Pregiudizio della QS verso le nostre università? Non necessariamente. Se andiamo a vedere i singoli parametri utilizzati per giungere al punteggio complessivo, infatti, emerge un quadro della nostra realtà universitaria assai più complesso.

 

Gli aspetti valutati dalla Qs sono sei: la reputazione dell'ateneo nel mondo accademico (misurata tramite un sondaggio recapitato a 67 mila docenti e ricercatori), l’opinione che ne hanno gli imprenditori riguardo alla capacità di «sfornare» bravi laureati (con 29 mila aziende coinvolte), il rapporto tra numero di docenti e studenti, la percentuale di studenti e docenti stranieri, e il numero di citazioni delle ricerche prodotte nell'ateneo in questione (ossia di altri lavori successivi che vi fanno riferimento).

 

Scorporando le singole voci, vediamo così che in quanto a reputazione accademica Bologna sale al 69° posto a livello mondiale, seguita da La Sapienza al 73° e da Padova al 144°; in quanto a citazioni, a guidare le università italiane è Siena al 116° posto, seguita dalla Federico II di Napoli al 131° e dall'Università di Pisa al 138°; e meglio di tutto lo facciamo sotto il profilo della reputazione tra gli imprenditori, con la Bocconi addirittura al 33° posto, seguita dal Politecnico di Milano all'86°.

 

Dove sta dunque l'inghippo? In primo luogo nel rapporto tra numero di docenti e numero di studenti: la prima è sempre Bologna, ma si trova al 401° posto pari merito con La Sapienza; poi per quanto riguarda la capacità di attirare docenti dall'estero, dobbiamo accontentarci del 353° posto della Cattolica e del 355° della Bocconi; e poco meglio facciamo nell'attirare studenti stranieri, con il 256° posto del Politecnico di Torino e il 317° di quello di Milano.

 

Insomma, a sentire Qs, le università italiane godono di ottima reputazione sia nel mondo accademico che nel mercato del lavoro per la preparazione che forniscono, ma si ritrovano poi di fronte alle difficoltà poste da classi affollatissime a causa della carenza di personale e di strutture, e non riescono a garantire quell'internazionalità sia tra gli studenti che tra i docenti che è vitale nel mondo universitario – in molti hanno peraltro denunciato in passato la difficoltà burocratica di ottenere tutti i permessi necessari, soprattutto per i cittadini non UE.

 

Che fare, dunque? Una domanda che in realtà da tempo si pongono in tanti, dai semplici studenti sino ai piani alti del Miur. Ma sapere su quali punti c'è da lavorare è quantomeno un aiuto.

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