Il dialogo oltre le sbarre

Luci e ombre del sistema carcerario italiano: il sovraffollamento, i suicidi, i tentativi di togliersi la vita. Ma anche le esperienze di collaborazione con organizzazioni esterne, come l'incontro tra i giovani del Movimento dei Focolari di Roma e il comitato dei detenuti di Rebibbia. Il lavoro, la festa e la condivisione per ridare speranza

Il 21 marzo 2017, al termine del primo anno di attività, il Garante nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale ha presentato una relazione al Parlamento. Fra le positività rilevate spicca il sistema minorile, che nel suo complesso sembra funzionare, grazie anche all’istituto della messa alla prova, nonchè la chiusura di tutti gli Ospedali psichiatrici giudiziari (OPG).

Le criticità attengono al sovraffollamento e alla scarsa qualità della vita detentiva: mancano attività e progetti di reinserimento e la presa in carico delle persone detenute con problemi psichici va a rilento con grave disagio per i pazienti. Seppure in diminuzione rispetto agli anni scorsi, inoltre destano preoccupazione gli ultimi dati: soltanto da gennaio, 12 persone si sono tolte la vita in carcere, mentre i tentati suicidi sono 140 e i casi di autolesionismo 1.262. Secondo Donato Capece, segretario generale del Sappe (Sindacato autonomo Polizia Penitenziaria), negli ultimi 20 anni le donne e gli uomini della polizia penitenziaria hanno sventato, nelle carceri del Paese, più di 21mila tentati suicidi, ogni 24 ore si verificano, in media, 23 atti di autolesionismo a fronte di carenze di organico pari a 7mila agenti.

Come riporta il dossier del Senato del 2017 sulle carceri italiane «a partire dal 2016 il tasso di affollamento del nostro sistema carcerario appare in lenta risalita. Nel 2016 la popolazione detenuta è salita a 50. 228, con un tasso di sovraffollamento pari al 109%. A febbraio 2017 i detenuti sono circa 56mila, con un tasso di sovraffollamento intorno al 111%».  Dopo vari interventi “emergenziali” come l’indulto del 2006, secondo il dossier, con la legge n.67/2014 il Parlamento è intervenuto “in modo strutturale nel processo penale ordinario, attraverso la sospensione del procedimento penale e la messa alla prova dell’imputato, (..) delegando il Governo ad introdurre pene detentive non carcerarie, a disciplinare la non punibilità per tenuità del fatto e ad operare una articolata depenalizzazione”.

Il nostro Paese, conclude il dossier, è ancora lontano dal garantire il pieno rispetto della dignità del detenuto.

Consapevoli di tali nodi irrisolti, lo scorso 8 aprile, i giovani del Movimento dei Focolari di Roma hanno incontrato il Comitato G9 che prende il nome dall’omonimo reparto del carcere di Rebibbia: sette persone che, pur scontando una pena detentiva, hanno scelto di realizzare attività in favore degli altri detenuti e dell’intero complesso penitenziari,o diventando un esempio di cui le educatrici e il personale di polizia vanno orgogliosi.

Il corridoio di un carcere
Il corridoio di un carcere

Da due anni, insieme a loro, i giovani del Movimento dei Focolari organizzano attività, giochi e spettacoli all’interno del carcere coinvolgendo 300 persone, fra detenuti, bambini, familiari, e 60 volontari provenienti dall’esterno.

L’obiettivo dell’incontro era quello di dare vita ad un vero e proprio progetto sulla legalità frutto del dialogo alla pari fra i giovani, i detenuti, le educatrici, e destinato in primis a chi vive la detenzione con alcuni momenti aperti all’esterno.

In un clima di ascolto e stima reciproca si è delineato un percorso articolato in una serie di tappe. Attraverso libri, cineforum, esperienze e dialogo con esperti, nei prossimi mesi verranno affrontati temi come: l’integrazione fra culture, il dialogo interreligioso, la legalità del noi, la riscoperta dei propri talenti e attitudini nell’ottica di un futuro reinserimento professionale, la psiche e le relazioni interpersonali.

Uno dei detenuti ha ottenuto il permesso premio per partecipare al “Villaggio per la terra” svoltosi a Villa Borghese a Roma dal  22 al 25 aprile, per esporre, grazie alla cooperativa Man at work, prodotti realizzati in carcere. «Svolgere dei lavori all’interno del carcere» -spiega uno degli interessati – «significa molto. Prima impiegavo le mie capacità in attività illegali, quello che facevo però era come un gelato d’estate: si scioglie al sole. Organizzare manifestazioni sportive o iniziative a favore dei figli degli altri detenuti invece vale cento volte il salario. Spesso il carcere taglia i ponti con l’esterno e l’abbandono crea mostri».

 In quest’ottica i giovani hanno proposto di svolgere dei laboratori insieme ai detenuti in occasione del “Roma Summer Campus” (un campo estivo che si svolgerà dal 25 luglio al 3 agosto nelle periferie della Capitale) e di realizzare una festa nel cortile interno di Rebibbia, rivolta ai partecipanti al Campus.

È, infatti, proprio durante l’estate che il personale penitenziario si trova a fronteggiare il picco dei suicidi, un periodo che coincide con il calo drastico della presenza di associazioni e di volontari. «Oggi più che mai abbiamo percepito l’assenza completa di barriere» -racconta uno dei giovani dei Focolari -. «Abbiamo avuto la testimonianza diretta che non esistono mura inespugnabili e che liberandoci dalla gabbia dei pregiudizi o degli errori commessi è possibile rinascere a vita nuova».

 

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