Dentro e fuori. Perché mi sento escluso?

Elaborare il dolore derivante da un senso di esclusione ci permette di sentirci sicuri di noi stessi e affrontare la vita con nuove motivazioni

Melania racconta di quando era ragazzina e a scuola voleva essere parte di quel gruppo cool della sua classe. Un giorno riuscì anche a imbucarsi in una festa, ma proprio quando arrivò lì in mezzo a loro si sentì fuori luogo, estranea e sola. Giuseppe non è stato invitato ad una cerimonia di amici e si è sentito escluso. Amanda non si sente accettata dai suoi genitori. Quante volte abbiamo sentito di appartenere e allo stesso tempo non appartenere alla nostra famiglia, ai gruppi che frequentiamo amicali, lavorativi, di svago? Il senso di non appartenenza porta con sé un sentimento di esclusione e di solitudine che a volte può essere molto doloroso.

L’appartenenza a un gruppo sociale ci garantisce la sopravvivenza, soprattutto da piccoli il desiderio di appartenere a un gruppo è un istinto antico che risale ai nostri antenati, a quando l’estromissione da un clan significava la morte. Un profondo istinto di appartenenza si è radicato ed è diventato essenziale per quasi tutti noi.

Allo stesso tempo questo appartenere porta con sé la partecipazione a una coscienza sociale, al fatto di condividere valori e credenze comuni e il tradimento a questi valori provoca la fuoriuscita dal gruppo. La coscienza è come un barometro sociale. Quando in un contesto ci sentiamo a nostro agio, vuol dire che condividiamo profondamente gli stessi valori, stiamo seguendo le regole e quindi la nostra sopravvivenza è assicurata. Al contrario il senso di disagio dice che c’è qualcosa che non è congruente, non c’è libertà di essere. Il senso di esclusione derivante dalla relazioni familiari, da esperienze che si sono potute strutturare nella propria rete di famiglia parla di qualcosa o qualcuno che si è sentito non riconosciuto e non visto (per tanti motivi). È possibile che l’escluso si sia sentito ignorato, disconosciuto nel suo valore, oppure allontanato per qualche problema o ancora sia stato lontano per tanto tempo. Si può parlare di esclusione anche nell’eventualità in cui ci sia stato un giudizio morale sul comportamento di una persona che in qualche modo determina l’allontanamento o una mancanza d’amore.

Ci sono racconti che narrano queste anime in mille modi diversi. Il primo passo per lavorare su questo senso di esclusione è comprendere qual è stato l’aspetto che è stato negato nel sistema familiare. Cosa è stato rifiutato? Quale parte non è stata vista? Finché questo non sarà cosciente potrebbe essere un fantasma che esercita un potere, ma non appena scopriamo di cosa si tratta cessa di terrorizzarci. Quando accettiamo di guardare ciò che appariva intollerabile, immediatamente qualcosa cambia. Infatti, aprirci a parti di noi che non amiamo è fortemente terapeutico.

Il senso di esclusione evidenzia un problema che abbiamo evitato, è possibile che derivi dal tentativo di eludere il dolore. Una delle nostre principali funzioni mentali è quella di risparmiarci dalle esperienze difficili, riconoscere che il dolore fa parte della vita diventa un passaggio fondamentale. Quindi l’escluso avrà avuto un vissuto che nel sistema familiare non è stato elaborato, pensiamo alle famiglie che non accettano l’omosessualità di un figlio, oppure, quando non si accetta una disabilità fisica e/o mentale, quando l’originalità di una persona va fuori da quelli che sono i canoni, le regole che normalmente hanno stabilito un equilibrio nel sistema. Quindi c’è un diverso che non viene accolto, integrato e la rete si irrigidisce.

Eppure, l’appartenere è un bisogno, ci aiuta anche a definirci soprattutto in adolescenza, ci riempie il cuore sentirci parte di qualcosa che ci rappresenta; sentire che vibriamo sulle stesse note di altre persone a noi care. In terapia accogliamo quei dolori o quell’esperienza di diversità ascoltandola e ri-narrandola le diamo nuova forme. Troviamo nuovi spazi, nuovi contesti e gruppi dove fare esperienze buone. Si può appartenere ed esplorare. L’appartenenza dà calore, è una casa sicura a cui poter tornare e anche da cui partire per fare nuovi viaggi esplorativi.

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