Danza di guerra nucleare tra Usa, Russia e Cina

Trump esce dal trattato del 1987 sull’eliminazione dei missili atomici in Europa.  Decisione annunciata contro Mosca, ma con una strategia rivolta verso il Mar cinese meridionale. Intervista a Maurizio Simoncelli dell’Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo
Missile nucleare russo AP /Russian Defense Ministry Press Service

Donald Trump ha annunciato il ritiro unilaterale da parte degli Stati Uniti dallo storico trattato sull’eliminazione dei missili a medio e corto raggio in Europa (INF) sottoscritto nel 1987 da Reagan e Gorbaciov. Un passo importante salutato come l’inizio della fine della Guerra fredda e di una nuova era di pace. Paradossalmente la conferma della bontà della deterrenza nucleare che avrebbe sfiancato il colosso sovietico. Gorbaciov ricevette il Nobel per la pace nel 1990, ma l’illusione di poter godere i dividendi della pace, dirottando verso i granai le immani cifre destinate alle armi, è svanita in poco tempo.

AP Photo/Alex Goodlett
AP Photo/Alex Goodlett

La mossa del presidente Usa, alle prese con le elezioni di metà mandato, è da alcuni osservatori da intendere come tappa di strategia rivolta a Pechino (la Rivista italiana di difesa ritine imminente un nuovo bombardiere strategico cinese), anche se i toni polemici sono rivolti alla Russia di Putin che, per prima, non avrebbe rispettato gli accordi del trattato.

Ne parliamo con Maurizio Simoncelli, cofondatore e vicepresidente dell’Istituto di ricerche internazionali archivio disarmo (Iriad).

Come si piega la decisione di Trump di uscire dal Trattato firmato nel 1987 da Reagan e Gorbaciov? A quale strategia risponde?
Tale decisione s’iscrive nel quadro dell’unilateralismo dell’attuale politica statunitense basata sui rapporti di forza dei singoli Stati. Tale decisione era stata già prefigurata sia dall’opposizione strenua al Bando contro le armi nucleari adottato dalla maggioranza dell’Assemblea Generale dell’Onu nel luglio 2017, sia poi dall’adozione nel febbraio 2018 dalla nuova Nuclear Posture Review (che poneva al centro della politica militare di Washington il deterrente nucleare), sia dalla denuncia dell’accordo Onu sul nucleare iraniano, ritenuto invece valido sia dall’Ue sia dagli esperti dell’Aiea, l’agenzia per il controllo dell’energia nucleare. Se apparentemente tale decisione è messa in atto solo contro Mosca, in realtà essa serve pure in un altro scacchiere, quello orientale, dove la Cina svolge un ruolo crescente, in particolare nel Mar Cinese Meridionale nell’ambito delle contese territoriali su varie isole. La minaccia dunque è rivolta contro Pechino e, se non vi fossero novità concrete, anche contro la Corea del Nord.

Cosa sta preparando la Russia di Putin?
La Russia di Putin ha mostrato in questi anni di aver ripreso un proprio ruolo sulla scena internazionale, dopo la crisi degli anni ’90 del secolo scorso, intervenendo decisamente con le proprie forze armate in Georgia, Siria e Ucraina. La percezione di una crescente minaccia a Mosca è connessa non solo all’attrazione delle varie repubbliche ex-sovietiche nell’area Ue e Nato, ma anche alla dislocazione di sistemi antimissile in Polonia e in Romania, cioè ai propri confini, nonché al potenziamento delle bombe B61 dislocate in Europa e sottoposte a un radicale potenziamento nel modello B61-12. In particolare l’avvicinamento all’Ue e alla Nato dell’Ucraina, Paese geopoliticamente importante non solo per il transito dei gasdotti, ma anche per la base navale strategica di Sebastopoli e per i prodotti delle sue industrie belliche, ha rappresentato un forte campanello di allarme per il Cremlino, che sta cercando alleanze e accordi nell’Asia centrale e nella Cina.

In tale contesto con soggetti pronti a premere per primi il tasto fatale, come si può immaginare di chiedere il bando totale alle armi nucleari?
Preso atto che le superpotenze nucleari e i loro alleati non intendono rinunciare a queste armi spontaneamente, il bando totale delle armi nucleari proclamato dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite appare uno strumento di pressione politica che la società civile può usare per spingere questi governi a rinunciare a una politica fondata di fatto sull’autodistruzione, poiché la guerra nucleare – come ha dichiarato la Croce Rossa Internazionale – per le sue conseguenze globali non può avere vincitori, ma solo vinti.

Maurizio Simoncelli è autore del saggio iniziale del dossier Disarmo di Città Nuova

 

 

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