Dal paradiso all’inferno: andata e ritorno

Chi non ha visitato la Normandia si è perso molto, e gli consigliamo di rimediare al più presto. Viaggiare nella "terra del nord" è immergersi nella regione più verde d'Europa...

Chi non ha visitato la Normandia si è perso molto, e gli consigliamo di rimediare al più presto. Viaggiare nella "terra del nord" – fra Parigi e la Manica, fra la Bretagna e la Loira – è una full immersion nella regione più verde d’Europa, un arricchimento continuo sul piano storico e artistico, una fonte inesauribile di scoperte e di emozioni. Ed è pure un pellegrinaggio alle radici cristiane del Vecchio Continente, della sua identità spirituale, plasmata nei secoli dalle cattedrali e dai grandi testimoni della fede.

 

E in buona misura dalle testimoni, cioè dalle sante storiche e popolari che segnano la Francia e l’Europa cristiana nelle varie età. La prima, pure storicamente, la incontriamo proprio nella città che fa da ingresso all’Alta Normandia, Rouen. Parliamo naturalmente di Giovanna d’Arco, l’eroina nazionale che guidò la rivolta contro gli inglesi nella Guerra dei Cent’anni, galvanizzando il re stesso, Carlo VII, e aprendogli la via del trono su una Francia libera e unita. Nella piazza del Vecchio Mercato una piccola aiuola curatissima e stracarica di fiori indica il luogo dove la Pulzella di Orleans fu arsa viva dagli invasori il 25 maggio 1430, alle 9 del mattino. E lì vicino c’è  pure la chiesa di Ste Jeanne d’Arc, sorta sulle rovine di quella bombardata nel 1944. E’ moderna e ardita, ma nel cemento armato sono incastonate le squisite vetrate del ‘500, tra le più belle del mondo. Ai margini del centro storico, così normanno con le sue antiche case mansardate e tutte rivestite di graticci colorati, c’è la Torre di Santa Giovanna, dove la "strega eretica" attese in catene il martirio, soffrendo e pregando per il futuro del suo popolo.

 

In Bassa Normandia raggiungiamo Lisieux per incontrare l’altra grande testimone di questa terra, Teresa Martin, canonizzata nel 1925 e proclamata Dottore della Chiesa nel ’97. La visita a Lisieux è un’emozione e commozione continua. A cominciare da casa Martin, i Buissonnets (i "cespuglietti"), come la chiamavano in famiglia. La villetta rosa – lo stesso colore di allora! – nonostante l’espansione della cittadina è ancora in campagna come ai tempi di Teresa, fra gli sterminati campi di grano, i boschi e le mucche al pascolo che ricoprono questo Paese. E’ rimasta uguale pure dentro, e la visita è toccante, un momento alto nel viaggio in Normandia. Ai Buissonnets, dove tutto è piccolo e delicato, si capisce la spiritualità teresiana della "piccola via". Invece la basilica di Santa Teresa è colossale, fra le più maestose d’Europa, e semmai fa pensare alla grandezza della santità raggiunta da questa contemplativa nella sofferenza, e apostola nel desiderio inappagato. E quindi ancora nella sofferenza. Teatro di questa "storia di un’anima" il Carmelo dell’800, dove si chiude davanti alla venerata Tomba il percorso teresiano.

 

Un intervallo "mondano", balneare – si fa per dire, visto che ci fa freddo pure a agosto! – ce lo concediamo sulla costa della Manica verso Le Havre, dove ci aspettano le spiagge della belle époque:  Deauville, Trouville-sur-Mer, Honfleur. Le frequentavano pure Alessandro Dumas, Gustave Flaubert e altri scrittori e artisti fin de siècle, e in effetti le palazzine déco, le torri appuntite che svettano davanti al mare, le altane panoramiche, i fregi liberty di locali e stabilimenti, i grandi alberghi con le cupole ricordano i tempi di Zola, di Toulouse-Lautrec o del caso Dreyfus. Un mare in cartolina ingiallita, molto evocatore e poco vacanziero per un mediterraneo.

 

Ma altre spiagge sulla Manica ci attendono, neanche queste per la nautica ma per ricordare, riflettere, e perché no pregare. Sono i luoghi dello sbarco in Normandia, il 6 giugno 1944. Prima si può visitare il colossale Memorial inaugurato da poco a Caen, molto più di un museo sul D-Day, sulla battaglia di Normandia e sulla liberazione dell’Europa. Poi si va alle spiagge del débarquement, ribattezzate dai liberatori americani, inglesi e canadesi con nomi anglosassoni: Sword, Juno, Gold, Omaha. Specialmente questa è impressionante. Lunga a perdita d’occhio e larghissima. Qui sono sbarcati gli americani, centinaia di migliaia, mentre le navi cannoneggiavano la costa, i caccia saettavano a volo radente, i bombardieri alleati sganciavano il loro carico di morte sulle città – la Normandia è stata sì liberata, ma a carissimo prezzo… – e i paracadutisti piovevano alle spalle delle difese costiere dei nazisti. Una apocalisse. Davanti ai bunker tedeschi ancora lì, o fra le 10 mila croci bianche del cimitero americano, si può provare a immaginare quell’inferno. Ma è difficile riuscirci.

 

Meglio un colpo d’ala (è il caso di dirlo) e tornare col cuore al clima di Rouen, di Lisieux. Si può farlo a Mont Saint-Michel, questa icona dell’Europa cristiana visitata da milioni di turisti ogni anno. La chiesa con la guglia e la statua di S. Michele che si slancia in alto, il borgo medievale, le mura del ‘400, l’eterno rito delle maree, la piattezza assoluta della pianura normanna e delle sabbie marine intorno. Scoglio e abbazia sembrano scesi dal cielo. E forse è così.

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